Procedura penale
Processo penale
Arresti domiciliari e Cartabia: niente obbligo di elezione di domicilio per la notifica della citazione
venerdì 09 febbraio 2024
a cura della Redazione Wolters Kluwer
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., l’appello proposto da un imputato avverso la sentenza emessa dal Tribunale che lo aveva condannato per reati in materia di stupefacenti, la Corte di Cassazione penale, Sez. III, con la sentenza 31 gennaio 2024, n. 4233 – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui erroneamente i giudici aveva dichiarato inammissibile l’appello difettando il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio ai finii della notificazione del decreto di citazione a giudizio – ha affermato il principio secondo cui, in tema di impugnazioni, l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., introdotto dalla c.d. riforma “Cartabia”, che, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, richiede, a pena d’inammissibilità, il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata unitamente all’atto d’impugnazione, non opera nel caso in cui l’imputato impugnante sia detenuto, anche se in regime di arresti domiciliari.
Cassazione penale, Sez. III, sentenza 31 gennaio 2024, n. 4233
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen., Sez. II, 28/6/2023, n. 33355 |
Difformi | Cass. pen., Sez. IV, 8/6/2023, n. 41858 |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 581, c.p.p., sotto la rubrica «Forma dell’impugnazione», stabilisce per quanto qui di interesse che “1-ter. Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
1-quater. Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”.
I predetti commi sono stati aggiunti dall’art. 33, comma 1, lett. d), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, attuativo della c.d. riforma Cartabia, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 99-bis, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 150/2022, aggiunto dall’art. 6, comma 1, D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199.
L’art. 89, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 150/2022, dettando la disciplina transitoria, ha così disposto: «3. Le disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto. Negli stessi casi si applicano anche le disposizioni dell’articolo 175 del codice di procedura penale, come modificato dal presente decreto».
Tanto premesso, nel caso in esame, l’appello proposto dall’imputato, ristretto agli arresti domiciliari, era stato dichiarato inammissibile dalla Corte d’appello, per il mancato contestuale deposito, unitamente all’atto di impugnazione, dell’elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
Ricorrendo in Cassazione, la difesa ne sosteneva l’erroneità, per aver la Corte ritenuto applicabile, anche alla fattispecie in esame (in cui l’’imputato si trova ristretto agli arresti domiciliari), la disposizione introdotta al comma 1-ter dell’art. 581 c.p.p., che prevede come visto – a pena di inammissibilità dell’appello – l’obbligo di contestuale deposito della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. Al riguardo, si richiamava il recente indirizzo interpretativo della Suprema Corte, secondo cui tale obbligo non opera nelle fattispecie in cui l’appellante risulta detenuto: indirizzo ritenuto dalla difesa applicabile anche nella fattispecie in esame, alla luce di quanto chiarito dalle Sezioni Unite in ordine all’obbligo di notifica a mani proprie del detenuto, anche qualora questi sia ristretto in un luogo diverso da un istituto penitenziario.
La Cassazione, nell’accogliere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, la S.C. ha ritenuto che la tesi sostenuta dalla difesa, secondo cui tale disposizione non si applica qualora il reo si trovi in stato di detenzione, trova un chiarissimo avallo nella giurisprudenza nettamente maggioritaria della Suprema Corte. Si è in particolare affermato, per un verso, che «in tema di impugnazioni, l’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. (introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 ed applicabile alle impugnazioni proposte avverso le sentenze emesse in data successiva all’entrata in vigore del citato decreto), che, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, richiede, a pena d’inammissibilità, il deposito della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata unitamente all’atto d’impugnazione, non opera nel caso in cui l’imputato impugnante sia detenuto» (Cass. pen., Sez. II, n. 33355 del 28/6/2023, Q., CED Cass. 285021 – 01).
In senso conforme, tra le altre, cfr. Cass. pen., Sez. II, n. 38442 del 13/9/2023, T.I., CED Cass. 285029 – 01, secondo la quale «in tema di impugnazioni, nel caso in cui l’imputato sia detenuto al momento della proposizione del gravame, non opera, nei suoi confronti, la previsione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., novellato dall’art. 33, comma 1, lett. d), del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito, unitamente all’atto di impugnazione, della dichiarazione o elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, posto che tale adempimento risulterebbe privo di effetto in ragione della vigenza dell’obbligo di procedere alla notificazione a mani proprie dell’imputato detenuto e comporterebbe la violazione del diritto all’accesso effettivo alla giustizia sancito dall’art. 6CEDU».
Tra le sentenze inedite, cfr. tra le altre, nello stesso senso, Cass. pen., Sez. II, n. 51273 del 10/11/2023, S.; Cass. pen., Sez. VI, n. 47172 del 31/10/2023, A.; Cass. pen., Sez. II, n. 51718 del 30/11/2023, R.).
Di contro, un contrapposto orientamento, sostiene invece che «in tema di impugnazioni, la causa di inammissibilità prevista dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per il caso di omesso deposito, da parte dell’imputato appellante, della dichiarazione o dell’elezione di domicilio richiesta ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, opera anche nei confronti dell’appellante sottoposto agli arresti domiciliari, al quale la notifica deve essere eseguita ai sensi dell’art. 157 c.p.p.» (Cass. pen., Sez. IV, n. 41858 del 8/6/2023, A., CED Cass. 285146 – 01, la quale, in motivazione, ha precisato che la nuova disposizione costituisce, per collocazione sistematica, norma generale sulle impugnazioni, non derogabile in ragione dello stato di detenzione dell’imputato al momento della proposizione del gravame).
Per la S.C., in particolare, appaiono convincenti i rilievi che, proprio sul piano sistematico, sono stati sviluppati nella prima sentenza dell’opposto indirizzo precedentemente richiamato. Si è in particolare osservato (§ 2.1 della motivazione) che «l’art. 157-ter, comma 3, c.p.p., riguardante (come precisato inequivocabilmente dalla rubrica) le notificazioni degli atti introduttivi dei giudizi agli imputati non detenuti, si preoccupa di stabilire espressamente, come premesso, che ‘In caso di impugnazione proposta dall’imputato o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è sempre eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ai sensi dell’articolo 581, commi 1-ter e 1-quater’. Se la disposizione di cui all’art. 581-comma 1-ter, avesse, rispetto al sistema generale delle notificazioni delineato dagli artt. 156 e seguenti c.p.p., natura di lex specialis universalmente applicabile, la disposizione di cui all’art. 157-ter, comma 3, sarebbe inutile, ovvero priva di portata precettiva, il che all’interprete non è consentito ritenere. Per altro verso, l’interprete deve necessariamente prendere atto del fatto che la disposizione di cui all’art. 157-ter, comma 3, non è stata riproposta anche in riferimento alle notificazioni all’imputato detenuto (l’art. 156 c.p.p. non è stato, infatti, oggetto di analoga novellazione), e ciò già di per sé induce a ritenere che, in caso di impugnazione proposta dall’imputato detenuto o nel suo interesse, la notificazione dell’atto di citazione a giudizio nei suoi confronti non va eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto, ai sensi dell’articolo 581, commi 1-ter e 1-quater».
Anche sulla scorta di tali considerazioni sistematiche è stato quindi ribadito l’indirizzo maggioritario elaborato dalla Suprema Corte. Per altro verso, la necessità di applicare il principio espresso dall’orientamento qui appena illustrato anche alle ipotesi – come quella in esame – in cui l’impugnante sia detenuto agli arresti domiciliari, trae fondamento dall’insegnamento delle Sezioni Unite secondo cui «le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio» (Cass. pen., Sez. Un., n. 12778 del 27/2/2020, S., CED Cass. 278869, la quale, in motivazione, ha precisato che tale disciplina deve trovare applicazione anche nei confronti dell’imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confronti del detenuto ‘per altra causa’). Nessun dubbio può invero prospettarsi, sulla scorta di quanto affermato dal Supremo Consesso, sulla impossibilità di distinguere – ai fini che qui specificamente rilevano – tra un imputato detenuto in carcere ed uno ristretto agli arresti domiciliari, anche al fine di evitare possibili violazioni dell’art. 6 CEDU.
Da qui, dunque, l’accoglimento del ricorso.
Riferimenti normativi:
Art. 581, comma 1-ter c.p.p.
Art. 581, comma 1-quarter c.p.p.