La Cassazione (sentenza 15889/2022) è di recente intervenuta con notevole severità riguardo ai reati commessi in condominio.
All’origine della pronuncia il ricorso proposto contro una decisione di merito che confermava la condanna per rapina aggravata, in quanto commessa all’interno di un luogo di privata dimora, nei confronti di un soggetto che aveva bloccato la vittima all’interno dell’ascensore, impossessandosi della sua borsa con violenza. Il difensore dell’imputato ricorreva in Cassazione perchè la condotta dell’aggressore fosse qualificata come furto con strappo e perchè non fosse ritenuta sussistente l’aggravante, perchè il luogo dove era stato commesso il fatto non poteva essere qualificato come privata dimora.
Interessante il ragionamento che ha portato la Suprema Corte a rigettare il ricorso dell’aggressore. Il giudice di legittimità affermava innanzitutto che la condotta del ricorrente rientrava nella rapina aggravata, poichè era stata esercitata per vincere la resistenza della persona offesa, anche se la borsa era aderente alla vittima e la violenza era stata rivolta alla sua persona. Non solo. Per la Corte ricorreva l’aggravante in quanto la rapina era stata commessa all’interno di una privata dimora, di cui l’ascensore costituisce una pertinenza.
La giurisprudenza (Cassazione 28192/2008 e 1278/2018) afferma che, integra il reato di cui all’articolo 624 bis c.p. (furto in abitazione) la condotta di chi commetta il furto nella portineria di un condominio poichè la stessa rientra nella nozione di privata dimora in forza della sua natura pertinenziale, con riferimento all’abitazione del custode e di quelle dei condomini all’interno dell’immobile.
Si richiama anche la Cassazione a Sezioni Unite (sentenza n° 31345/2017) che ha delineato la nozione di privata dimora: si tratta di un luogo in cui si svolgono in comportamenti della vita privata quali il riposo, lo svago, lo studio, l’attività professionale o di lavoro in modo riservato e al riparo da intrusioni esterne; in maniera stabile e non occasionale; un luogo non accessibile senza il consenso del titolare.
Sulla base di tali principi la Cassazione ha definito luogo di privata dimora non soltanto l’abitazione ma anche ogni luogo in cui si può dimorare con modalità riservata per un tempo apprezzabile e in cui può essere esclusa la presenza di estranei.
Pertanto sono luoghi di privata dimora anche le pertinenze dell’abitazione quali i garage, gli androni, i cortili condominiali e gli ascensori. Nel caso trattato quindi sussisteva l’aggravante.