La legge 19 luglio 2019 n° 69 , modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, costituisce il frutto di una lenta e progressiva evoluzione culturale e giuridica in materia di contrasto alla violenza di genere la cui radice sono i principi costituzionali e le fonti sovranazionali. La legge viene anche definita “Codice Rosso” per ricalcare la definizione medica volta ad ottenere la precedenza assoluta al Pronto Soccorso in caso di urgenza. Ma il colore rosso richiama anche il colore delle scarpe delle donne che, simbolicamente, rappresentano le vittime di femminicidio.
La diffusione del fenomeno della violenza di genere e domestica è la ragione che ha spinto il legislatore verso un più rigoroso apparato normativo. Si tratta di una situazione strutturale che richiede interventi continuativi ed efficaci come risulta dai dati raccolti da organismi indipendenti o istituzionali a livello internazionale o nazionale secondo i quali, questa violenza, colpisce una donna su tre in qualsiasi latitudine del pianeta e solo il 10% denuncia. Per quanto interessa in questa sede le cifre che vengono riportate dimostrano:
- il genere delle vittime è rappresentato nell’80% dei casi, circa, da donne;
- il genere degli autori dei reati è rappresentato nell’80% dei casi, circa, da uomini;
In conclusione dai dati statistici emerge che i reati di violenza di genere sono commessi nella quasi totalità da uomini ai danni delle donne. Si tratta di un dato di realtà di cui occorre prendere atto.
I femminicidi
Secondo la Relazione del Ministero dell’Interno pubblicata l’11 febbraio 2020 nella sezione dedicata all’analisi criminologica delle denunce per reati di violenza di genere, rileva che gli omicidi volontari consumati negli ultimi 10 anni hanno visto un andamento decrescente a differenza di quello che riguarda le vittime di genere femminile che registrano un andamento costante con un aumento del 2,31% nel 2018. Nel 2018 su un totale di 345 omicidi il 45% sono stati consumati in ambito familiare e affettivo, ed il 69,48% ha avuto come vittima una donna.
Nel 63% dei casi l’autore dei femminicidi era il partner, nel 10% dei casi l’ex partner, nel 22% dei casi genitore o figlio, nell’11% dei casi altri parenti e solo l’1% dei casi erano rapporti extrafamiliari.
Gli autori dei femminicidi tra il 2016 ed il 2018 sono stati nel 93% dei casi uomini, aumentati nel 2018 a 94,26%.
La violenza domestica
L’ISTAT ha attestato che le donne che hanno subito almeno una forma di violenza fisica o sessuale sono 6 milioni e 788.000 donne (tra i 16 ed i 70 anni) cioè il 31,50%; il 20,2% (4 milioni e 353.000) ha subito violenza fisica, il 21% (4 milioni 520.000) violenza sessuale, il 5,4% (un milione 167.000) le forme più gravi di violenza sessuale come lo stupro (652.000) e il tentato stupro (746.000). Di queste 2 milioni e 800.000 risultano essere state vittima del proprio partner (attuale o precedente) con modalità anche particolarmente aggressive come il tentativo di strangolamento e l’ustione o umilianti per l’imposizione di una attività sessuale o considerata mortificante.
La violenza sessuale
L’ISTAT nell’indagine sopra citata ha attestato che il numero di donne che negli ultimi 5 anni hanno subito violenza sessuale sono 1 milione 369 mila; le donne che hanno subito stupri o tentati stupri sono 246.000.
Gli atti persecutori
L’ISTAT stima che il 21,5 % delle donne fra i 16 ed i 70 anni ha subito comportamenti persecutori da parte di un ex partner nell’arco della propria vita; da persone diverse dal partner nel 10,3 % dei casi. Complessivamente sono circa 3 milioni 466.000 le donne che hanno subito stalking da parte di un qualsiasi autore.
La ratio, l’importanza delle fonti sovranazionali
La ratio della legge 69/2019 trova fondamento nella disciplina sovranazionale costituita principalmente dalla:
- convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione delle donne (Cedaw), dalla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione della lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (convenzione di Istanbul) e dalla direttiva 2012/29/UE del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime riguardanti la protezione delle vittime di reato. A ciò si aggiunge che le disposizioni processuali della legge in esame costituiscono una riposta alla sentenza della Corte EDU, Talpis contro Italia del 2 marzo 2017 che ha condannato l’Italia per il ritardo con cui le autorità (forze dell’ordine e magistratura) hanno adottato misure necessarie a proteggere la vittima di violenza domestica causando la morte del figlio della coppia e il tentato omicidio della madre e per il mancato adempimento degli obblighi positivi di protezione.
La legge 69/2019 contiene numerose modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e diverse leggi speciali. In sintesi gli interventi della legge 69/2019 sul codice penale riguardano:
- l’introduzione di nuove fattispecie di reato:
- art. 387 bis Cp – Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa;
- Art. 558 bis Cp- Costrizione o induzione al matrimonio;
- art. 612 ter Cp- diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti;
- art. 583 quinquies Cp – deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso;
Le modifiche a singoli Istituti:
- La disciplina della sospensione condizionale della pena di cui all’art. 165 Cp;
- La procedibilità del reato di violenza sessuale di cui agli artt. 609 bis e ss Cp;
- l’inasprimento di pene per determinati reati : maltrattamenti, atti persecutori, delitti contro la sfera sessuale;
- la disciplina delle aggravanti e delle attenuanti;
Gli interventi della legge 69/2019 sul CPP riguardano:
- L’obbligo di riferire la notizia di reato di cui all’art. 347 CPP
- l’assunzione di informazioni di cui all’art. 362 CPP;
- gli atti diretti e gli atti delegati di cui all’art. 370 CPP;
le informazioni alla persona offesa di cui all’art. 90 bis CPP;
le comunicazioni alla persona offesa di cui all’art. 90 ter CPP;
- i requisiti della prova in casi particolari di cui all’art. 190 bis cpp;
- le misure cautelari di cui agli artt. 275, 282 ter, 282 quater, 299;
- l’ esecuzione dei provvedimenti del Giudice di Sorveglianza di cui all’art. 659 cpp;
Si inserisce l’art. 64 bis alle disposizioni di attuazione, coordinamento e transitorie del CPP con trasmissione obbligatoria di specifici provvedimenti al giudice civile;
Numerose le modifiche apportate dalla legge 69/2019 a leggi speciali:
- La legge 354/1975 art. 13 sul trattamento psicologico per i condannati per reati sessuali in danno di minori;
- il d. lgs. n° 159/2011 cd codice antimafia artt. 4 comma 1 lett. i ter e art. 8 comma 5;
- la legge 4/2018, art. 11 in materia di misure in favore degli orfani per crimini domestici e delle famiglie affidatarie;
- il d.lgs. 204/2007 artt. 1, 3, 4 e 7 sull’indennizzo alle vittime di reato;
- il d. lgs. 122/2016 art. 11 sull’indennizzo a favore delle vittime di reato intenzionali violenti.
L’entrata in vigore
la legge 69/2019 è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n° 173 del 25 luglio 2019 ed è entrata in vigore il 9 agosto 2019.
Le modifiche alle norme penali si applicano pacificamente ai soli fatti commessi dalla data di entrata in vigore della legge vigendo il principio di irretroattività di cui all’art. 25 secondo comma della Costituzione e art. 2 secondo comma Cp.
Per le norme processuali in mancanza di una espressa disciplina transitoria si deve fare ricorso ai principi di carattere generale desunti dalle elaborazioni giurisprudenziali.
Le fonti sovranazionali, la CEDU e la Convenzione di Istanbul
La CEDU
La Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) firmata a Roma il 4 novembre 1950 ratificata poi con legge n° 848/1955 è uno strumento di armonizzazione minima del diritto degli stati contraenti del Consiglio d’Europa (istituito il 5 maggio 1949 con il trattato di Londra su iniziativa di 10 paesi tra cui l’Italia. Ne fanno parte 47 nazioni) che hanno un patrimonio comune di tradizioni ed ideali politici di rispetto della libertà e di preminenza del diritto. Costituisce in Italia ed in Europa uno degli strumenti di tutela delle donne vittima di violenza di genere.
La Convenzione di Istanbul
adottata dal Consiglio d’Europa l’11 maggio del 2011 è entrata in vigore il 1 agosto 2014 a seguito del prescritto raggiungimento di 10 ratifiche. L’Italia è stata tra i primi paesi a ratificare la Convenzione con la legge 27 giugno 2013 n° 77.
E’ unanimamente ritenuta il primo strumento internazionale, giuridicamente rilevante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza. Di particolare rilievo, sotto il profilo giuridico e culturale, è che l’art. 3 riconosca in modo univoco che la violenza contro le donne è una violazione dei diritti umani oltre che una forma di discriminazione.
Il valore giuridico nella gerarchia delle fonti interne
La CEDU ratificata con legge 848/1955 e la Convenzione di Istanbul ratificata con legge n° 77/2013 sono trattati internazionali con effetto vincolante grazie all’avvenuta ratifica da parte del nostro paese. Nel caso di contrasto tra norma interna e internazionale prevalgono gli obblighi internazionali. Dunque il giudice che dubiti della compatibilità di una legge nazionale con la CEDU o con la Convenzione di Istanbul dovrà in primo luogo tentare un’ interpretazione conforme alla legge nazionale, in modo da eliminare il contrasto in via ermeneutica. Ove tale tentativo non sia possibile, il giudice dovrà sollevare questione di costituzionalità della legge chiedendo alla Corte Costituzionale il vaglio di compatibilità con l’art. 117, primo comma, Cost. e mediatamente con la disposizione pertinente della Cedu o della convenzione di Istanbul. La Corte costituzionale, ove ritenga tale contrasto sussistente, dichiarerà incostituzionale la legge interna con l’unico limite invalicabile del rispetto dei principi costituzionali.
Il valore delle sentenze della Corte EDU per il giudice comune.
E’ opportuno delimitare l’ambito di efficacia delle sentenze della Corte Edu nell’ordinamento interno.
Le Sezioni Unite civili della Cassazione con le sentenze 26 gennaio 2004 n° 1338, n° 1339, n° 1340 e n° 1341 in ordine all’effetto delle sentenze definitive della Corte Edu, per la prima volta, hanno affermato che sussiste un vero e proprio dovere del giudice italiano di interpretare la legge interna in modo conforme alla Convenzione Europea “per come essa vive nella giurisprudenza della Corte Europea”. La Corte Costituzionale a partire dalle decisioni n° 348 e 349 del 2007 ha fatto propria questa posizione.