Stalking: utilizzabili sms, WhatsApp, mail e post di Facebook
a cura della Redazione Wolters Kluwer
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta ad un uomo per il reato di atti persecutori, la Corte di Cassazione penale, Sez. V, con la sentenza 8 giugno 2023, n. 24824 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui era inutilizzabile la documentazione prodotta dalla vittima dello stalking – ha ribadito il principio secondo cui gli sms, i messaggi “WhatsApp” e di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria dell’apparecchio cellulare, i messaggi pubblicati sul profilo Facebook hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p. e, pertanto, con riferimento ad essi, non trova applicazione né la disciplina delle intercettazioni, né quella relativa all’acquisizione di corrispondenza di cui all’art. 254 c.p.p.
Cassazione penale, Sez. V, sentenza 8 giugno 2023, n. 24824
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen. sez. VI, 16/3/2022, n. 22417
Cass. pen. sez. V, 21/11/2017, n. 1822 dep. 2018 Cass. pen. sez. VI, 12/11/2019, n. 1822 dep. 2020 |
Difformi | Non si rinvengono precedenti in termini |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 234, c.p.p., sotto la rubrica «Prova documentale», prevede che “1. È consentita l’acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.
- Quando l’originale di un documento del quale occorre far uso è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, può esserne acquisita copia.
- È vietata l’acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo o sulla moralità in generale delle parti, dei testimoni, dei consulenti tecnici e dei periti”.
Tipizzante la prova documentale è la circostanza per la quale la stessa sia stata prodotta fuori dal procedimento e per fini diversi dal procedimento. Si tratta, tuttavia, di una distinzione meramente giuridica che spesso crea equivoci di non poco momento (Vele, sub art. 234 c.p.p., in Tranchina, Codice di procedura penale, Milano, 2008, 1765) atteso che la documentazione degli atti del procedimento è finalizzata anch’essa alla diffusione della conoscenza del procedimento penale.
Nel codice del 1988, tuttavia, i documenti che trovano il proprio momento genetico nel procedimento sono soggetti alla disciplina della documentazione che, se disattesa, dà origine ai vizi processuali. Si parla di documentazione solo laddove l’atto sia stato redatto da un soggetto del procedimento e per i fini del procedimento stesso. Se non ricorrono entrambi questi presupposti possiamo parlare di documento e non di documentazione. Documenti sono anche qualificabili quei particolari tipi di atto che potrebbero avere a che fare col procedimento ma che, tuttavia, non sono definibili documentazione. La giurisprudenza sul punto è pacifica. Si tratterebbe di documenti e non di documentazione perché sarebbe assai difficile introitare il sapere contenuto negli stessi a mezzo testimonianza. Tali sono i rilievi fotografici aerei o satellitari (Cass. pen. sez. V, 11/01/2011, n. 7585, I., in Mass. Uff., 249512; Cass. pen. sez. III, 15/06/1999, F., in CP, 2000, 2676) ovverosia gli organigrammi degli enti pubblici ovvero ancora i fogli matricolari (Cass. pen. sez. I, 16/06/2004, E., in RP, 2005, 636).
La differenza tra documenti ed intercettazioni telefoniche è data dal fatto che i primi si sostanziano essenzialmente nella rappresentazione di fatti verificatisi nel passato ai quali lo stesso ordinamento ricollega determinati effetti suscettibili di rivestire rilevanza giuridica, mentre le seconde si sostanziano in operazioni finalizzate alla raccolta, secondo una logica di contemporaneità rispetto a ciò che si registra, del flusso di conversazioni telefoniche tra due diversi soggetti (P. Milano 27/5/1999, in FAmbr, 1999, 452).
In materia la Suprema Corte ha recentemente osservato che i saggi fonici costituiscono prova documentale, non dichiarativa, né sono equiparabili alle intercettazioni tra presenti perché in essi è del tutto indifferente il contenuto delle frasi pronunciate non valutabile né pro né contro chi le pronuncia, ma utilizzabile come mero parametro di riferimento ai fini dell’espletamento di una perizia sicché essi sono acquisibili senza formalità (Cass. pen. sez. II, 09/07/2010, n. 28681, C., in Mass. Uff., 248213). In proposito, la Cassazione ha chiarito che la registrazione di una conversazione tra presenti, contenuta in un file audio, riproducendo un avvenimento storico che rimanda al contenuto dichiarativo di soggetti individuabili, anche in assenza dell’identificazione dell’autore della registrazione stessa, non è qualificabile come documento anonimo ma costituisce una notitia criminis che legittima l’avvio e il compimento di indagini da parte del pubblico ministero per verificarne la portata e compiere ogni opportuno approfondimento investigativo, ivi compresi l’adozione dei mezzi di ricerca della prova quali perquisizione e sequestro (Cass. pen. sez. VI, 13/02/2020, n. 5782).
La categoria del documento risulta in continua espansione in ragione del progresso tecnologico. Attualmente può ritenersi che i dati informatici (Sms, messaggi WhatsApp, messaggi di posta elettronica scaricati o conservati nella memoria) rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro abbiano natura di documenti, con la conseguenza che la relativa acquisizione non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche (Cass. pen. sez. VI, 08/06/2022, n. 22417; Aggiornamento Cass. pen. sez. V, 06/05/2021, n. 17552).
Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale, aveva ridotto a euro 10.000,00 la somma quantificata a titolo di risarcimento del danno e aveva confermato nel resto la sentenza di condanna di un imputato per il reato di atti persecutori. Ricorrendo in Cassazione, l’imputato sosteneva l’inutilizzabilità della documentazione, costituita degli esiti dei “post” pubblicati su Facebook, delle riproduzioni fotografiche, dei messaggi telefonici e delle comunicazioni telematiche registrate sulla memoria del telefono cellulare acquisite, ai sensi dell’art. 234 c.p.p., all’esito della produzione della parte civile quale frutto della propria attività investigativa.
La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, la S.C. ha osservato come per la consolidata giurisprudenza di legittimità, gli sms, i messaggi “WhatsApp” e di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria dell’apparecchio cellulare, i messaggi pubblicati sul profilo Facebook hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p. e, pertanto, con riferimento ad essi, non trova applicazione né la disciplina delle intercettazioni, né quella relativa all’acquisizione di corrispondenza di cui all’art. 254 c.p.p. (Cass. pen. sez. VI, n. 22417 del 16/03/2022, R., CED Cass. 283319-01; Cass. pen., sez. V, n. 1822 del 21/11/2017, dep. 2018, CED Cass. 272319-01; Cass. pen. sez. VI, n. 1822 del 12/11/2019, dep. 2020, T., CED Cass. 278124-01 che, in motivazione, ha precisato che nel caso di acquisizione di un messaggio conservato nella memoria del cellulare non si è in presenza della captazione di un flusso di comunicazioni in corso, bensì della mera documentazione ex post di detti flussi).
Con riferimento ai messaggi “WhatsApp” e agli sms rinvenuti in un telefono cellulare si è poi precisato che i relativi testi non rientrano neanche nel concetto di “corrispondenza”, la cui nozione implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito (Cass. pen. sez. III, n. 928 del 25/11/2015, dep. 2016, G., CED Cass. 265991). Nel caso di specie, la parte civile si era limitata ad acquisire ex post i dati, conservati nella memoria del telefono, che documenta i flussi di comunicazioni.
Da qui, pertanto, il rigetto del motivo di ricorso, pur se accolto per ragioni diverse.
Riferimenti normativi:
Art. 234 c.p.
Art. 191 c.p.