Reati contro il patrimonio
Confisca
Inapplicabile la confisca dopo la restituzione delle somme ottenute col delitto di truffa
giovedì 15 dicembre 2022
di Carioli Alberto Avvocato nel Foro di Padova, Dottorando di ricerca in Diritto penale nell’Università degli studi Europea di Roma
La Corte di Cassazione penale, Sez. II, con la sentenza 21 novembre 2022, n. 44189 si pronuncia (escludendola) sull’applicabilità della confisca del profitto del reato di cui all’art. 640-bis c.p. quando il responsabile abbia interamente risarcito la persona offesa, giacché tale comportamento elimina in radice l’oggetto della misura ablatoria che, se disposta, comporterebbe una irragionevole duplicazione sanzionatoria.
Cassazione penale, Sez. II, sentenza 21 novembre 2022, n. 44189
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen. sez. III, 15/10/2013, n. 44446 |
Difformi | Non si rinvengono precedenti in termini |
La pronuncia riguarda l’istituto della confisca in un processo per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.).
Attraverso la condotta incriminata, l’imputato avrebbe ottenuto la disponibilità di una modesta somma di denaro, che fu oggetto di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca obbligatoria, ai sensi del combinato disposto degli artt. 321, comma 2 c.p.p. e 640-quater c.p.
Prima della celebrazione del giudizio, però, l’accusato avrebbe restituito le somme indebitamente ottenute alla persona offesa (una società per azioni) che le aveva erogate, così elidendo del tutto il profitto del reato.
Ciononostante, il Tribunale di Torino, con la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p., dispose la confisca della somma sequestrata.
Contro la decisione ha presentato ricorso l’imputato, denunciando la violazione di legge in cui sarebbe incorso il Tribunale piemontese confiscando il denaro oggetto del precedente sequestro.
La censura del ricorrente si incentra sulla natura della misura ablatoria: si tratterebbe, invero, di confisca per equivalente e non di confisca diretta, ma soprattutto il giudicante non avrebbe tenuto conto dell’avvenuta restituzione della somma alla persona offesa.
Il ricorso ha fornito alla Corte Suprema l’occasione di ribadire un principio di diritto già affermato nel 2013 (cfr. Cass. pen., Sez. III, 15/10/2013, n. 44446), secondo il quale, in tema di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, la confisca del profitto non può essere disposta nel caso di restituzione integrale all’erario della somma anticipata dallo Stato, giacché tale comportamento elimina in radice l’oggetto della mira ablatoria che, se disposta, comporterebbe una duplicazione sanzionatoria contrastante con i principi dettati dagli artt. 3, 23, e 25 Cost. ai quali l’interpretazione dell’art. 640-quater c.p. deve conformarsi (cfr. p. 2 sentenza in commento).
Per meglio valorizzare la pronuncia in esame, occorre delineare il contesto normativo di riferimento: l’art. 640-quater c.p. dispone l’applicazione della confisca disciplinata dall’art. 322-ter c.p. anche per alcuni delitti contro il patrimonio, tra cui il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
L’art. 322-ter c.p., in tema di delitti contro la Pubblica Amministrazione, prevede la confisca del profitto o del prezzo del reato (cd. confisca diretta) oppure di beni di valore corrispondente a tale prezzo o profitto (cd. confisca per equivalente). Si tratta, pacificamente, di un caso di confisca obbligatoria, che consegue ex lege alla pronuncia della sentenza di condanna (o di applicazione della pena richiesta dalle parti ex art. 444 c.p.p.).
Nella pronuncia commentata la Corte dimostra di aderire ad un’opzione ermeneutica condivisibile, perché conforme ai principi di razionalità che debbono ispirare il sistema penale, che muove dal presupposto logico che la confisca sia strumentale a colpire l’accrescimento patrimoniale frutto dell’illecito e non una parte del patrimonio in quanto tale, il che darebbe la stura ad un effetto sanzionatorio non previsto dalla legge e, quindi, illegittimo.
Peraltro, l’asciutto impianto motivazionale si iscrive nel solco già tracciato da una (ormai non più recente) giurisprudenza della Corte Suprema, che – per dichiarare manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 322-ter c.p.p. – aveva posto l’accento sull’imprescindibile esigenza che il sequestro per equivalente finalizzato alla confisca non attinga le somme che già furono restituite all’erario.
Più in generale, pare che dalla sentenza in commento affiori, ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, il problema della natura giuridica della confisca. Problema che è stato affrontato, di recente, anche dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella pronuncia 27 maggio 2021, n. 42415 (Pres. Cassano, Rel. Mogini), proprio nel prisma della dicotomia confisca diretta e confisca per equivalente che abbiano ad oggetto somme di denaro depositate in un conto corrente bancario.
Nella sentenza in commento, facendo pedissequa applicazione del dictum delle Sezioni Unite appena menzionate, la seconda Sezione pronuncia l’annullamento senza rinvio della parte della sentenza che dispose la confisca delle somme sequestrate all’imputato.
L’itinerario logico-giuridico seguito dagli Ermellini pare possa riassumersi così:
1) se il profitto derivante dal reato è costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia la disponibilità va qualificata come confisca diretta;
2) la confisca diretta del profitto si ispira al principio che nessuno possa trarre vantaggi, anche economici in questo caso, dalla propria attività illecita, impedire in concreto che l’autore del reato continui a usufruire di quello che è stato il profitto del reato stesso; 3) che la confisca è strumentale a colpire l’accrescimento patrimoniale frutto dell’illecito e non una parte del patrimonio in quanto tale, dandosi altrimenti vita ad un effetto sanzionatorio non previsto dalla legge e quindi illegittimo; 4) la restituzione integrale della somma all’erario elimina in radice lo stesso oggetto sul quale dovrebbe incidere la confisca, giacché l’autore del reato si è autonomamente privato del vantaggio conseguito con l’illecito. |
In conclusione, la sentenza dimostra che il dibattito che agita il panorama penalistico circa lo statuto giuridico della confisca è quanto mai attuale. E dimostra soprattutto la necessità di inquadrare correttamente la confisca nel prisma della matière pénale, con l’applicazione di tutte le guarentigie, sia domestiche, sia convenzionali, che conseguono al riconoscimento della sua natura di sanzione penale (cfr., ex plurimis, G. Civello, La confisca nell’attuale spirito dei tempi: tra punizione e prevenzione, in Archivio Penale, 2/2019 on-line; T. Trinchera, Confiscare senza punire?, Torino, 2020).
Riferimenti normativi:
Art. 640-bis c.p.
Art. 640-quater c.p.
Art. 322-ter c.p.