Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato una donna per il reato di tentato furto ai danni di un supermercato, la Corte di Cassazione penale, Sez. III, con la sentenza 13 dicembre 2022, n. 47039 – nel disattendere la tesi difensiva, secondo cui la querela doveva ritenersi rimessa, in quanto la stessa non era stata accompagnata dalla minima vitalità processuale o extraprocessuale idonea a confermare la volontà punitiva iniziale del querelante – ha riaffermato il principio secondo cui perché all’assenza della persona offesa dal processo sia attribuibile il significato di una remissione della querela, occorre pur sempre che il soggetto querelante sia adeguatamente informato delle conseguenze della sua inerzia; tale iniziativa formale, per poter essere ritenuta produttiva di effetti, non può che essere assunta direttamente dall’Autorità giudiziaria, alla quale il difensore dell’imputato può eventualmente rivolgere le sollecitazioni necessarie.
Cassazione penale, Sez. III, sentenza 13 dicembre 2022, n. 47039
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen. sez. Unite, 23/06/2016, n. 31668 |
Difformi | Non si rinvengono precedenti in termini |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 152, c.p., sotto la rubrica «Remissione della querela», prevede che “Nei delitti punibili a querela della persona offesa, la remissione estingue il reato. La remissione è processuale o extraprocessuale. La remissione extraprocessuale è espressa o tacita. Vi è remissione tacita, quando il querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela. La remissione può intervenire solo prima della condanna, salvi i casi per i quali la legge disponga altrimenti. La remissione non può essere sottoposta a termini o a condizioni. Nell’atto di remissione può essere fatta rinuncia al diritto alle restituzioni e al risarcimento del danno”.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno riconosciuto quale ipotesi di remissione extraprocessuale tacita di querela la mancata comparizione del querelante all’udienza dibattimentale quando sia stato previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sarebbe stata interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela (Cass. pen. sez. Unite, 21/07/2016, n. 31668, che hanno fondato la decisione sul disposto dell’art. 555, comma 3, c.p.p., che prevede che nella udienza di comparizione il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, verifichi «se il querelante è disposto a rimettere la querela e il querelato ad accettare la remissione», nonché sul disposto dell’art. 90-bis c.p.p., che, nel quadro della valorizzazione delle esigenze informative della persona offesa, ha previsto al comma 1, lett. n, che ad essa, sin dal primo contatto con l’autorità procedente, deve essere data informazione in merito «alla possibilità che il procedimento sia definito con remissione di querela di cui all’v, ove possibile, o attraverso la mediazione»; in senso conforme: Cass. pen. sez. IV, 15/02/2021, n. 5801); si è di recente precisato che la detta prova presuntiva si forma soltanto se la persona offesa non abbia offerto, neppure se personalmente ed espressamente invitata, qualsivoglia collaborazione (Cass. pen. sez. V, 08/05/2019, n. 19731).
Un’ipotesi particolare di remissione tacita di querela è prevista all’art. 28, comma 3 D.Lgs. 28/8/2000, n. 274, per i giudizi introdotti con ricorso immediato al giudice di pace ai sensi dell’art. 21, D.Lgs. 28/08/2000, n. 274: la mancata comparizione in udienza delle persone offese, alle quali sia stato regolarmente notificato il decreto ex art. 27, comma 4, D.Lgs. 28/08/2000, n. 274, equivale a remissione della querela. Il successivo art. 30, D.Lgs. 28/8/2000, n. 274 prevede, invece, che la mancata comparizione all’udienza del ricorrente o del suo procuratore speciale non dovuta ad impossibilità a comparire per caso fortuito o forza maggiore determini l’improcedibilità del ricorso.
Si segnala che la riforma “Cartabia” (D.Lgs. 10/10/2022, n. 150) ha introdotto al comma 3 dell’art. 152 l’indicazione espressa di due ipotesi che costituiscono remissione tacita di querela. La prima ipotesi è costituita dalla mancata comparizione, senza giustificato motivo, del querelante all’udienza alla quale è stato citato come testimone. Il comma 4 esclude la remissione tacita di querela per mancata comparizione del querelante chiamato come testimone quando il querelante è persona incapace per ragioni, anche sopravvenute, di età o di infermità, ovvero persona in condizione di particolare vulnerabilità exart. 90-quater c.p.p., nonché quando la persona che ha proposto querela ha agito nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale su un minore, ovvero di rappresentante legale di una persona minore o incapace, ovvero di persona munita di poteri per proporre querela nell’interesse della persona offesa priva in tutto o in parte di autonomia, ovvero di curatore speciale nominato ex art. 121. L’introduzione di tale previsione ha determinato altresì la modifica dell’art. 133 c.p.p., relativa all’accompagnamento coattivo di un testimone non comparso, il cui nuovo comma 1-bis prevede che, nei casi in cui la mancata comparizione del querelante citato come testimone determini l’estinzione del reato per remissione tacita di querela, non debba essere disposto l’accompagnamento coattivo.
