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Inammissibile il ricorso depositato in fase transitoria “Cartabia” presso un indirizzo non abilitato

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Procedura penale

Processo penale telematico

Inammissibile il ricorso depositato in fase transitoria “Cartabia” presso un indirizzo non abilitato

mercoledì 07 febbraio 2024

a cura della Redazione Wolters Kluwer

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la ordinanza con cui la Corte d’appello aveva dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 87-bis, comma 7, D.Lgs n. 150/2022, il ricorso per cassazione presentato nell’interesse del condannato in sede di appello, in quanto depositato presso un indirizzo “pec” non compreso tra quelli certificati dal Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati e pubblicati sul portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia, la Corte di Cassazione penale, Sez. II, con la sentenza 2 febbraio 2024, n. 4791 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui solo l’inosservanza del termine di presentazione dell’impugnazione può determinare l’inammissibilità dell’impugnazione, non anche il diverso “luogo di presentazione” – ha affermato il principio secondo cui l’art. 87-bisD.Lgs n. 150/2022 prevede uno specifico caso di inammissibilità, che non può essere oggetto di interpretazioni dirette a valorizzare la capacità del deposito illegittimo di raggiungere “sostanzialmente” lo scopo a cui l’atto di ricorso è diretto. Ne discende, pertanto, che il deposito a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati, all’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, deve essere dichiarato inammissibile.

Cassazione penale, Sez. II, sentenza 2 febbraio 2024, n. 4791

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Non si rinvengono precedenti
Difformi Cass. pen., Sez. Un., 24/9/2020, n. 1626 dep. 2021

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che, in attesa dell’entrata a regime del «portale del processo telematico», ancora in via di sperimentazione, le comunicazioni tra parti private ed uffici giudiziari sono state regolate, in via transitoria, dall’art. 87-bisD.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, inserito in sede di conversione con modificazioni dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199.

Tale disposizione, al comma 1, stabilisce che, sino all’entrata a regime del processo penale telematico, è consentito il deposito con valore legale, effettuato presso gli indirizzi “pec” degli uffici giudiziari destinatari, «indicati in apposito provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati, pubblicato nel portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia».

Ai commi 3, 4 e 6, si prevede che l’atto di impugnazione – che non sia una richiesta di riesame o l’appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali o reali – debba essere trasmesso secondo le modalità indicate dal citato provvedimento del DGSIA di cui comma 1, all’indirizzo “pec” dell’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, del pari «individuato ai sensi del comma 1».

La norma transitoria prevede anche delle specifiche ipotesi di inammissibilità. Segnatamente, stabilisce che l’impugnazione è inammissibile: «b) quando l’atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui al comma 1; c) quando l’atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro provvedimenti resi in materia di misure cautelari, personali o reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1, all’ufficio competente a decidere il riesame o l’appello».

L’art. 87-bisD.Lgs n. 150/2022 prevede, dunque, uno specifico caso di inammissibilità, che non può essere oggetto di interpretazioni dirette a valorizzare la capacità del deposito illegittimo di raggiungere “sostanzialmente” lo scopo a cui l’atto di ricorso è diretto. Le ragioni di tale scelta ermeneutica si dipartono dall’art. 12 preleggi, che nel dettare le principali regole di interpretazione, dispone che nell’applicare la legge «non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore».

Ritenere che sia ammissibile il ricorso depositato presso un indirizzo di posta elettronica non abilitato a riceverle potrebbe derivare da una valorizzazione del favor impugnationis, ovvero del diritto fondamentale dell’imputato ad impugnare (hanno valorizzato il principio Cass. pen., Sez. V, n. 41082 del 19/9/2014, S., CED Cass. 260766; Cass. pen., Sez. VI, n. 9093 del 14/1/2013, L., CED Cass. 255718); la valorizzazione di tale regola secondo le Sezioni Unite «non può, tuttavia, tradursi nell’attribuzione al diritto vivente di una potestà integrativa della voluntas legis, né quindi consentire l’individuazione di diverse forme di presentazione del ricorso rispetto a quelle volute dal legislatore» (Cass. pen., Sez. Un., n. 1626 del 24/9/2020, dep. 2021, B., CED Cass. 280167 – 01).

Nella stessa pronuncia si è altresì affermato che in presenza di un univoco tenore letterale della norma deve ritenersi precluso il ricorso ad un’interpretazione “adeguatrice”. Mentre nel caso di dubbio circa la sua conformità ai principi costituzionali o convenzionali internazionali, si dovrebbe necessariamente lasciare spazio unicamente al sindacato di legittimità costituzionale (ex plurimis, Corte cost. n. 82/2017).

Si è già rilevato, infatti, che la stessa Corte Edu riconosce agli Stati ampio margine di apprezzamento, tale da consentire anche la imposizione di requisiti formali rigorosi per l’ammissibilità dell’impugnazione, ma a condizione che le restrizioni applicate non limitino l’accesso aperto all’individuo in una maniera o a un punto tali che il “diritto a un tribunale” risulti pregiudicato nella sua stessa sostanza (in tal senso, CEDU, Garda Manibardo c. Spagna, n. 38695/97, § 36; CEDU M. c. Francia, n. 42195/98, § 33 e CEDU T. c. Italia n. 32610/07, § 36).

È vero che le Sezioni unite “Bottari” hanno affermato che solo l’inosservanza del termine di presentazione determina l’inammissibilità del ricorso, mentre se l’impugnazione è presentata presso un “ufficio diverso” da quello indicato dalla legge, il ricorrente si assume il rischio che la stessa sia dichiarata inammissibile per tardività, in quanto la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività è quella in cui l’atto perviene all’ufficio competente a riceverlo. Tale interpretazione valorizza il sostanziale “raggiungimento dello scopo” di una impugnazione cautelare irritualmente presentata nella cancelleria del giudice non competente a riceverla, ma tempestivamente trasmessa a quella del giudice competente: essa è, tuttavia – ed il dato è decisivo – riferita al deposito in luoghi “fisici”, e non a quello in luoghi “telematici”. Il “percorso telematico” del ricorso risulta, ad oggi, disciplinato analiticamente dal legislatore, che ha individuato sia le caratteristiche dell’indirizzo di posta emittente (quella certificata del difensore), che dell’indirizzo di posta ricevente (individuati dal DGSIA). Dunque, l’interpretazione sostanzialistica non può più essere ritenuta perseguibile.

Tanto premesso, nel caso in esame, la difesa aveva presentato il ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello o presso un indirizzo “pec” non compreso tra quelli certificati dal Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati e pubblicati sul portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia. La difesa, valorizzando la richiamata interpretazione “sostanzialistica”, ne aveva denunciato l’erroneità, osservando come il ricorso spedito a mezzo “pec”, con firma certa, al giudice a quo, assicurerebbe la certezza sia del compimento dell’atto che della sua provenienza, sicché solo l’inosservanza del termine di presentazione dell’impugnazione ne determinerebbe l’inammissibilità, non anche il diverso “luogo di presentazione”, ove comunque l’atto pervenga tempestivamente nella cancelleria del giudice individuato ex lege, in tal modo raggiungendo il proprio scopo. Si tratterebbe di interpretazione conforme anche alla più recente giurisprudenza della Corte EDU, espressa dalla sentenza Succi e altri c. Italia, e sarebbe stata accolta dalla Corte di cassazione (si richiamava Cass. pen., Sez. V, n. 26465 del 26/4/2022, A. S.r.l. relativa al regime normativo relativo al periodo di emergenza Covid, sostanzialmente replicato dall’art. 87-bisD.Lgs n. 150/2022).

La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, ha osservato la S.C., pur nella consapevolezza dell’esistenza di un contrario orientamento, la previsione di un nuovo sistema di comunicazione tra parti ed uffici giudiziari è sorretta da una ratio di semplificazione delle comunicazioni e di accelerazione degli incombenti di cancelleria che osta ad ogni intervento interpretativo che attenui il rigore delle cause di inammissibilità individuate tassativamente dal legislatore (Cass. pen., Sez. V, n. 26465 del 26/4/2022, inedita).

Proprio in considerazione del fatto che il Legislatore ha previsto la massima sanzione processuale per il mancato adempimento delle regole imposte in materia di presentazione dell’impugnazione, secondo la Cassazione non risultano percorribili interpretazioni abroganti o latamente correttive, che valorizzando l’idoneità della notifica al “raggiungimento dello scopo”, invece che orientare verso la semplificazione si risolvono nella complicazione dell’accertamento processuale e nella dilatazione dei relativi tempi di definizione. Legittimare la possibilità di scrutinare, caso per caso, l'”effettività” dell’inoltro del ricorso presso indirizzi di posta non abilitati implicherebbe, infatti, per i Supremi Giudici, l’affidamento della legittimità della progressione processuale ad imprevedibili – in quanto non imposti dal Legislatore – controlli della cancelleria su caselle di posta non abilitate al ricevimento delle impugnazioni. E, in tal modo, si contravviene alla ratio di semplificazione delle comunicazioni e di accelerazione dell’iter processuale che informa la revisione delle regole del processo penale effettuata dal D.Lgs. n. 150/2022 dell’impugnazione, secondo la Cassazione non risultano percorribili interpretazioni abroganti o latamente correttive, che valorizzando l’idoneità della notifica al “raggiungimento dello scopo”, invece che orientare verso la semplificazione si risolvono nella complicazione dell’accertamento processuale e nella dilatazione dei relativi tempi di definizione. Legittimare la possibilità di scrutinare, caso per caso, l'”effettività” dell’inoltro del ricorso presso indirizzi di posta non abilitati implicherebbe, infatti, per i Supremi Giudici, l’affidamento della legittimità della progressione processuale ad imprevedibili – in quanto non imposti dal Legislatore – controlli della cancelleria su caselle di posta non abilitate al ricevimento delle impugnazioni. E, in tal modo, si contravviene alla ratio di semplificazione delle comunicazioni e di accelerazione dell’iter processuale che informa la revisione delle regole del processo penale effettuata dal d.lgs. n. 150 del 2022.

Da qui, dunque, l’inammissibilità del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. 87-bisD.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150

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