Procedura penale
Condizioni di procedibilità
Inesistente la querela inoltrata dal difensore a mezzo PEC senza sottoscrizione autenticata
venerdì 08 marzo 2024
a cura della Redazione Wolters Kluwer
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui il giudice di pace aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti di un imputato per difetto di querela, avendola depositata la persona offesa del proprio difensore a mezzo PEC, ma senza autenticazione della sottoscrizione, la Corte di Cassazione penale, Sez. V, con la sentenza 29 febbraio 2024, n. 8920 – nel disattendere la tesi del PM secondo cui non è necessario, ai fini della validità della querela, che la sottoscrizione del querelante sia contestualmente autenticata dal difensore, rilevando solo che la sottoscrizione sia autentica, requisito certificato delle modalità di presentazione mediante PEC – ha invece affermato il principio secondo cui la querela spedita a mezzo posta (cui va equiparato l’inoltro a mezzo pec) deve essere munita di autenticazione della sottoscrizione proveniente da un soggetto a ciò legittimato a norma dell’art. 337, c.p.p., con la conseguenza che in mancanza di firma autenticata, l’istanza punitiva deve ritenersi inesistente.
Cassazione penale, Sez. V, sentenza 29 febbraio 2024, n. 8920
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen., Sez. II, 5/12/2014, n. 52601 dep. 2015 |
Difformi | Non si rinvengono precedenti |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 337, c.p.p., sotto la rubrica «Formalità della querela», prevede che “1. La dichiarazione di querela è proposta, con le forme previste dall’articolo 333 comma 2, alle autorità alle quali può essere presentata denuncia ovvero a un agente consolare all’estero. Essa, con sottoscrizione autentica, può essere anche recapitata da un incaricato o spedita per posta in piego raccomandato.
- Quando la dichiarazione di querela è proposta oralmente, il verbale in cui essa è ricevuta è sottoscritto dal querelante o dal procuratore speciale.
- La dichiarazione di querela proposta dal legale rappresentante di una persona giuridica, di un ente o di una associazione deve contenere la indicazione specifica della fonte dei poteri di rappresentanza.
- L’autorità che riceve la querela provvede all’attestazione della data e del luogo della presentazione, all’identificazione della persona che la propone e alla trasmissione degli atti all’ufficio del pubblico ministero”.
Controversa è l’interpretazione dell’aggettivo “autentica“, usato nel secondo periodo dell’art. 337, comma 1.
Per un orientamento minoritario, tale espressione starebbe a garantire la genuinità della firma, ma non richiederebbe che quest’ultima sia autenticata, perché il legislatore, laddove ha desiderato siffatta certificazione, ha usato il participio passato corrispondente (v. artt. 100, commi 1 e 2, 438, comma 3, 583 c.p.p. e 39 disp. att.). Secondo Cass. pen., Sez. II, 4/11/2002, F., in Mass. Uff., 223306, ai fini della validità della querela non occorre che l’identificazione del querelante avvenga a mezzo della esibizione di un documento di identificazione al pubblico ufficiale ricevente. Per la dottrina v. conf. Dinacci, Modalità di presentazione dell’atto di querela e poteri di accertamento del giudice dell’udienza preliminare sulla procedibilità, in CP, 1992, 769, 442.
Prevale, però, la tesi secondo cui la querela scritta, se è trasmessa per posta o a mezzo d’incaricato, dev’essere munita di firma autenticata, in quanto:
- a) la genuinità della sottoscrizione è requisito comune di tutti i negozi processuali, onde il termine “autentica”, se inteso come “genuina”, risulterebbe privo di contenuto normativo;
- b) l’art. 337, comma 1, primo periodo, rinviando alle forme previste dall’art. 333, comma 2, già impone la sottoscrizione dell’atto, onde l’art. 337, comma 1, secondo periodo, sarebbe superfluo, ove si limitasse a prevedere la semplice firma;
- c) l’autenticazione de qua corrisponde alla stessa esigenza d’identificare il proponente che ispira il comma 4 dell’articolo in commento con riferimento al caso in cui l’atto sia presentato personalmente;
- d) le gravi conseguenze determinate dalla querela a carico di chi in essa è indicato come autore d’un reato debbono comportare che alla medesima non si possa dar corso se non con particolare cautela, più specificamente, previa identificazione di chi la presenta ( pen., Sez. V, 25/5/1998, D. G., in ANPP, 1999, 80; Cass. pen., Sez. IV, 28/3/1996, A., in CP, 1997, 3425, 1868; Cass. Pen., Sez. II, 6/10/1994, Rasà, in CP, 1997, 166, 121; v. Cass. Pen., Sez. II, 16/9/2008, n. 38905, in CED Cassazione, 2008, per cui la querela inviata per posta o presentata da un incaricato deve essere munita di autenticazione della sottoscrizione proveniente da soggetto legittimato, e, dunque, anche dal difensore, pur se tacitamente nominato sempreché, in tale caso, la volontà di nomina sia ricavabile da altre dichiarazioni rese dalla parte nella querela, quale l’elezione di domicilio presso il difensore medesimo).
Più di recente, ma uniformandosi ad una precedente pronuncia, la Corte Costituzionale è intervenuta a dichiarare manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 2, 3 e 24 Cost., la questione di legittimità dell’art. 337, commi 2 e 3, nella parte in cui stabilisce che la querela, ove recapitata da un incaricato o spedita per posta in piego raccomandato, debba essere corredata dalla sottoscrizione “autentica” del querelante, ritenendo che in tal modo il legislatore abbia voluto evitare che la giurisdizione penale, in mancanza di qualsiasi verifica circa l’ autenticità della sottoscrizione del querelante, «possa mettersi inutilmente in movimento», e che la disposizione censurata introduce quindi una «ragionevole cautela resa necessaria dal mancato contatto tra il querelante e gli uffici deputati alla ricezione dell’atto» (Corte cost. 8/4/2004, n. 115, in GiC, 2004, 2; v. già, Corte cost. 29/6/1995, n. 287, in RPo, 1996, 17).
Peraltro, l’esegesi che richiede l’anzidetta autenticazione ha formato oggetto d’una questione di legittimità con riferimento agli artt. 24, comma 1, 112 Cost., in quanto, cioè, ne risulterebbero violati i princìpi per cui tutti possono agire in giudizio e di obbligatorietà dell’azione penale (P. Torino 7.10.1994, Lavarini, in ANPP, 1995, 217). La questione è stata rigettata dal Giudice delle leggi, secondo il quale la previsione dell’autenticazione non costituisce un’arbitraria limitazione del diritto di difesa, ma è una ragionevole cautela resa necessaria dal mancato contatto tra querelante e uffici deputati alla ricezione dell’atto (Corte cost. 29/6/1995, n. 287, L., in GP, 1996, I, 178).
Quanto alle conseguenze della mancata autenticazione, si è parlato, talora, d’inesistenza (Cass. pen., Sez. II, n. 52601 del 5/12/2014, dep. 2015, CED Cass. 261631), talaltra, genericamente, d’invalidità (Cass. pen., Sez. V, 7/6/2001, S., in Mass. Uff., 219642); peraltro il difetto di autenticazione della sottoscrizione apposta in calce alla querela non ne comporta l’invalidità se la stessa viene depositata contestualmente all’atto di nomina del difensore di fiducia della medesima persona offesa con firma autenticata dal legale (Cass. pen., Sez. V, 28/1/2009, M., in CED Cassazione, 2009), talaltra ancora di nullità d’ordine generale ex art. 178, lett. b, insanabile e rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 179, comma 1, perché determinata da inosservanza d’una disposizione concernente l’iniziativa del pubblico ministero nell’esercizio dell’azione penale (App. Roma 31/10/1995, AA, in Mass. Uff., 970011; App. L’Aquila 21/10/1992, F., in GM, 1993, II, 426; Trib. Pescara 4/12/1992, D.G., in GM, 1993, II, 425). Peraltro, sembra che la querela, una volta sottoscritta, non possa dirsi inesistente e neppure nulla, stante la mancanza d’una specifica comminatoria disposta in ossequio al principio di cui all’art. 177.
È controverso se la sottoscrizione della querela possa o no essere autenticata dal difensore del querelante ai sensi dell’art. 39 disp. att. La giurisprudenza è costante nel ritenere la legittimazione del legale, talora esigendo una nomina espressa del medesimo (effettuabile anche mediante dichiarazione apposta nello stesso atto di querela) (Cass. pen., Sez. VI, 3/10/2003, P.M. in proc. M., in Mass. Uff., 227444; Cass. pen., Sez. V, 28/9/1998, C., in ANPP, 1989, 80; Cass. pen., Sez. IV, 8/7/1998, S., in ANPP, 1998, 859; Cass. Pen., Sez. V, 21/5/1997, D.P., in CP, 1998, 2678, 1575, con nt. adesiva del Nannini, Formalità della querela e nomina del difensore; Cass. pen., Sez. VI, 20/10/1993, F., in GP, 1994, III, 629), talaltra reputando possibile anche una nomina tacita, risultante dalla presentazione della dichiarazione de qua ad opera del patrono (Cass. pen., Sez. V, 16/10/2009, n. 46957, M., in CED Cassazione, 2009; Cass. pen., Sez. V, 16/4/1996, S., in CP, 1997, 3424, 1867; Cass. pen., Sez. V, 23/2/1993, M., in ANPP, 1993, 434).
Tanto premesso, nel caso in esame, la querela, corredata dal documento d’identità della persona offesa e da questa sottoscritta analogicamente, era stata scannerizzata e trasmessa a mezzo pec dal difensore, che alla data di trasmissione dell’atto non era stato ancora nominato: la nomina in suo favore era stata infatti conferita successivamente, e dopo depositata presso la Procura della Repubblica. Con dichiarazione apposta in calce alla querela, il difensore era stato semplicemente incaricato al deposito.
La Cassazione, nel disattendere la tesi del PM, nel richiamare le norme stabilite dagli artt. 23-25 del c.d. codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche) ha tuttavia evidenziato che chi aveva apposto la firma digitale non era, in quel momento, difensore, e dunque non poteva autenticare la querela. Le conclusioni, per i Supremi Giudici, non sono affatto smentite, ma sono anzi confermate, dalla giurisprudenza a Sezioni Unite che il PM aveva citato, e che recita: «la mancata identificazione del soggetto che presenta la querela non determina l’invalidità dell’atto allorché ne risulti accertata la sicura provenienza» (Cass. pen., Sez. Un., n. 26268 del 28/3/2013, C., CED Cass. 255584). Si tratta, infatti, di un principio che è stato affermato in un caso nel quale la querela era stata appunto autenticata dal difensore, il quale poi aveva incaricato per il deposito un’altra persona; sicché le Sezioni Unite hanno potuto affermare nell’occasione che «la querela sottoscritta con firma autenticata dal difensore non richiede ulteriori formalità per la presentazione ad opera di un soggetto diverso dal proponente, che può effettuarla anche se non sia munito di procura speciale. Ne consegue che, in tal caso, il conferimento al difensore dell’incarico di presentare la querela non necessita di forma scritta» (Cass. pen., Sez. Un., cit., Rv. 255583; cfr. anche Cass. pen., Sez. IV, n. 51592 del 29/11/2023, N., CED Cass. 285536; Cass. pen., Sez. II, n. 6342 del 18/12/2014, dep. 2015, R., CED Cass. 262569).
Da qui, dunque, il rigetto del ricorso.
Riferimenti normativi:
Art. 337 c.p.p.