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Perquisizione e sequestro presso lo studio dell’avvocato non indagato: no alle garanzie previste dal cpp

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Penale

Mezzi di ricerca della prova

Perquisizione e sequestro presso lo studio dell’avvocato non indagato: no alle garanzie previste dal cpp

giovedì 13 aprile 2023

a cura della Redazione Wolters Kluwer

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame aveva rigettato la richiesta proposta avverso il decreto di perquisizione e sequestro probatorio disposto nei riguardi di un avvocato, non indagato per il reato di rivelazione di segreto d’ufficio, ritenendo che questi potesse avere la disponibilità di documentazione relativa al DPR di scioglimento del Consiglio comunale e di “ogni altro bene, cose pertinenti all’ipotizzato reato o di esso costituenti corpo di reato”, la Corte di Cassazione penale, Sez. VI, con la sentenza 4 aprile 2023, n. 14240 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui l’atto era illegittimo per il mancato avviso della perquisizione al Consiglio dell’Ordine degli avvocati per consentire al Presidente di questo – o ad un suo delegato – di assistere all’atto di indagine, nonché per il mancato decreto autorizzativo del Giudice e la mancata esecuzione della perquisizione personalmente da parte del Pubblico Ministero – ha invece riaffermato il principio secondo cui le garanzie difensive non possono trovare applicazione qualora gli atti di cui all’art. 103 c.p.p. debbano essere compiuti nei confronti di esercente la professione legale indagato e non siano attinenti all’oggetto di alcuna difesa.

Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 4 aprile 2023, n. 14240

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen. sez. V, 05/12/2011, n. 12155 – dep. 2012

Cass. pen. sez. II, 16/05/2012, n. 32909

Cass. pen. sez. II, 16/05/2006, n. 31177

Difformi Non si rinvengono precedenti in termini

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 103 c.p.p., sotto la rubrica «Garanzie di libertà del difensore», prevede che “1. Le ispezioni e le perquisizioni negli uffici dei difensori sono consentite solo:

  1. a) quando essi o altre persone che svolgono stabilmente attività nello stesso ufficio sono imputati, limitatamente ai fini dell’accertamento del reato loro attribuito;
  2. b) per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate.
  3. Presso i difensori e gli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, nonché presso i consulenti tecnici non si può procedere a sequestro di carte o documenti relativi all’oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato.
  4. Nell’accingersi a eseguire una ispezione, una perquisizione o un sequestro nell’ufficio di un difensore, l’autorità giudiziaria a pena di nullità avvisa il consiglio dell’ordine forense del luogo perché il presidente o un consigliere da questo delegato possa assistere alle operazioni. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento.
  5. Alle ispezioni, alle perquisizioni e ai sequestri negli uffici dei difensori procede personalmente il giudice ovvero, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice.
  6. Non è consentita l’intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite.
  7. Sono vietati il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza tra l’imputato e il proprio difensore in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni, salvo che l’autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato.
  8. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’articolo 271, i risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione delle disposizioni precedenti, non possono essere utilizzati. Fermo il divieto di utilizzazione di cui al primo periodo, quando le comunicazioni e conversazioni sono comunque intercettate, il loro contenuto non può essere trascritto, neanche sommariamente, e nel verbale delle operazioni sono indicate soltanto la data, l’ora e il dispositivo su cui la registrazione è intervenuta”.

Sul tema dell’applicabilità delle garanzie difensive previste dall’art. 103, c.p.p., in passato si era registrato un contrasto giurisprudenziale. Secondo una prima opzione interpretativa “le speciali garanzie di libertà del difensore previste dall’art. 103 c.p.p. sono riferibili ai soli avvocati che assumono l’ufficio di difensore nel procedimento nel quale vengono disposti la perquisizione o il sequestro e non ai legali che svolgano o abbiano svolto l’ufficio in favore dell’attuale investigato, ma in diversi affari o procedimenti” (Cass. pen. sez. VI, n. 195 del 22/01/1991, G. CED Cass. 187030).

Secondo altro indirizzo tali garanzie “non vanno limitate al difensore dell’indagato o dell’imputato nel cui procedimento sorge la necessità di attività di ispezione, ricerca o sequestro, ma vanno osservate in tutti i casi in cui tali atti vengono eseguiti nell’ufficio di un professionista, iscritto all’albo degli avvocati e procuratori, che abbia assunto la difesa di assistiti, anche fuori del procedimento in cui l’attività di ricerca, perquisizione e sequestro viene compiuta” (Cass. pen. sez. VI, n. 3804 del 27/10/1992, G., CED Cass. 193107).

In tale contesto si è registrato l’intervento delle Sezioni unite e si è chiarito che:

a) l’art. 103 non autorizza a ritenere che le garanzie previste siano destinate ad operare solo per gli atti di ricerca della prova compiuti nel procedimento in cui è svolta l’attività difensiva;

b) l’art. 103 non è il solo a parlare di “difensori” in relazione ad una qualità professionale anziché ad uno specifico procedimento visto che si esprimono in modo analogo anche gli artt. 97 comma 2 (dove si parla di “elenchi dei difensori”) e 613 comma 1 (dove si parla di “difensori iscritti nell’albo speciale della corte di cassazione”);