La seconda ipotesi di remissione tacita della querela indicata nel nuovo comma 3 dell’art. 152 è costituita dalla partecipazione del querelante a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo; quando però l’esito riparativo comporta l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali, la querela si intende rimessa solo quando gli impegni sono stati rispettati. Il riferimento è alla nuova disciplina della giustizia riparativa, introdotta agli artt. 42–67, D.Lgs. 10/10/2022, n. 150, che prevede che l’autore del reato e la vittima possano partecipare in modo attivo e volontario a programmi di giustizia riparativa ai fini della risoluzione delle questioni derivanti dal reato con l’aiuto di un mediatore terzo imparziale. Tali programmi possono concludersi con un esito riparativo simbolico (dichiarazioni o scuse formali, impegni comportamentali anche pubblici o rivolti alla comunità, accordi relativi alla frequentazione di persone o luoghi) o materiale (risarcimento del danno, restituzioni, adoperarsi per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato o evitare che lo stesso sia portato a conseguenze ulteriori), che viene comunicato all’autorità giudiziaria procedente tramite una relazione redatta dal mediatore contenente la descrizione delle attività svolte e dell’esito riparativo raggiunto, ai fini delle valutazioni di sua competenza.
Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte di appello aveva escluso che vi fossero i presupposti per ritenere tacitamente rimessa la querela sporta dalla società di gestione della catena di supermercati, all’interno del cui punto vendita aveva avuto luogo il tentativo di furto per cui aveva sporto querela. Il mancato riscontro da parte della società alla missiva del difensore dell’imputata che invitava la società persona offesa a valutare la possibilità di rimettere la querela e di addivenire a un bonario componimento della vicenda, non era stato ritenuto sufficiente a integrare una remissione tacita, rivelando al più tale atteggiamento un disinteresse del creditore al risarcimento e non la volontà di desistere dal proposito punitivo inizialmente esternato. La difesa dell’imputato aveva sostenuto l’erroneità della sentenza, ribadendo che le richieste non avevano generato alcuna reazione da parte della persona offesa, rimasta silente, atteggiamento questo, per la difesa, rivelatore della volontà di rimettere la querela, stante il lungo arco temporale del giudizio.
La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, i Supremi Giudici hanno puntualizzato come, perché all’assenza della persona offesa dal processo sia attribuibile il significato di una remissione della querela, occorra pur sempre che il soggetto querelante sia adeguatamente informato delle conseguenze della sua inerzia: tale iniziativa formale, per poter essere ritenuta produttiva di effetti, non può che essere assunta direttamente dall’Autorità giudiziaria, alla quale il difensore dell’imputato può eventualmente rivolgere le sollecitazioni necessarie, dovendosi peraltro osservare che nella stessa sentenza delle Sezioni Unite prima richiamata è stata considerata “legittima e anzi auspicabile una prassi alla stregua della quale il giudice, nel disporre la citazione delle parti, abbia cura di inserire un avvertimento alla persona offesa e al querelato circa la valutazione in termini di remissione della querela della mancata comparizione del querelante e di mancanza di ricusa della remissione della mancata comparizione del querelato”. Ciò in quanto, come ribadito sia dalle Sezioni Unite del 2016 che dalla giurisprudenza successiva (cfr. in termini: Cass. pen. sez. IV, n. 5801 del 29/01/2021, CED Cass. 280484), la remissione tacita della querela è integrata da un comportamento che non è collegato alla mera mancata comparizione del querelante davanti al giudice, ma dalla combinazione di tale condotta omissiva con il previo e formale avvertimento del significato che ad essa sarebbe stato attribuito.
Da qui, pertanto, la non accoglibilità della tesi difensiva.
Riferimenti normativi: