CALCOLO DELLA PRESCRIZIONE CON VARIABILI INDEFINITE SENZA REGIME TRANSITORIO
Riforme penali
GLI ULTIMI TRE INTERVENTI DEL LEGISLATORE DETERMINANO UNA CASISTICA INESTRICABILE
Il disegno di legge approvato alla camera il 16 gennaio scorso e ora trasmesso al Senato (S.985) previa abrogazione sia della cessazione del corso della prescrizione a seguito della sentenza di primo grado, sia dell’improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione, introduce nel nuovo articolo 159 bis c.p. un periodo di sospensione pari a un tempo non superiore a due anni in seguito alla sentenza di condanna di primo grado e non superiore ad un anno in seguito a sentenza di appello di conferma della sentenza di condanna di primo grado, esteso anche al giudizio conseguente all’annullamento della sentenza con rinvio al giudice competente per l’appello cui può aggiungersi quello per cause già previste dall’art. 159 c.p. eventualmente sopravvenute.
In particolare, il nuovo periodo di sospensione decorre dalla scadenza dei termini per il deposito delle motivazioni (art. 544 cpp eventualmente prorogati in appello per un periodo massimo di 90 gg nel caso dell’art. 154 comma 4 bis disposizioni attuazione cpp) e quindi anche da prima che il fascicolo giunga presso la cancelleria del giudice competente per l’impugnazione ( come rileva in senso critico la lettera inviata al Ministro della Giustizia da 26 presidenti di Corte di Appello del 22 novembre 2023) ma viene computato ai fini della prescrizione quando la pubblicazione della sentenza intervenga dopo la scadenza del rispettivo termine di sospensione, ovvero nel caso di proscioglimento dell’imputato o di annullamento della condanna nella parte relativa all’accertamento della responsabilità ovvero di accertamento di nullità.
Nell’arco di sette anni sarebbe la quarta riforma sistematica della prescrizione dopo la legge Orlando (203/2017), la Buonafede (3/2019) e la Cartabia (134/2021). In mancanza di una disciplina transitoria chiara, coerente, adeguata e completa, sarà il Giudice a dovere risolvere le questioni intertemporali derivanti dalla successione di leggi nel tempo atteso che, in ragione della natura sostanziale della prescrizione (tra le tante, Corte Cost. 393/2006, 249/2010, 236/2011, 143/2014, 115/2018 o ordinanza 34/2009, 317/2000, 288/1999; CEDU 17 settembre 2009 Scoppola V. Italia), valgono i principi di irretroattività della legge sfavorevole e della retroattività della legge più favorevole al reo ( art. 25 comma 2 Cost. e 3 Cost.) e ordinario (art. 2 cp).
Al riguardo, seppure la riforma restituisce certezza ai termini di prescrizione in quanto fissati dal legislatore senza margine di discrezionalità per il giudice, diverse sono le variabili del calcolo aritmetico da considerare caso per caso tra nuove sospensioni e vecchie proroghe.
Non si torna, preliminarmente , al regime della legge 251/2005 in quanto si introduce un periodo di sospensione ivi non previsto che, dunque, almeno per i fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge 203/2017, non risulta applicabile in quanto con effetti sfavorevoli.
Per i fatti commessi dal 4 dicembre 2017 al 31 dicembre 2019 l’individuazione della legge più favorevole da applicare ex art. 2 comma 4 cp, fermo il divieto di procedere a una combinazione delle due discipline, dovrà compiersi secondo giudizio in concreto in quanto, da un lato, la legge 203/2017 prevede termini di sospensione più brevi in appello (una anno e 6 mesi anzichè due anni) ma, dall’altro, la nuova recupera la prescrizione ove la decisione non sia assunta entro i termini.
Quanto ai fatti rientranti nelle leggi 3/2019 e 134/2021 ovvero commessi dal 1 gennaio 2020, la novella funge da lex mitior ex art. 2 comma 4 cp in quanto reintroduce la prescrizione nei giudizi di impugnazione da dichiararsi nuovamente (articolo 129 cpp).
Ciò dovrebbe valere anche per i reati con termine di prescrizione residuo superiore in concreto a quello di improcedibilità a norma dell’art. 344 bis cpp (due anni in appello e uno in Cassazione, peraltro allungati in via transitoria rispettivamente a tre e due per le impugnazioni proposte sino al 31 dicembre 2024) rispetto ai quali la disciplina ora abrogata, pure risultando di fatto più favorevole, al netto di eventuali proroghe, non potrebbe applicarsi in virtù della sua natura processuale (così già cass., sez VII; 23/11/22 n° 49177; sez. V, 5/11/21 n° 334; sez. VII; 19/11/21 n° 43883), salvo che il principio del tempus regit actum venga applicato con riguardo al momento non della commissione del reato bensì della presentazione dell’appello o del ricorso in Cassazione.
Tesi, questa, che, ogniqualvolta il termine di prescrizione risulti più lungo di quello della improcedibilità, potrebbe essere ora riproposta in sede difensiva per assimilazione sostanziale, nell’ottica dell’imputato, tra gli effetti della ripristinata prescrizione del reato e della ormai superata prescrizione del processo, stante la ratio di fondamentale garanzia sottesa all’art. 25 Cost. anche perchè, in effetti, il termine massimo di prescrizione della legge 251/2005, sia pur ora decorrente anche nei giudizi di impugnazione con aggiunta del termine di sospensione e suo computo retroattivo in caso di mancato rispetto dei termini di decisione, non viene complessivamente intaccato dalla riforma nel suo quantum che tra interruzioni (art. 161 cp) e raddoppi (art. 157 comma 6 cp) può in teoria ancora raggiungere, ad esempio i 20 anni per corruzione in atti giudiziari aggravata o stersione aggravata, 30 anni per disastro ambientale, 48 anni per maltrattamenti seguiti da morte, 60 anni per sequestro di persona e 72 anni per associazione di stampo mafioso (tanto che, nel proporre già una disciplina analoga a quella ora in corso di approvazione, la Commissione Lattanzi l’aveva accompagnata alla previsione di rimedi compensatori e risarcitori per violazione del diritto a un processo di ragionevole durata).
Necessariamente irretroattiva sarà l’efficacia dell’estensione ai delitti di lesioni personali (art. 582 cp) e deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti del viso (art. 583 quinquies cp) nelle ipotesi aggravate di cui all’art. 585 limitatamente ai casi previsti dagli artt 576 comma 1 n° 2, 5 e 5.1 e 577 comma 1 n° 1 e comma 2 cp nonchè atti persecutori (art. 612 bis cp) dell’aumento massimo sino alla metà del termine di prescrizione a seguito di interruzione di cui al novellato art. 161 comma 2 cp.
La riforma lascia invece impregiudicata la disciplina della prescrizione nel reato continuato o del termine massimo in caso di interruzione per i recidivi reiterati e per i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, così come quella relativa al blocco della prescrizione a seguito di contestazione all’ente dell’illecito amministrativo da reato stabilita all’art. 22 comma 4 DLGS 231/2001.