Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il tribunale del riesame aveva parzialmente riformato il provvedimento del GIP, ordinando la restituzione ad una donna, consorte di un soggetto imputato per reati tributari, di una somma di denaro oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca tributaria ex art. 12-bis, D.Lgs. n. 74/2000, la Corte di Cassazione penale, Sez. III, con la sentenza 16 dicembre 2022, n. 47677, nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui erroneamente il giudice aveva ritenuto di fare parziale applicazione della norma civilistica dell’art. 545, c.p.c., delimitandone l’ambito applicativo ai soli crediti corrisposti antecedentemente alla data del sequestro, ed escludendo i crediti lavorativi e pensionistici maturati contestualmente o successivamente al sequestro, ha invece richiamato il principio recentemente affermato dalle Sezioni Unite secondo cui è la stessa disciplina normativa a considerare non dirimente, ai fini dell’applicabilità dei limiti di pignorabilità, il momento dell’accredito delle somme, idoneo invece solo a differenziare l’entità delle predette limitazioni.
Cassazione penale, Sez. III, sentenza 16 dicembre 2022, n. 47677
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen., Sez. Un., 7/9/2021, n. 38068 |
Difformi | Non si rinvengono precedenti |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 545 c.p.c., sotto la rubrica «Crediti impignorabili», prevede che “Non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti, e sempre con l’autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto. Non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza. Le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. Tali somme possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito. Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre alla metà dell’ammontare delle somme predette. Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge. Le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, dal quarto e dal quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge. Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, quando l’accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l’accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge. Il pignoramento eseguito sulle somme di cui al presente articolo in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace. L’inefficacia è rilevata dal giudice anche d’ufficio”.
Per quanto qui di interesse, la recente pronuncia Cass. pen., Sez. Un., n. 38068 del 7/9/2021, ha previsto che i limiti di pignorabilità delle somme spettanti a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a titolo di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione o di assegno di quiescenza, previsti dall’art. 545 c.p.c., si applicano anche alla confisca per equivalente ed al sequestro ad essa finalizzato (Cass. pen., Sez. Un., n. 26252 del 24/2/2022, CED Cass. 283245). Va precisato che, nell’affermare il principio, il Supremo consesso, richiamando la precedente elaborazione giurisprudenziale sul punto, ha, altresì, ribadito che necessario presupposto dell’applicabilità della norma processualcivilistica anche nel campo cautelare penale, è che risulti attestata la causale dei versamenti e che gli importi da sequestrare siano imputabili con certezza a detti titoli (Cass. pen., Sez. VI, n. 13422 del 13/3/2019, F.; Cass. pen., Sez. VI, n. 8822 del 8/1/2020, I., CED Cass. 278560).
Tale aspetto inevitabilmente si riflette sul piano degli oneri di allegazione incombenti sul soggetto interessato, sicché la mancata emersione della natura qualificata dei crediti oggetto del sequestro implica la inoperatività della norma. Pertanto, si è statuito il seguente principio: “in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, non possono essere vincolati emolumenti retributivi o pensionistici che siano stati accreditati su conto bancario o postale, se non per gli importi eccedenti il triplo della pensione sociale, quale limite generale stabilito in materia di pignorabilità dall’art. 545 c.p.c. senza che possa ostarvi la confusione di tali somme con il restante patrimonio mobiliare del soggetto, quando sia attestata la causale dei versamenti”.
Si osserva inoltre che la normativa in oggetto differenzia la rilevanza del momento in cui è avvenuto l’accredito delle somme solo su un piano di mera gradazione della pignorabilità. Infatti, l’art. 545, comma 8 c. p. c., ha superato anche con riferimento a tali specifici crediti qualificati, il principio di “confusione” conseguente all’accredito in conto corrente bancario o postale delle somme corrisposte dal datore di lavoro o dall’istituto previdenziale, ed ha previsto un regime di parziale impignorabilità, differenziato proprio in base al momento dell’accredito: se anteriore al pignoramento, dette somme possono essere pignorate solo per l’importo eccedente il triplo della pensione sociale; se, invece, l’accredito avvenga alla data del pignoramento o in data successiva, dette somme possono essere pignorate entro i limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge. Ne consegue, dunque, che è la stessa disciplina normativa a considerare non dirimente, ai fini dell’applicabilità dei limiti di pignorabilità, il momento dell’accredito delle somme, idoneo invece solo a differenziare l’entità delle predette limitazioni.
Tanto premesso, nel caso in disamina, il Tribunale aveva respinto l’istanza relativamente agli accrediti avvenuti alla data del pignoramento o successivamente, ritenendo che l’istanza fosse generica e priva di supporti documentati. Ricorrendo in Cassazione, l’indagata aveva ricordato come, nei motivi di appello cautelare, aveva fatto espressamente istanza di applicazione dell’art. 545 c. p. c. relativamente a somme percepite a titolo di emolumenti e ratei pensionistici allegando la documentazione contabile, così adempiendo agli oneri di allegazione indicati dalla giurisprudenza.
Tale documentazione, peraltro, era stata vagliata ed analizzata dal giudice, che, infatti, aveva disposto la restituzione dei ratei ed emolumenti fino all’ammontare di euro 1.495,00, evidentemente potendo desumere agevolmente dalla documentazione prodotta la causale dei versamenti e quindi la natura qualificata dei crediti, tanto da conteggiare gli importi da restituire. Né l’istanza poteva ritenersi generica, in quanto invocava l’applicazione della norma, diffusamente richiamando l’applicazione della norma processualcivilistica senza alcuna differenziazione tra accrediti anteriori alla data del sequestro e accrediti contestuali o successivi alla data del sequestro.
Per la S.C. non poteva ritenersi neppure condivisibile l’assunto secondo cui l’applicazione della norma imponga una richiesta dettagliata e con specifica indicazione del momento in cui è avvenuto l’accreditamento delle somme. Pertanto, la Cassazione ha concluso che la motivazione del provvedimento era carente o apparente, perché negava che vi fosse stata produzione documentale e affermava la genericità dell’istanza, nonostante nell’atto di appello in sede cautelare la questione fosse stata espressamente devoluta al giudice al tribunale cautelare, con apposito motivo, che non poteva certo tacciarsi di genericità. L’atto di gravame era, pertanto, del tutto idoneo a radicare in capo al Tribunale il dovere di pronunciarsi sulla questione relativa alla completa applicazione della norma processualcivilistica di cui all’art. 545 c. p. c. anche con riferimento agli accrediti contestuali o successivi alla data del sequestro, senza alcuna limitazione, nella misura indicata dai commi terzo, quarto, quinto e settimo. Di tale completa applicazione il giudice a quo avrebbe dovuto farsi carico, pronunciandosi nel merito.
Infine, la S.C. ha osservato che, in pendenza del ricorso, la disciplina dell’art. 545 c. p. c. è stata modificata dal D.L. 9 agosto 2022, n. 115 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 185 del 9 agosto 2022), coordinato con la legge di conversione 21 settembre 2022, n. 142, recante: «Misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali e industriali», il quale all’art. 21-bis ha modificato il settimo comma della norma, inserendo una soglia minima di impignorabilità. Pertanto, anche in ragione di tale ius superveniens, concernente una norma che stabilisce un principio generale con effetto più favorevole, si imponeva un giudizio rescindente con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale.
Da qui, pertanto, l’accoglimento del ricorso.
Riferimenti normativi: