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Non è truffa la condotta del difensore che ottiene un acconto e non avvia la causa

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Reati contro il patrimonio

Truffa

Non è truffa la condotta del difensore che ottiene un acconto e non avvia la causa

venerdì 16 febbraio 2024

di Crimi Salvatore Avvocato Cassazionista in Torino

La sentenza della Cassazione penale, Sez. II, 9 febbraio 2024, n. 5888 in esame si occupa del delitto di truffa nei rapporti di prestazione d’opera professionale e afferma che la condotta decettiva deve essere stata la causa dell’atto dispositivo dannoso, laddove gli acconti pregressi non configurano ingiusto profitto, dovendo la condotta fraudolenta essere un prius e non già un posterius.

Cassazione penale, Sez. II, sentenza 9 febbraio 2024, n. 5888

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen., Sez. II, 22/3/2011, n. 17106

Cass. pen., Sez. II, 11/11/2014, n. 49472

Difformi Non si rinvengono precedenti

Il caso concerne l’ottenimento di compensi da parte del professionista.

Occorre però prodromicamente osservare quanto segue in ordine alla norma incriminatrice.

Il protocollo di tipicità della fattispecie prevede (1) una condotta artificiosa, da intendersi quali simulazione o dissimulazione operata sulla realtà esterna capace di creare nella vittima una falsa rappresentazione della realtà stessa, ovvero raggirante, consistente in proposizioni menzognere corredate di un ingegnoso avvolgimento di parole od argomentazioni atte a far scambiare il falso per il vero. E tale condotta, pertanto, deve essere idonea a creare nel destinatario un motivo all’agire fondato su una falsa convinzione o su analogo fatto motivante.

Vi è poi (2) un primo evento psico-naturalistico, consistente nello stato di errore indotto nella vittima da parte dell’agente, quale conseguenza della sua condotta ingannatoria.

L’ulteriore evento (inteso in senso giuridico però) consiste (3) nell’atto di disposizione patrimoniale, quale elemento implicito ma indefettibile della fattispecie, produttivo di un danno nella sfera patrimoniale del soggetto passivo e di un ingiusto profitto per l’autore del reato.

Nella concreta situazione di vita i giudici di merito hanno riqualificato in truffa la originaria imputazione di patrocinio infedele.

La Suprema Corte di Cassazione ha evidenziato che la Corte territoriale, come pure il primo Giudice, avrebbero dovuto prendere in esame tutte le condotte e accertare quali condotte decettive furono causa di atti dispositivi.

In particolare, la sussumibilità della condotta nella fattispecie astratta incriminatrice della truffa deve escludersi nelle condotte raggiranti successive all’unico acconto erogato al professionista, poiché il profitto è ingiusto in quanto conseguenza di atto dispositivo del soggetto indotto in errore mediante artifici e raggiri.

Certamente la condotta raggirante che fu esplicata all’unico fine di mascherare l’omesso svolgimento dell’incarico professionale, pur a fronte del (però) precedente acconto sui compensi, non è perciò penalmente rilevante ove non sia stata causa di ulteriore atto dispositivo.

Non integra, pertanto, il reato di truffa la condotta dell’avvocato che si faccia dare un’anticipazione sugli onorari al momento dell’assunzione di un incarico giudiziale e che poi non dia inizio al contenzioso, ponendo in essere raggiri per tacitare la richiesta di informazioni sull’andamento della controversia e quindi per evitare la restituzione di quanto indebitamente percepito, dal momento che la condotta fraudolenta, ai fini dell’integrazione della fattispecie, non può essere successiva alla ricezione dell’ingiusto profitto (Cass. pen., Sez. II, sentenza, 22/3/2011, n. 17106).

In tal caso si versa in ipotesi di mero inadempimento civilistico, con i risvolti deontologici del caso.

Integra, invece, il reato di truffa la condotta del consulente fiscale che, non avendo onorato gli adempimenti tributari nell’interesse del cliente, rappresenti falsamente a quest’ultimo di averlo fatto, tanto da indurlo a rinnovargli l’incarico professionale fiduciario e a continuare a versargli il compenso pattuito, ravvisandosi in esso l’elemento tipico dell’ingiusto profitto (v. Cass. pen., Sez. II, 11/11/2014, n. 49472).

Riferimenti normativi:

Art. 380 c.p.

Art. 640 c.p.

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