Tra i punti maggiormente qualificanti della riforma si staglia, senza dubbio, l’espresso recepimento di una prima proposta di “disciplina organica della giustizia riparativa”. Si tratta di una innovazione tanto attesa quanto impegnativa, del tutto congeniale allo spirito che attraversa la riforma: cercare di riportare la pena ad una dimensione di effettiva extrema ratio secondo una indicazione di metodo che qui si spinge fino alla ricerca di “qualcosa di meglio del diritto penale” prospettando il confronto tra autore e vittima e la prospettiva riparativa come possibile esito da perseguire nell’ottica di stemperare o persino superare il conflitto generato dal reato. Nei criteri della legge delega questa proposta viene declinata con massima ampiezza e attenzione alle fonti internazionali: in linea con queste si propone infatti di introdurre norme di disciplina in ordine a “nozione , principali programmi, criteri di accesso, garanzie, persone legittimate a partecipare, modalità di svolgimento dei programmi e valutazione dei suoi esiti nell’interesse delle vittima e dell’autore del reato”. Ancora, dando piena valenza sistematica alle innovazioni prospettate, si propone di “prevedere la possibilità di accesso ai programmi di giustizia riparativa in ogni stato e grado del procedimento penale e durante l’esecuzione della pena, su iniziativa dell’autorità giudiziaria competente senza preclusioni in relazione alla fattispecie di reato o alla sua gravità, sulla base del consenso libero e informato della vittima del reato e della positiva valutazione da parte dell’autorità giudiziaria dell’utilita del programma”. E si propone soprattutto di “prevedere che l’esito favorevole dei programmi di giustizia riparativa possa essere valutato nel procedimento penale e in fase di esecuzione della pena”. Indicazione evidentemente bisognosa di concretizzazione al fine di indirizzare un notevole coefficiente di discrezionalità rimesso al giudice. Da questo punto di vista sarà compito del legislatore delegato specificare presupposti, conseguenze e limiti dell’incidenza positiva che il “successo” dell’esperimento di giustizia riparativa potrà concretamente avere in sede di cognizione e di commisurazione della pena come in sede di esecuzione della stessa. Notevole spazio dunque a questa nuova idea di giustizia penale, che aspira a rompere la connessione monologica reato- pena e a dare forma e sostanza a una possibile idea di “giustizia senza spada” nell’interesse della vittima e del suo autore. Vittima e autore del reato vengono responsabilizzati e protagonistizzati pure con importanti precisazioni poste a salvaguardia della loro libera e proficua partecipazione al programma: infatti ed innanzitutto si specifica che il programma di giustizia riparativa debba avere rispondenza rispetto “all’interesse della vittima del reato, dell’autore del reato e della comunità”; in secondo luogo si prevede- punto delicatissimo e centrale- che il consenso possa essere ritrattabile in ogni momento; infine si rimarca che l’impossibilità di attuare un programma di giustizia riparativa o il suo fallimento non producano effetti negativi a carico della vittima del reato o dell’autore del reato nel procedimento penale o in sede esecutiva. Insomma lo sforzo dialogico e il confronto potrà, ma non dovrà, essere percorso; e l’eventuale insuccesso non potrà essere addebitato nè alla vittima nè all’autore del reato.