Reati contro la persona
Reati contro la fede pubblica
È reato creare un falso profilo inserendo un annuncio erotico collegato al nome altrui
lunedì 21 novembre 2022
di Scarcella Alessio Consigliere della Corte Suprema di Cassazione
In tema di reati contro la fede pubblica, integra il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.), la condotta consistente nel pubblicare un annuncio su un sito web di incontri utilizzando il falso profilo internet creato falsamente spendendo le generalità di una terza persona, in quanto ciò induce in errore coloro che comunicano attraverso la chat, determinandoli a recare disturbo o molestia alla vittima. É quanto si legge nella sentenza della Cassazione del 4 novembre 2022, n. 41801.
Cassazione penale, Sez. V, sentenza 4 novembre 2022, n. 41801
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen. sez. V, 23/07/2020, n. 22049 |
Difformi | Non si rinvengono precedenti in termini |
La Corte di Cassazione si sofferma, con la sentenza in commento, su una tema legato allo sviluppo della tecnologia ed al sempre più massiccio uso della rete internet per comunicare, socializzare ed entrare in contatto con terzi, di regola sconosciuti. I pericoli della rete sono, come è noto, assai rilevanti, soprattutto per il rischio di imbattersi in soggetti senza scrupoli che, pur di raggiungere i loro illeciti obiettivi, non esitano ad attuare quello che viene conosciuto nel lessico corrente come “furto di identità”. Sul punto i Supremi Giudici, in una fattispecie nella quale l’imputato aveva pubblicato su un sito di incontri un annuncio creando un falso profilo in cui aveva inserito le generalità di una donna il cui numero telefonico cellulare aveva annotato sul proprio telefonino, ha disatteso la tesi difensiva, confermando la sussistenza del reato di sostituzione di persona.
Il fatto
La vicenda processuale segue alla sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato quella emessa dal Tribunale, che aveva condannato un uomo per il delitto di sostituzione di persona continuata. All’imputato si contestava di essersi sostituito ad una donna inserendo sul sito «bakekaincontri.com» un annuncio erotico collegato al nome della predetta, creando un falso profilo sul social «badoo» ed un falso profilo sul social «Lovoo» inserendovi la fotografia della vittima, le sue generalità, residenza e numero di telefono, così inducendo in errore coloro che comunicavano con lui attraverso la chat e determinandoli a recare disturbo o molestia alla donna.
Il ricorso
Contro la sentenza proponeva ricorso per Cassazione la difesa dell’imputato, sostenendone, per quanto qui di interesse, l’erroneità, dolendosi in particolare perché la prova della sua responsabilità era stata ricavata dalla mancata dimostrazione della propria innocenza, determinandosi in tal modo un’illegittima inversione dell’onere della prova.
La decisione della Cassazione
La Cassazione, come anticipato, ha disatteso la tesi della difesa.
In particolare, sulla questione sollevata, la S.C., ha rilevato come la Corte di appello aveva accertato essere stato dimostrato che, per pubblicare un annuncio utilizzando il falso profilo internet creato spendendo le false generalità della persona offesa, era stata utilizzata un’utenza di telefonia mobile nella disponibilità del reo, e, quindi, aveva del tutto logicamente ritenuto accertato che la creazione del falso profilo fosse opera dell’imputato. L’affermazione, da parte della Corte d’appello, che l’imputato non avesse fornito elementi in grado di contraddire tale ricostruzione non era quindi stata impiegata per invocare una illegittima inversione dell’onere della prova, ma solo per evidenziare che, non essendo stato fornito alcun elemento di prova in contrasto con detta ricostruzione fattuale, la penale responsabilità del reo doveva ritenersi certa e non solo probabile, in applicazione del principio, già affermato dalla Corte di cassazione, per il quale il giudice, per dichiarare colpevole «al di là di ogni ragionevole dubbio» l’imputato che sia rimasto contumace o si sia avvalso del diritto al silenzio rinunciando così a prospettare una sua versione dei fatti, non ha l’obbligo di verificare le ipotesi alternative alla ricostruzione dei fatti quale emergente dalle risultanze probatorie (Cass. pen. sez. III, n. 30251 del 15/07/2011, Allegra, Rv. 251313).
La decisione della S.C. merita ampia e convinta condivisione.
Ed infatti, il reato in esame, nel punire fino ad un anno di reclusione “se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica”, la condotta di “chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici”, individua, nell’ultima forma della condotta, proprio l’attribuzione a sé o ad altri di una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici. In questo caso si fa riferimento a qualità (ad es., proprietario, possessore, creditore ecc.) che devono avere una rilevanza specifica in relazione al rapporto giuridico in atto.
