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Investe sotto l’effetto di cocaina il pedone imprudente: condannato

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Penale

Reati stradali

Investe sotto l’effetto di cocaina il pedone imprudente: condannato

lunedì 06 febbraio 2023

a cura della Redazione Wolters Kluwer
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado al conducente di un’autovettura per aver investito un pedone, in ora notturna ed in una zona dove non vi era il marciapiedi, la Corte di Cassazione penale, Sez. IV, sentenza 23 gennaio 2023, n. 2635 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui la totale mancanza di illuminazione, l’orario notturno e la mancanza di marciapiede avrebbero dovuto indurre il pedone a prestare maggiore attenzione e a non camminare al centro della strada – ha invece ribadito il principio secondo cui il conducente del veicolo va esente da responsabilità per l’investimento di un pedone quando la condotta della vittima configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, da sola sufficiente a produrre l’evento, circostanza questa configurabile ove il conducente medesimo, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile.

Cassazione penale, Sez. IV, sentenza 23 gennaio 2023, n. 2635

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen. sez. IV, 02/07/2013, n. 33207

Cass. pen. sez. IV, 03/06/2008, n. 26131

Difformi Non si rinvengono precedenti in termini

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 140, D.Lgs. 30/4/1992, n. 285, meglio noto come Codice della Strada o CdS, sotto la rubrica «Principio informatore della circolazione», stabilisce che “1.  Gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale.

  1. I singoli comportamenti, oltre quanto già previsto nei precedenti titoli, sono fissati dalle norme che seguono”.

Le principali norme che presiedono al comportamento del conducente del veicolo, oltre a quelle generiche di prudenza, cautela ed attenzione, vanno rinvenute, oltre nel citato art. 140 CdS, negli articoli seguenti, laddove si sviluppano, puntualizzano e circoscrivono le specifiche regole di condotto. Tra queste ultime, di rilievo, con riguardo al comportamento da tenere nei confronti dei pedoni, sono quelle dettagliate nell’art. 191 CdS, che trovano il loro pendant nel precedente art. 190 CdS, che, a sua volta, dettaglia le regole comportamentali cautelari e prudenziali che deve rispettare il pedone.

In questa prospettiva, la regola prudenziale e cautelare fondamentale, che deve presiedere al comportamento del conducente, è sintetizzata nell'”obbligo di attenzione” che questi deve tenere al fine di “avvistare” il pedone sì da potere porre in essere efficacemente gli opportuni (rectius, i necessari) accorgimenti atti a prevenire il rischio di un investimento. Il dovere di attenzione del conducente teso all’avvistamento del pedone trova il suo parametro di riferimento (oltre che nelle regole di comune e generale prudenza) nel richiamato principio generale di cautela che informa la circolazione stradale e si sostanzia, essenzialmente, in tre obblighi comportamentali (Cass. pen. sez. IV, n. 10635 del 20/02/2013, C., CED Cass. 255288; Cass. pen. sez. IV, n. 44651 del 12/10/2005, L., CED Cass. 232618):

1) l’obbligo di ispezionare la strada costantemente, dove si procede o che si sta per impegnare; persino l’assenza di strisce pedonali non può indurlo a ritenere che nessun pedone si accingerà ad attraversare la strada, giacché è sufficiente un minimo di esperienza per conoscere perfettamente l’effettiva realtà del traffico e sapere quanto spesso i pedoni attraversano la strada indipendentemente dalle strisce pedonali (Cass. pen. sez. IV, n. 4834 del 23/03/1992, B., CED Cass. 190029);

2) l’obbligo di mantenere sempre il controllo del veicolo;

3)  l’obbligo di prevedere tutte le situazioni di pericolo che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada; in particolare, il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili (Cass. pen. sez. IV, n. 25552 del 27/04/2017, L., CED Cass. 270176).

Affinché in caso di investimento sia affermata la colpa esclusiva del pedone, deve realizzarsi una duplice condizione (Cass. pen., Sez. IV, n. 33207 del 2/7/2013, C., CED Cass. 255995; Cass. pen., Sez. IV, n. 20027 del 16/4/2008, D.C., CED Cass. 240221; Cass. pen., Sez. IV, n. 16842 del 9/11/1990, P., CED Cass. 186076):

1) che il conducente del veicolo investitore si sia venuto a trovare, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza e prudenza, nell’oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati invece in modo rapido e inatteso;

2) che, nel comportamento del conducente, non sia riscontrabile una infrazione alle norme della circolazione stradale ed a quelle di comune prudenza.

Inoltre, in tema di omicidio colposo, per escludere la responsabilità del conducente per l’investimento del pedone è necessario che la condotta di quest’ultimo si ponga come causa eccezionale ed atipica, imprevista e imprevedibile dell’evento, che sia stata da sola sufficiente a produrlo (Cass. pen. sez. IV, n. 10635 del 2013, cit.; Cass. pen. sez. IV, n. 26131 del 03/06/2008, G., CED Cass. 241004). Il limite massimo di velocità, peraltro, non va confuso con l’obbligo di adeguare la velocità del veicolo alle particolari circostanze di tempo e dei luoghi; ne consegue che, mentre detto limite non può in alcun caso essere superato, anche una velocità inferiore può ben risultare inadeguata alle circostanze e costituisce ragione di responsabilità penale per colpa, se si ponga come causa di infortunio alle persone (Cass. pen. sez. IV, n. 2539 del 15/02/1996, C., CED Cass. 204178).

Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte di appello aveva confermato la sentenza del Tribunale con cui il conducente di un’autovettura era stato condannato in relazione ai reati di cui agli artt. 590-bis, commi 2 e 6 c.p. (perché, ponendosi alla guida di veicolo Fiat 500 in stato di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di stupefacenti nonché essendo sprovvisto di patente di guida, investiva un pedone, cagionandogli lesioni personali consistite in “politrauma con trauma cranico”, per cui era giudicato con prognosi riservata, con ricovero presso il reparto di terapia intensiva neurochirurgica, in attesa di sottoposizione ad intervento salvavita; prognosi sciolta in giorni 60 con diagnosi “trauma cranico + fracasso maxillo facciale”) e 187, commi 1, 1-bis e 1-quater, CdS (perché circolava alla guida di veicolo in stato di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di stupefacenti, tanto da provocare un incidente stradale).

In ordine alle censure sull’affermazione di responsabilità, la Corte di appello osservava che la significativa entità dei danni riportati dall’autoveicolo e, in particolare, la rientranza del muso anteriore e del cofano e l’infrazione del parabrezza, inducevano a ritenere sproporzionata la velocità tenuta dall’imputato nella circostanza. Il mancato rinvenimento di tracce di frenata dimostrava che, a causa dell’assunzione di stupefacenti, l’imputato non aveva notato la presenza del pedone, segno evidente di una sicurezza alla guida enfatizzata dall’effetto della cocaina.

Costituisce fatto notorio che, sotto l’influsso della cocaina, il conducente sopravvaluta la propria capacità di guidare, con conseguente aumento dell’assunzione dei rischi. La sua concentrazione e la sua attenzione diminuiscono e quando gli effetti si riducono cedono il posto alla fatica (infatti, nel caso in esame, dopo gli accertamenti urgenti, il conducente si addormentava presso gli uffici di P.G.).

La strada, inoltre, non era munita di marciapiedi, per cui sussisteva un concreto pericolo di incontrare pedoni. La condotta di guida non era stata improntata alla prudenza che sarebbe stata necessaria per ispezionare la strada in modo da evitare l’impatto con ostacoli o pedoni operando sui freni.

Ricorrendo in Cassazione, la difesa contestava, per quanto qui di interesse, l’erroneità della sentenza, in particolare sostenendo che il mancato avvistamento del pedone non poteva essere ricollegato all’assunzione di cocaina. La totale mancanza di illuminazione, l’orario notturno e la mancanza di marciapiede avrebbero dovuto indurre il pedone a prestare attenzione e a non camminare al centro della strada.

La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. La S.C., in particolare, ha ritenuto corretta la soluzione cui era pervenuta la Corte d’appello, che aveva sottolineato come l’elevata velocità del veicolo, sproporzionata rispetto alle condizioni di tempo e di luogo, era desumibile dalla particolare entità dei danni subiti dall’autovettura e dal mancato rinvenimento di tracce di frenata, circostanze indicative della notevole imprudenza alla guida, tanto da non accorgersi il conducente della presenza del pedone, disattenzione derivante anche dall’effetto dell’assunzione di cocaina. Inoltre, correttamente si era evidenziato che anche l’assenza di marciapiedi avrebbe dovuto indurre ad una maggiore prudenza. Anzi, hanno aggiunto i Supremi Giudici, proprio gli elementi valorizzati dalla difesa (la totale mancanza di illuminazione, l’orario notturno e la mancanza di marciapiede) che avrebbero dovuto indurre il pedone a prestare maggiore attenzione e a non camminare al centro della strada, sono stati censurati dalla Cassazione, che ha diversamente puntualizzato come proprio tali condizioni logistiche avrebbero dovuto indurre il reo a rispettare le norme di prudenza, richiamando sul punto la massima giurisprudenziale sopra indicata (Cass. pen. sez. IV, n. 33207 del 02/07/2013, C., CED Cass. 255995, relativo a fattispecie di omicidio colposo).

Da qui, pertanto, l’inammissibilità del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. 140, D.Lgs. n. 285/1992

Art. 190, D.Lgs. n. 285/1992

Art. 191, D.Lgs. n. 285/1992

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