c) la parola “difensori” nell’art. 103, di per sé, non ha necessariamente il significato limitativo che gli si vorrebbe attribuire ma anzi che l’uso del plurale (“negli uffici dei difensori”; “presso i difensori”) sta ad indicare che la norma prende in considerazione l’attività difensiva e non il rapporto instaurato nel procedimento in cui sono compiuti gli atti di ricerca della prova;

d) al legislatore sia apparso naturale collocare nel titolo destinato al difensore una disposizione di generale garanzia del rapporto difensivo, congegnata, come si legge nella Relazione al Progetto preliminare, per “raccogliere varie disposizioni che nel Progetto del 1978 erano distribuite in varie altre norme”;

e) dunque, le garanzie indicate nell’art. 103 c.p.p. sono coordinate alla funzione difensiva”, più che ad un rapporto specifico;

f) i limiti del comma 1 e le garanzie dei commi terzo e quarto dell’art. 103 sono diretti proprio ad evitare che con ispezioni e perquisizioni non strettamente necessarie negli uffici dei difensori, effettuate dalla polizia giudiziaria in modo incontrollato, si possa condurre una ricerca indiscriminata su tutti gli atti esistenti nell’ufficio del difensore, con la possibilità di acquisire o comunque di conoscere, solo perché relativi ad altri procedimenti atti di un rapporto difensivo che il difensore ha diritto di mantenere segreti.

Dunque, l’operatività dei limiti e delle garanzie previsti dall’art. 103 c.p.p. per le ispezioni e perquisizioni da eseguire negli uffici dei difensori non è subordinata alla condizione che tali atti siano disposti dall’Autorità giudiziaria con riguardo al procedimento in cui è stata svolta l’attività difensiva. È dunque illegittima la perquisizione di uno studio di un difensore disposta dal pubblico ministero ed eseguita dalla polizia giudiziaria senza l’osservanza delle prescrizioni dell’art. 103, commi terzo e quarto c.p.p., anche se con riferimento ad un procedimento diverso da quello in cui era svolta attività difensiva (Cass. pen. sez. Unite, n. 25 del 12/11/1993, dep. 1994, G., CED Cass. 195627). Le garanzie previste dalla legge sono funzionali all’attività di difensore sia che venga svolta nei riguardi di un soggetto nel procedimento in cui il mezzo di ricerca della prova è disposto, sia che l’attività sia stata esercitata in un diverso procedimento.

Si è osservato in dottrina che si tratta di una norma che ha la finalità di garantire l’attività difensiva in modo libero e senza condizionamenti non a introdurre privilegi di casta: le garanzie previste dall’art. 103 c.p.p. non sono volte alla tutela personale e privilegiata del soggetto esercente la professione legale, ma sono rivolte nei confronti del soggetto che svolge un’attività difensiva in ragione di uno specifico mandato ricevuto, essendo essenzialmente apprestate in funzione della garanzia del diritto di difesa dell’imputato. Le garanzie in esame, pertanto, non possono trovare applicazione qualora gli atti di cui all’art. 103 c.p.p. debbano essere compiuti nei confronti di esercente la professione legale indagato e non siano attinenti all’oggetto di alcuna difesa (Cass. pen. sez. V, n. 12155 del 05/12/2011 – dep. 2012, R., CED Cass. 252147; Cass. pen. sez. II, n. 32909 del 16/05/2012, M., CED Cass. 253263; Cass. pen. sez. II, n. 31177 del 16/05/2006, P.M. in proc. C., CED Cass. 234858).

Tanto premesso, nel caso in esame, il Tribunale aveva rigettato la richiesta di riesame proposta avverso il decreto di perquisizione e sequestro probatorio disposto nei riguardi di un legale, soggetto non indagato. Il sequestro era stato disposto in relazione al reato di cui all’art. 326 c.p.; si è ritenuto che l’avvocato, Sindaco di un Comune, potesse avere la disponibilità di documentazione relativa al DPR di scioglimento del Consiglio comunale – con particolare riferimento alla relazione del Ministro dell’interno- e di “ogni altro bene, cose pertinenti all’ipotizzato reato o di esso costituenti corpo di reato”. La perquisizione era stata compiuta presso i luoghi di residenza, “presso lo studio professionale e presso lo studio eventualmente utilizzato in relazione alla carica politica rivestita”.

Ricorrendo in Cassazione, la difesa sosteneva l’erroneità dell’ordinanza di rigetto, in particolare, per il mancato avviso della perquisizione al Consiglio dell’Ordine degli avvocati per consentire al Presidente di questo – o ad un suo delegato – di assistere all’atto di indagine, per il mancato decreto autorizzativo del Giudice e per la mancata esecuzione della perquisizione personalmente da parte del Pubblico Ministero.

La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, la S.C., richiamata la giurisprudenza delle Sezioni Unite, ha osservato come non si fosse spiegato se – al momento in cui fu disposto il mezzo di ricerca della prova vi fossero indagati e non si prospettasse nemmeno che il ricorrente rivestiva la qualità di difensore nel procedimento nel quale era stato emesso il decreto di sequestro, ovvero in altro procedimento, e che pertanto la documentazione sequestrata potesse rientrare nell'”oggetto della difesa” e non fosse essa stessa “corpo di reato” a norma dell’art. 103 c.p.p. Nulla era stato detto dalla difesa né sul perché quella perquisizione e sequestro avrebbero inciso sulla sua attività difensiva e neppure se un mandato difensivo fosse stato a lui conferito per vicende legate allo scioglimento del Consiglio comunale.

Da qui, pertanto, il rigetto del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. 103 c.p.p.

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