Stupefacenti
L’uso abituale di sostanze stupefacenti non integra lo stato di tossicodipendenza
venerdì 09 febbraio 2024
di Verderosa Antonio Già Tirocinante presso il Tribunale di Salerno
La Corte di Cassazione penale, Sez. I, con la sentenza 30 gennaio 2024, n. 3805 dichiara la non applicabilità dell’affidamento in prova di cui all’art. 94D.P.R. n. 309/1990 nel caso in cui venga semplicemente allegato da parte del richiedente il consumo abituale di sostanze stupefacenti. Infatti, tale status patologico è elemento necessario ma non sufficiente ad integrare la condizione di tossicodipendenza richiesta dalla norma per l’applicazione della misura.
Cassazione penale, Sez. I, sentenza 30 gennaio 2024, n. 3805
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen., Sez. IV, 10/5/2017, n. 27575
Cass. pen., Sez. VI, 24/10/2018, n. 54068 Cass. pen., Sez. II, 22/4/2021, n. 24119 |
Difformi | Cass. pen., Sez. VI, 26/3/2009, n. 16037 |
Con la sentenza n. 3805/2024 la Prima Sezione penale della Corte di Cassazione prende posizione sul contrasto giurisprudenziale in relazione alla equiparabilità delle nozioni di uso abituale di sostanze stupefacenti e stato di tossicodipendenza ai fini dell’applicabilità dell’affidamento terapeutico di cui all’art. 94D.P.R. 309/90.
La pronuncia origina dal ricorso per Cassazione presentato avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma con cui si rigettava l’istanza del ricorrente volta ad ottenere l’affidamento in prova in casi particolari di cui all’art. 94D.P.R. n. 309/90. Nello specifico, l’interessato, detenuto in carcere a seguito di condanna per il reato di cui all’art. 73, comma 1, D.P.R. n. 309/90, chiedeva l’applicazione della misura in quanto consumatore di cocaina, allegando apposita documentazione. Il Tribunale, tuttavia, decideva per il rigetto dell’istanza, da un lato, sulla base della persistente ed attuale pericolosità sociale dell’interessato, dall’altro, ritenendo che l’allegato disturbo da uso di cocaina non fosse sufficiente ad integrare la condizione di tossicodipendenza richiesta dalla norma per l’affidamento in prova.
Conseguentemente, l’interessato proponeva ricorso per cassazione lamentando il vizio di motivazione del provvedimento e l’erronea applicazione dell’art. 94D.P.R. n. 309/90 in relazione alla sussistenza degli elementi dimostrativi dello stato di tossicodipendenza. A giudizio del ricorrente, tra le espressioni “consumatore abituale di sostanze stupefacenti” e “tossicodipendente” vi sarebbe una sostanziale equivalenza semantica, dal momento che il consumo abituale è condotta che chiarisce concettualmente il significato dello stato di tossicodipendenza. A sostegno di tale argomentazione, vengono richiamati non solo numerosi precedenti giurisprudenziali, ma soprattutto la disposizione di cui all’art. 89, comma 2, D.P.R. n. 309/90, che equipara espressamente «lo stato di tossicodipendenza» e «l’uso abituale di sostanze stupefacenti», considerandoli quale unico elemento da accertare per sostituire la custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari unitamente al trattamento in comunità terapeutica.
Inoltre, le conclusioni raggiunte sarebbero confermate anche dalle statuizioni della comunità scientifica in materia, a rigor delle quali uso abituale di sostanze stupefacenti e stato di tossicodipendenza sono riconducibili alla categoria dei “disturbi da dipendenza e correlati all’uso di sostanze” e si distinguerebbero solo per la gravità del disturbo.
Tanto premesso, la Suprema Corte ritiene il ricorso infondato, confutando le argomentazioni difensive. In primo luogo, i giudici di legittimità non ritengono di condividere l’orientamento giurisprudenziale secondo cui le nozioni di stato di tossicodipendenza e di uso continuativo di sostanze stupefacenti andrebbero considerate come sinonimi in quanto espressivi di un medesimo “status” patologico.
Diversamente, a giudizio della Corte, non sussiste equipollenza tra i due concetti, trattandosi «di categorie distinte, aventi autonomo riconoscimento normativo e […] tra loro non omologabili». Infatti, l’uso abituale di sostanze stupefacenti è condizione essenziale ma non sufficiente a configurare lo stato di tossicodipendenza che legittimerebbe il ricorso alla misura di cui all’art. 94D.P.R. n. 309/90. Tale misura sarebbe, tra l’altro, ancor meno giustificabile in ipotesi di uso saltuario, ove non si dimostri una condizione di abuso che vada oltre la mera assunzione occasionale.
Né coglie nel segno il riferimento alle catalogazioni generali in materia della medicina diagnostica, che differenzia le patologie solo in base alla gravità con cui si manifestano. Infatti, vanno comunque tenuti in debito conto i criteri utilizzati nel c.d. DSM-5 (“Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali”), richiamato dalla difesa, per cui la diagnosi della patologia va accertata in concreto dalla sussistenza di un differente numero di sintomi a seconda della gravità del disturbo. Conseguentemente, è confermato che lo stato di tossicodipendenza non può essere integrato da un uso non continuativo delle sostanze, dal momento che tale assunzione non genera una condizione di concreta dipendenza.
Tornando al caso in specie, stanti le motivazioni non illogiche del Tribunale di sorveglianza, unitamente alla considerazione per cui nella documentazione presentata dall’istante non vi è neanche riferimento ad una condizione di uso abituale di sostanze stupefacenti, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Riferimenti normativi: