Mantenimento corrisposto parzialmente: no al reato per il solo fatto che i figli sono minori
a cura della Redazione Wolters Kluwer
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta ad un imputato in relazione ai reati di cui all’art. 570 c.p., comma 2, e L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3 nonché per il reato di elusione del provvedimento di assegnazione della casa coniugale in favore della coniuge, la Corte di Cassazione penale, Sez. VI, con la sentenza 8 giugno 2023, n. 24885 – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui era mancato un accertamento sullo stato bisogno conseguente al parziale versamento dell’assegno di mantenimento – ha ribadito il principio secondo cui qualora l’assegno di mantenimento sia versato, sia pur in parte, in maniera costante e tale da garantire un apporto continuativo in favore del coniuge e dei figli minori, ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 570 c.p., comma 2, occorre procedere all’effettiva verifica dell’idoneità dell’adempimento parziale a soddisfare le esigenze primarie dei beneficiari e, in particolare, dei figli minori, non potendosi far discendere dal mero inesatto adempimento la configurabilità del reato in assenza dell’accertamento dello stato di bisogno.
Cassazione penale, sez. VI, sentenza 8 giugno 2023, n. 24885
Orientamenti giurisprudenziali | |
Conformi | Cass. pen. sez.VI, 4/2/2014, n. 15898 |
Difformi | Non si rinvengono precedenti in termini |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 570 c.p. sotto la rubrica «Violazione degli obblighi di assistenza familiare», punisce con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1.032 la condotta di chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale o alla qualità di coniuge.
Il comma 2 stabilisce che le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
- malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge;
- fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma. Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge.
Per quanto qui di interesse, in relazione al reato di cui al comma 2, n. 2, la condotta consiste nella omessa prestazione dei mezzi di sussistenza realizzata nei confronti di soggetti legati da un particolare vincolo di parentela, in tutti i casi in cui sussista l’obbligo giuridico agli alimenti. È opinione unanime in dottrina che tale disposizione non abbia carattere sanzionatorio dell’inadempimento del giudicato civile che sancisce l’obbligo alimentare in quanto, presupponendo lo stato di bisogno del soggetto passivo, comprende il solo obbligo alla somministrazione dello “stretto necessario per vivere” e si rivolge, non già a tutti i soggetti eventualmente titolari di un credito alimentare (artt. 156, comma 3 e 433 c.c.), ma solo a coloro che siano legati da un vincolo di filiazione o di coniugio.
Due sono gli aspetti da accertare: stato di bisogno del beneficiario e capacità economica dell’obbligato. Per l’integrazione della fattispecie occorre infatti verificare la condizione economica dell’obbligato, per accertare se questa, e non il consapevole disconoscimento delle conseguenze giuridiche del vincolo matrimoniale, sia stata causa dell’inadempimento, eventualità che escluderebbe la configurazione della fattispecie tipica (Cass. pen. sez. VI, 16/10/2020, n. 28774; Cass. pen. sez. VI, 26/11/2014, n. 52393).
Ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 570, comma 2 nell’ipotesi di mancata corresponsione – anche parziale – da parte del coniuge obbligato al versamento dell’assegno stabilito in sede di separazione coniugale, il giudice penale deve però accertare se, per effetto di tale condotta, siano venuti a mancare in concreto ai beneficiari i mezzi di sussistenza, accertamento che è diverso e indipendente da quello compiuto dal giudice civile per la determinazione dell’assegno (Cass. pen. sez. VI, 27/11/2017, n. 53572; Cass. pen. sez. VI, 21/10/2015, n. 535; Cass. pen. sez. VI, 04/02/2014, n. 15898; Cass. pen. sez. VI, 15/06/2012, n. 26808; Cass. pen. sez. VI, 28/03/2012, n. 12516, con riferimento al mancato contributo economico da parte del coniuge non legalmente separato che non determini uno stato di bisogno nell’altro coniuge; Cass. pen. sez. VI, 12/11/2009; Cass. pen. sez. VI, 13/11/2008; Cass. pen. sez. I, 13/10/2005; Cass. pen. sez. VI, 8/07/2004; Cass. pen. sez. VI, 19/10/2000; Cass. pen. sez. VI, 21/03/1996. Contra Cass. pen. sez. VI, 14/12/2010: il mancato versamento dell’assegno di mantenimento nella specifica misura stabilita dal giudice integra il delitto di cui all’art. 570, n. 2).
Integra la fattispecie delittuosa l’inadempimento parziale dell’obbligo di corresponsione dell’assegno alimentare quando le somme versate non consentano ai beneficiari di far fronte alle loro esigenze fondamentali di vita, quali vitto, alloggio, vestiario ed educazione (Cass. pen. sez. VI, 18/01/2021, n. 1879; Cass. pen. sez. VI, 28/03/2012, n. 13900).
Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte di appello confermava la sentenza di condanna emessa nei confronti di un uomo, ritenuto responsabile dei reati di cui all’art. 570 c.p., comma 2, e L. 8 febbraio 2006, n. 54, art. 3 nonché per il reato di elusione del provvedimento di assegnazione della casa coniugale in favore della coniuge.
Ricorrendo in cassazione, la difesa ne sosteneva l’erroneità, in particolare in relazione alla ritenuta sussistenza dello stato di bisogno conseguente all’omesso integrale versamento dell’assegno di mantenimento stabilito nella misura di euro 3.500,00 con l’adozione dei provvedimenti presidenziali. Sottolineava la difesa come la stessa parte civile, escussa quale teste, confermava di aver sempre ricevuto il versamento dell’assegno mensile, sia pur in misura notevolmente ridotta rispetto all’importo quantificato. In ogni caso, si trattava di versamenti inizialmente pari a circa euro 1.000,00, che poi erano aumentati a euro 1.200,00, successivamente a euro 1.500 e poi a euro 2.100. Evidenziava la difesa, peraltro, che la misura dell’assegno provvisoriamente stabilita in euro 3.500 era stata successivamente ridotta ad euro 2.500 con ordinanza adottata dal Tribunale. A fronte del regolare versamento di cospicue somme mensili, sia pur inferiori rispetto a quanto stabilito giudizialmente, sarebbe stato necessario per la difesa un puntuale accertamento in ordine alla effettiva sussistenza di uno stato di bisogno, cagionato dal parziale inadempimento.
La Cassazione, nell’accogliere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra.
In particolare, in relazione al reato di cui all’art. 570 c.p., comma 2, la S.C. ha osservato come la Corte di appello ha motivato la conferma della sentenza di condanna richiamando la consolidata giurisprudenza secondo cui l’omesso versamento dell’assegno in favore dei figli minori determina di per sé lo stato di bisogno. Tale principio, secondo la Cassazione astrattamente condivisibile e recepito da consolidata giurisprudenza, deve comunque tener conto della peculiarità del caso di specie, nel quale non vi è stata la totale omissione del versamento dell’assegno, bensì il costante adempimento in misura che, sia pur notevolmente ridotta, ha sempre avuto una considerevole rilevanza economica (la Corte di appello aveva dato atto che l’imputato ha versato inizialmente euro 800,00 per poi elevare l’importo fino a Euro 2.100,00).
Nel caso del versamento parziale, pertanto, non può ritenersi che lo stato di bisogno sia desumibile in re ipsa dalla minore età dei soggetti beneficiari (Cass. pen., sez. VI, n. 53607 del 20/11/2014, CED Cass. 261871), dovendo piuttosto riespandersi il principio secondo cui ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 570 c.p., comma 2, n. 2, nell’ipotesi di corresponsione parziale dell’assegno stabilito in sede civile per il mantenimento, il giudice penale deve accertare se tale condotta abbia inciso apprezzabilmente sulla disponibilità dei mezzi economici che il soggetto obbligato è tenuto a fornire ai beneficiari, tenendo inoltre conto di tutte le altre circostanze del caso concreto, dovendosi escludersi ogni automatica equiparazione dell’inadempimento dell’obbligo stabilito dal giudice civile alla violazione della legge penale (Cass. pen. sez. VI, n. 15898 del 04/02/2014, CED Cass. 259895; Cass. pen. sez. II, n. 24050 del 10/02/2017, CED Cass. 270326).
Applicando tale regola, si è recentemente ribadito che integra la fattispecie delittuosa prevista dall’art. 570 c.p., comma 2, n. 2 anche l’inadempimento parziale dell’obbligo di corresponsione dell’assegno alimentare quando le somme versate non consentano ai beneficiari di far fronte alle loro esigenze fondamentali di vita, quali vitto, alloggio, vestiario ed educazione (Cass. pen. sez. VI, n. 1879 del 04/11/2020, dep.2021, CED Cass. 280584; Cass. pen. sez. VI, n. 13900 del 28/03/2012, CED Cass. 252608).
Partendo da tale premesse, per la S.C., deve sottolinearsi come la condotta sanzionata dall’art. 570 c.p., comma 2, presuppone uno stato di bisogno, nel senso che l’omessa assistenza deve avere l’effetto di far mancare i mezzi di sussistenza, che comprendono quanto è necessario per la sopravvivenza, situazione che non si identifica né con l’obbligo di mantenimento né con quello alimentare, aventi una portata più ampia (Cass. pen. sez. Unite, n. 23866 del 31/01/2013, CED Cass. 255271). Tanto ciò è vero che l’assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione ha la precipua finalità di garantire al coniuge e ai figli il mantenimento del medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e, quindi, il parametro di riferimento è ben diverso dalla nozione di “stato di bisogno” che richiama l’assolvimento delle esigenze primarie.
Una volta chiarito tale aspetto, si comprende la ragione per cui qualora l’assegno di mantenimento sia versato, sia pur in parte, in maniera costante e tale da garantire un apporto continuativo in favore del coniuge e dei figli minori, ai fini della sussistenza del reato di cui all’art. 570 c.p., comma 2, occorre procedere all’effettiva verifica dell’idoneità dell’adempimento parziale a soddisfare le esigenze primarie dei beneficiari e, in particolare, dei figli minori, non potendosi far discendere dal mero inesatto adempimento la configurabilità del reato in assenza dell’accertamento dello stato di bisogno. Quanto detto comporta che quel sostanziale automatismo tra induzione in stato di bisogno ed omesso versamento dell’assegno in favore dei figli minori non può estendersi anche alla diversa ipotesi, qual è quella in esame, del parziale inadempimento.
Sulla base di tali coordinate ermeneutiche, la Cassazione ha dunque ritenuto che la Corte di appello fosse incorsa in errore, nella misura in cui non aveva distinto tra omesso ed inesatto adempimento, in tal modo sottraendosi alla verifica della ricorrenza dello stato di bisogno. Tale accertamento, peraltro, era ancor più necessario nel caso di specie ove si consideri che la stessa persona offesa aveva riferito di versamenti costantemente eseguiti, sia pur in maniera inferiore al dovuto. Il minor importo versato, tuttavia, non era affatto marginale, atteso che il reo avrebbe versato un importo crescente nel tempo, partendo da un minimo di euro 800,00 fino ad arrivare ad un massimo di euro 2.100,00, sostanzialmente di poco inferiore alla misura dell’assegno definitivamente statuita in sede civile (pari ad euro 2.500).
Da qui, dunque, l’accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento con rinvio, dovendo procedere il giudice di merito alla verifica dell’esistenza o meno dello stato di bisogno, tenendo conto delle esigenze dei soggetti beneficiati e degli importi crescenti nel tempo versati dall’obbligato.
Da qui, pertanto, l’accoglimento del ricorso.
Riferimenti normativi:
Art. 570 c.p.