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Il Riesame non può integrare il sequestro preventivo privo di motivazione sul periculum

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Misure cautelari

Misure cautelari

Il Riesame non può integrare il sequestro preventivo privo di motivazione sul periculum

lunedì 22 gennaio 2024

a cura della Redazione Wolters Kluwer

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il Tribunale aveva rigettato l’istanza di riesame avverso il provvedimento con il quale il Giudice per le indagini preliminari aveva applicato il sequestro preventivo ad una società cooperativa per alcuni reati di falso relativi a condotte di indebita compensazione legate a prestazioni – asseritamente inesistenti – di formazione professionale nel settore delle “Tecnologie 4.0”, la Corte di Cassazione penale, Sez. III, con la sentenza 11 gennaio 2024, n. 1261 – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui, per quanto qui di interesse, il tribunale del riesame si era illegittimamente sostituito al GIP, motivando sulla sussistenza del c.d. periculum in mora – ha riaffermato il principio secondo cui non è consentito al tribunale del riesame sostituirsi al giudice delle indagini preliminari nel porre rimedio ad un’omissione motivazionale su un requisito essenziale richiesto all’ordinanza genetica, qual è la motivazione, seppure concisa, come richiedono le Sezioni Unite “Ellade”, circa la configurabilità del c.d. periculum in mora, onere di motivazione che può ritenersi assolto, come le stesse Sezioni Unite insegnano, solo allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato.

Cassazione penale, Sez. III, sentenza 11 gennaio 2024, n. 1261

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen., Sez. Un., 24/6/2021, n. 36959
Difformi Non si rinvengono precedenti

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 321, c.p.p., sotto la rubrica “Oggetto del sequestro preventivo”, dispone al comma 1 che “1. Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero, il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari”.

Finalità del sequestro preventivo è evitare il protrarsi di conseguenze dannose derivanti dal reato o l’agevolazione di altri reati. Questo è il periculum in mora codificato dall’art. 321 e considerato, in genere, da parte della giurisprudenza quale condizione legittimante l’adozione della cautela reale a fini preventivi (tra le tante, a titolo esemplificativo, Cass. pen., Sez. V, 9/2/2010, T., in Mass. Uff., 247438; Cass. pen., Sez. IV, 8/10/2007, V., in Mass. Uff., 237592; Cass. pen., Sez. V, 26/6/2006, C., in Mass. Uff., 234556; Cass. pen., Sez. VI, 2/10/2006, F., in Mass. Uff., 234764; Cass. pen., Sez. VI, 23/4/1991, S., in RP, 1992, 307). Il giudice è tenuto a fornire un’adeguata motivazione sul pericolo inteso in senso oggettivo come probabilità di danno futuro in conseguenza della effettiva disponibilità materiale o giuridica della cosa (Cass. pen., Sez. IV, 23/6/2005, B., in Mass. Uff., 231750; Cass. pen., Sez. V, 16/3/2005, D.M., in Mass. Uff., 231686).

Nessun dubbio, dunque, che il provvedimento di sequestro preventivo debba essere motivato.

Le Sezioni Unite della Cassazione, come noto, hanno statuito (Cass. pen., Sez. Un., n. 36959 del 24/6/2021, E., CED Cass. 281848 – 01) che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, c.p.p., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 c.p., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege. Tale pronuncia ha sottolineato come tale motivazione sia necessaria anche nell’ottica del «rispetto dei criteri di proporzionalità la cui necessaria valenza, con riferimento proprio alle misure cautelari reali, e in consonanza con le affermazioni della giurisprudenza sovranazionale, la Suprema Corte ha ritenuto di dovere a più riprese rimarcare al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata».

Ciò detto, ci si deve chiedere se il tribunale del riesame, possa, in caso di silenzio motivazionale del provvedimento del GIP sul periculum in mora, sostituirsi al giudice e integrare detta motivazione.

Orbene, la Cassazione, inoltre, nella sua massima composizione, ha anche affermato (Cass. pen., Sez. Un., n. 18954 del 31/3/2016, C., CED Cass. 266789-01) che nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla L. 8 aprile 2015, n. 47 al comma 9 dell’art. 309 c.p.p., sono applicabili – in virtù del rinvio operato dall’art. 324, comma settimo dello stesso codice – in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale, nel senso che il tribunale del riesame deve annullare il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario  fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa.

In sede di riesame avverso misure cautelari reali, il tribunale, dunque, non può integrare motivazioni assenti, essendo necessario che il provvedimento genetico di applicazione della misura o di convalida della stessa presenti una motivazione che, anche eventualmente attraverso la tecnica della redazione per relationem, dia conto degli elementi posti a fondamento del vincolo e di quelli a discarico rappresentati dalla difesa, al fine di consentire l’esercizio della funzione di controllo a cui il tribunale del riesame è deputato, nel rispetto dei parametri identificati dal combinato disposto degli artt. 324, comma 7, e 309, comma 9, c.p.p. (ex plurimis: Cass. pen., Sez. II, n. 7258 del 27/11/2019, dep. 2020, E., CED Cass. 278509 – 01; Cass. pen., Sez. V, n. 51900 del 20/10/2017, L., CED Cass. 271413 – 01).

La Cassazione, inoltre (Cass. pen., Sez. VI, n. 31380 del 26/4/2022, M., inedita), ha, d’altro canto, affermato che il Tribunale del riesame esercita legittimamente il potere di integrazione della motivazione accordatogli dal codice di rito laddove la motivazione del giudice per le indagini preliminari in tema di periculum in mora, sia pure insufficiente ai fini del principio espresso dalla citata sentenza Ellade, non sia del tutto assente (conforme, ex plurimis: Cass. pen., Sez. V, n. 643 del 6/12/2017, dep. 2018, P., CED Cass. 271925 – 01, secondo cui «il potere-dovere del tribunale del riesame di integrare le insufficienze motivazionali del provvedimento impugnato non opera nelle ipotesi di motivazione mancante sotto il profilo grafico, apparente o inesistente per inadeguatezza normativa»).

Nel caso di specie, il provvedimento impugnato era privo di motivazione in riferimento alla sussistenza del periculum in mora. L’ordinanza del tribunale, a sua volta, riteneva di esercitare il proprio potere integrativo.

I Supremi Giudici, sul punto, hanno rilevato come la motivazione dell’ordinanza impugnata ripercorreva pressoché in maniera pedissequa quella resa dalla stessa Cassazione (Cass. pen., Sez. III, n. 39846 del 13/5/2022, CED Cass. 283831), che, tuttavia, si era occupata di un caso diverso da quello oggetto di esame nell’attuale vicenda processuale, atteso che, nel caso esaminato, l’ordinanza genetica era stata emessa in un momento antecedente al formarsi del diritto vivente di cui alle richiamate Sezioni Unite “Ellade”, ed il tribunale del riesame era intervenuto successivamente a tale arresto giurisprudenziale, ritenendo possibile l’esercizio del potere integrativo. Ed allora, ne discendeva per la Cassazione all’evidenza l’impossibilità per il tribunale del riesame di sostituirsi al giudice di primo grado nel porre rimedio ad un’omissione motivazionale su un requisito essenziale richiesto all’ordinanza genetica, qual è la motivazione, seppure concisa, come richiedono le Sezioni Unite “Ellade”, circa la configurabilità di tale periculum, onere di motivazione che può ritenersi assolto, come le stesse Sezioni Unite insegnano, solo allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato. Consegue, dunque, che il tribunale non può avvalersi del menzionato potere integrativo-confermativo, bensì deve provvedere esclusivamente all’annullamento del provvedimento coercitivo, non essendo consentito un potere sostitutivo quanto all’emissione di un valido atto, che potrà eventualmente essere adottato dal medesimo organo la cui decisione è stata annullata (conformi, sulla questione: Cass. pen., Sez. III, n. 50506 del 5/12/2023, inedita; Cass. pen., Sez. III, n. 50501 del 5/12/2023, inedita; Cass. pen., Sez. III, n. 50502 del 5/12/2023, inedita).

Da qui, dunque, l’accoglimento del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. 321 c.p.p.

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