Procedura penale
Giudizio abbreviato
Niente remissione in termini per ottenere il nuovo sconto di pena
giovedì 07 marzo 2024
di Minnella Carmelo Avvocato in Catania e Cultore di Diritto Penitenziario dell’Università degli Studi di Catania
La Sesta Sezione della Corte di cassazione penale, con la sentenza 23 febbraio 2024, n. 8115 dichiara inammissibile il ricorso col quale il difensore dell’imputato aveva richiesto la remissione in termini per proporre giudizio abbreviato, formulata con motivo aggiunto, alla luce dello ius superveniens dell’introdotto sconto di un sesto della pena in caso di mancata impugnazione della sentenza di condanna in abbreviato, previsto dalla riforma Cartabia.
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 23 febbraio 2024, n. 8115
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen., Sez. I, n. 51180/2023 |
Difformi | Cass. pen., Sez. II, n. 4237/2024 |
Il ricorrente aveva rappresentato al giudice di appello che, qualora fosse stata ammesso al rito alternativo, avrebbe rinunciato a tutti gli altri motivi di appello, con evidente deflazione del processo in corso, a cui si ispira la riduzione di pena di cui all’aggiunto comma 2-bis dell’art. 442 c.p.p.
Diversa la prospettiva ermeneutica nella quale si muove, invece, la sentenza n. 8115/2024 di Cassazione la quale – ponendosi nel solco tracciato da precedenti arresti – ritiene che la novella non si applica retroattivamente ai procedimenti penali pendenti in fase di impugnazione né a quelli definiti con sentenza divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2022, essendo soggetto al principio del tempus regit actum.
Per i giudici di legittimità, tale lettura non viola il principio di retroattività della lex mitior, che riguarda le sole disposizioni che definiscono i reati e le pene che li sanzionano (mentre l’art. 442, comma 2-bis, c.p.p. ha natura mista, cioè processuale e sostanziale), né quelli di uguaglianza e di responsabilità penale, in quanto il trattamento sanzionatorio difforme tra chi nel corso del primo grado ha optato per il rito dibattimentale e colui che, invece, ha chiesto il giudizio abbreviato e poi non ha presentato impugnazione avverso la relativa condanna non può essere percepito come ingiusto, in quanto conseguenza di diverse scelte processuali.
Quanto alla prospettata rinuncia ai motivi di appello – chiosano i giudici della sentenza in commento – «è sufficiente rilevare che l’atto abdicativo, mai presentato, non potrebbe comunque porre nel nulla il giudizio di appello che si è già svolto».
Alla luce del rilevato percorso argomentativo, la sentenza n. 8115/2024 ritiene corretta la decisione della Corte di appello di rigettare la richiesta del ricorrente, tesa a ottenere la restituzione nel termine per proporre giudizio abbreviato, al fine di usufruire della riduzione di pena, prevista dall’art. 442, comma 2-bis, c.p.p.
In sostanza, la riduzione spetta solo nel caso di «radicale mancanza dell’impugnazione» e non anche nel caso di rinuncia all’impugnazione già proposta (Cass. pen., Sez. I, n. 51180/2023) o, a fortiori – come nel caso odierno portato dinanzi all’attenzione della Suprema Corte – di restituzione nel termine per cambiare la strada processuale con la richiesta di giudizio abbreviato.
Invero si tratta di situazioni diverse: quest’ultima esula chiaramente dall’ambito di applicazione del nuovo art. 442, comma 2-bis, c.p.p.
Diversa la fattispecie in cui l’imputato abbia scelto il rito abbreviato, abbia impugnato la sentenza di condanna e, sopraggiunto lo ius novum, voglia rinunciare al gravame per poter usufruire dello sconto di pena.
La sentenza apripista dell’orientamento sposato dalla pronuncia in commento si riferisce proprio a quest’ultima ipotesi: Cass. pen., Sez. I, n. 16054/2023, per la quale la diminuente in oggetto non si applica retroattivamente e non può essere chiesta nessuna restituzione nel termine per rinunciare al gravame posto che l’atto che impedisce l’accesso alla riduzione di pena è già stato compiuto e ha incardinato la fase dell’impugnazione, segmento che la norma premiale vuole evitare.
Si tratterebbe di una contraddizione logica interna alla prospettazione difensiva che vorrebbe riavvolgere il nastro del processo, eliminando una intera fase processuale solo perché la parte pretende di revocare, ora per allora, l’atto di impugnazione che ha validamente proposto (sempre Cass. pen., Sez. I, n. 16054/2023).
La riduzione di un sesto, ricordano i giudici di legittimità, si ricollega al principio del tempus regit actum, secondo le preziose indicazioni fornite da Cass. pen., Sez. Un., n. 27614/2007, Lista. L’actus che costituisce lo spartiacque della irretroattività della legge successiva è, in questo caso, l’atto di impugnazione (con effetti istantanei) che ha una propria autonomia e dà avvio alla successiva fase di impugnazione. Pertanto, la condizione processuale attinente al novum legislativo attiene all’irrevocabilità della sentenza di primo grado per mancata proposizione dell’impugnazione, condizione può ravvisarsi unicamente per le sentenze di primo grado che siano divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore della riforma Cartabia, anche se pronunciate in data anteriore.
I giudici di legittimità escludono l’applicazione retroattiva, ai sensi dell’art. 25, comma 2, Cost., della diminuente di un sesto ex art. 442, comma 2-bis, c.p.p., richiamando, all’uopo, la giurisprudenza della Corte di Strasburgo per la quale le norme in materia di retroattività contenute nell’art. 7CEDU (quelle aventi vesti e sostanza penale) hanno una portata più circoscritta di quella interna e concerne le sole disposizioni che definiscono i reati e le pene che li reprimono.
In conclusione, secondo tale ricostruzione ermeneutica, i due elementi concorrenti che caratterizzano la condizione processuale per accedere alla condizione processuale sono: uno di tipo negativo (mancata presentazione dell’impugnazione) e l’altro di tipo positivo (l’irrevocabilità della sentenza). Quest’ultimo è il discrimen per l’applicazione della novella poiché è richiesto, per beneficare dell’ulteriore diminuente di un sesto, che l’impugnazione non sia stata proposta.
In verità, si registra qualche pronuncia di legittimità che, all’opposto, ammette l’applicazione retroattiva dello sconto di pena in caso di rinuncia all’impugnazione della sentenza in abbreviato, quantomeno nei procedimenti penali per i quali era stata già proposta impugnazione al momento dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2022 (Cass. pen., Sez. II, n. 4237/2024, anche se nella specie, il ricorso per cassazione viene ritenuto manifestamente infondato sul motivo dello ius novum in quanto «nel caso di specie il ricorso continua a coltivare in via principale motivi relativi al merito, che contestano l’affermazione di responsabilità del ricorrente, con la conseguenza che l’appello all’evidenza non risulta rinunciato. Tale circostanza impedisce l’applicazione dell’articolo 442, comma 2-bis, c.p.p., che presuppone una siffatta rinuncia»)
Tali conclusioni si fondano sulla diversa interpretazione dell’excursus relativo al progressivo ampliamento del perimetro del principio di retroattività della lex mitior, con riferimento alle norme penali sostanziali (anche grazie all’apporto della Corte EDU, a partire dalla sentenza Scoppola contro Italia del 17 settembre 2009). Si afferma, in particolare, che la riduzione di pena nella misura di un sesto, conseguente alla mancata impugnazione della sentenza di condanna emessa all’esito del giudizio abbreviato, incidendo sul trattamento sanzionatorio concreto, ha ricadute necessariamente sostanziali, la cui natura non muta nonostante siano collegate non all’illecito penale in sé, ma ad un comportamento successivo, consistente nel mancato esercizio di una facoltà processuale.
Pertanto, l’articolo 442, comma 2-bis, c.p.p., pur essendo disposizione processuale, comporta un trattamento sostanziale sanzionatorio più favorevole e si applica (a mente dell’art. 2, comma 4, c.p.) anche ai procedimenti penali per i quali era stata già proposta impugnazione al momento dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2022, come nel caso oggetto della relativa pronuncia, atteso che, incidendo sul trattamento sanzionatorio, in quanto ridetermina una ridefinizione della pena stessa, ha natura sostanziale (anche nella giurisprudenza di merito si è giunti, talvolta, a tali conclusioni: Trib. Bologna, 21/6/2023; Trib. Vasto, 23/1/2023).
Tale orientamento, per quanto allo stato minoritario, merita condivisione in quanto, com’è noto, tutte le norme che non solo qualificano il comportamento come reato, ma che ne stabiliscono la punizione in concreto e, quindi, l’an, il quantum e il quomodo delle conseguenze punitive devono soggiacere alla regola della irretroattività della legge sopravvenuta sfavorevole e della retroattività della legge sopravvenuta favorevole. In tali casi deve allora trovare applicazione il principio della retroattività della lex mitior, tenendo conto che la sentenza non è passata in giudicato.
Del resto, analogo principio è stato affermato dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento all’art. 442, comma 2, c.p.p., a seguito della novella apportata dalla L. n. 103/2017, nella parte in cui prevede che, in caso di condanna per una contravvenzione, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita della metà, anziché di un terzo come previsto dalla previgente disciplina. In particolare, è stato sostenuto che la disposizione di favore si applica anche alle fattispecie anteriori, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile, in quanto, pur essendo norma di carattere processuale, ha effetti sostanziali, comportando un trattamento sanzionatorio più favorevole seppure collegato alla scelta del rito (Cass. pen., Sez. IV, n. 5034/2019; Cass. pen., Sez. IV, n. 832/2017).
Le conclusioni cui giunge questo orientamento, contrapposto a quello della sentenza n. 8115/2024, consentono così di far valere la nuova più favorevole disciplina dall’imputato appellante avverso una sentenza di condanna di primo grado emessa all’esito di giudizio abbreviato che intenda ottenere quel beneficio rinunciando all’impugnazione avanzata prima della entrata in vigore della riforma Cartabia (il 30 dicembre 2022). Si realizzerà, in ogni caso, l’effettiva ratio della norma, ossia quella di risparmiare un ulteriore grado del processo concedendo il trattamento premiale all’imputato, ratio che verrebbe altrimenti frustrata dall’interpretazione opposta, che disincentiverebbe la rinuncia al mezzo di gravame.
Riferimenti normativi:
Art. 442, comma 2-bis, c.p.p.