Sul tema, si sono avute più volte delle prese di posizione chiare da parte della giurisprudenza di legittimità. Ad esempio, si è affermato che non integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di chi si attribuisce una falsa qualità personale cui la legge non ricollega alcuno specifico effetto giuridico (Cass. pen. sez. II, 26/10/2020, n. 29636; Cass. pen. sez. V, 21/04/2016, n. 16673). Diversamente, incorre nel reato di sostituzione di persona colui che, al momento della stipulazione della vendita di determinate merci, si spaccia come rappresentante dell’impresa nota all’altro contraente, in quanto la legge vi ricollega gli effetti propri del rapporto di rappresentanza (Cass. pen. sez. II, 25/09/1986; Cass. pen. sez. V, 22/05/1985); ovvero colui che circoli in zona vietata esponendo sul proprio veicolo il contrassegno di autorizzazione a persona disabile che non si trovi a bordo (Cass. pen. sez. V, 25/01/2011, n. 10203; contra Cass. pen., sez. II, 14/03/2012, n. 9859; Cass. pen. sez. II, 29/02/2012, n. 7966; Cass. pen. sez. II, 02/02/2012, n. 4490; Cass. pen. sez. II, 16/11/2011, n. 45328; Cass. pen. sez. II, 26/10/2011, n. 42988; Cass. pen. sez. V, 02/02/2010, n. 18080).
Integra poi il reato l’attribuzione a sé di un falso nome di persona immaginaria (Cass. pen. sez. II, 21/12/2011, n. 4250), come la falsa informazione di ricoprire il titolo di alto ufficiale dell’esercito (Cass. pen. sez. V, 08/05/2019, n. 19695). Integra inoltre il reato la falsa attribuzione della qualità di incaricata di una associazione di quartiere per la redazione di un questionario, trattandosi di qualifica che produce l’effetto giuridico di attribuire la facoltà di contattare i cittadini, anche mediante accesso alle private abitazioni, per acquisire informazioni (Cass. pen. sez. V, 17/05/2016, n. 35027). Integra ulteriormente il reato la condotta di chi dichiari di dover svolgere un controllo sulla salute di terze persone, inducendole così a ritenere di trovarsi di fronte ad una dipendente di una struttura sanitaria pubblica (Cass. pen. sez. VI, 08/01/2014, n. 4394). Integra ancora il reato la falsa attribuzione della qualità di esercente una professione (Cass. pen. sez. II, 05/06/2014, n. 30229) nonché la falsa attribuzione della qualifica di avvocato anche al fine del compimento di atti non riservati in via esclusiva ai soggetti abilitati (Cass. pen. sez. II, 17/05/2019, n. 21705).
Più specificamente, in fattispecie assai simili a quella oggetto del presente commento, la giurisprudenza ha ritenuto che integri il reato la condotta di colui che crei ed utilizzi un account ed una casella di posta elettronica servendosi dei dati anagrafici di un diverso soggetto, inconsapevole (Cass. pen. sez. V, 27/09/2018, n. 42572; Cass. pen. sez. III, 03/04/2012, n. 12479). O, ancora, che integra il delitto la condotta di chi inserisca nel sito di una chat line a tema erotico il recapito telefonico di altra persona associato ad un nickname di fantasia, qualora abbia agito al fine di arrecare danno alla medesima (Cass. pen. sez. V, 29/04/2013, n. 18826). Parimenti, integra il delitto la condotta di chi abbia creato, su un social network, un profilo che riproduca l’effige di altra persona e abbia utilizzato, con tale falsa identità, i servizi del sito (Cass. pen. sez. V, 23/07/2020, n. 22049; Cass. pen. sez. V, 23/04/2014, n. 25774).
Più di recente, si è ribadito che integra il delitto, la condotta di chi crei e utilizzi profili social e account internet con i dati anagrafici di altra persona, esplicitamente contraria, al fine di far ricadere su quest’ultima l’attribuzione delle connessioni eseguite in rete (Cass. pen. sez. V, 10/01/2022, n. 323), come, ancora, che integra tale delitto la condotta di chi crei ed utilizzi una sim-card servendosi dei dati anagrafici di un diverso soggetto, inconsapevole (Cass. pen. sez. V, 07/09/2020, n. 25215). Mentre, lo si noti per completezza, si è ritenuto che il reato sia escluso nel caso in cui taluno si attribuisca falsamente la qualifica di appartenente ai servizi segreti, atteso che da tale qualità la legge non fa dipendere alcun effetto giuridico (Cass. pen. sez. VI, 03/11/2010, n. 41686).
Riferimenti normativi: