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Non punibile chi rende falsa testimonianza per salvare la libertà o l’onore del convivente more uxorio

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Penale

Reati contro l’attività giudiziaria

Non punibile chi rende falsa testimonianza per salvare la libertà o l’onore del convivente more uxorio

mercoledì 06 marzo 2024

a cura della Redazione Wolters Kluwer

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale, con cui una donna era stata condannata per il reato di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) nel procedimento per maltrattamenti in famiglia a carico del convivente more uxorio, in cui ella era persona offesa, la Corte di Cassazione penale, Sez. VI, con la sentenza 23 febbraio 2024, n. 8114 – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui la sentenza era errata per non essere stata riconosciuta la causa di non punibilità di cui all’art. 384 c.p., stante il rapporto di convivenza more uxorio instaurato tra la donna e il compagno, imputato di maltrattamenti ai suoi danni-  ha ribadito il principio secondo cui l’art. 384, comma 1, c.p. è applicabile analogicamente anche a chi abbia commesso uno dei reati ivi indicati per esservi stato costretto dalla necessità di salvare il convivente more uxorio da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore.

Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 23 febbraio 2024, n. 8114

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen., Sez. Un., 26/11/2020, n. 10381
Difformi Non si rinvengono precedenti

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 384 c.p., sotto la rubrica «Casi di non punibilità», prevede che “Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore. Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, la punibilità è esclusa se il fatto è commesso da chi per legge non avrebbe dovuto essere richiesto di fornire informazioni ai fini delle indagini o assunto come testimonio, perito, consulente tecnico o interprete ovvero non avrebbe potuto essere obbligato a deporre o comunque a rispondere o avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni, testimonianza, perizia, consulenza o interpretazione”.

Nell’art. 384, comma 1, si collega la non punibilità alla commissione del fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore. La nozione penalistica di prossimo congiunto è fissata nell’art. 307, comma 4.

La giurisprudenza di legittimità (in relazione al favoreggiamento personale) ha ritenuto che per “prossimi congiunti” devono intendersi solo quelli tassativamente indicati nell’art. 307, ult. co. e dunque non anche il convivente more uxorio (Cass. pen., Sez. V, 22/10/2010; Cass. pen., Sez. II, 17/2/2009; Cass. pen., Sez. VI, 28/9/2005. In senso opposto Cass. pen., Sez. VI, 22/1/2004).

Sul punto è intervenuta più volte la Corte costituzionale. In particolare, è stata dichiarata infondata, con riferimento all’art. 29 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli artt. 307, comma 4 e 384, nella parte in cui non estendono al convivente more uxorio la scriminante prevista in caso di favoreggiamento personale per il coniuge, sulla base della considerazione che l’art. 29 Cost. tutela solo la famiglia fondata sul matrimonio, e inammissibile, con riferimento all’art. 3 Cost., analoga questione, poiché la prospettata parificazione del convivente al coniuge comporterebbe la revisione di numerose altre norme, con scelte di natura discrezionale che appartengono necessariamente al legislatore (Corte cost. 18/11/1986, n. 237). Ed in termini analoghi più recenti pronunce (Corte cost. 8/5/2009, n. 140; Corte cost. 20/4/2004, n. 121; Corte cost. 18/1/1996, n. 8).

L’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 384, comma 1, a favore del convivente more uxorio è stata in seguito ammessa da Cass. pen., Sez. II, 30/4/2015, n. 34147 e ribadita da Cass. pen., Sez. III, 9/2/2018, n. 6218 e da Cass. pen., Sez. VI, 14/3/2019, n. 11476. Sulla sentenza Corte cost. n. 121/2004 v. Liguoro, Codice penale e convivenza more uxorio, in DeG, 2004, 20; sulla sentenza Corte cost. n. 8/2008 cfr. Manna, L’art. 384 c.p. e la “famiglia di fatto”: ancora un ingiustificato “diniego di giustizia” da parte della Corte Costituzionale?, in GiC, 1996, 90 e Zanotti, Una questione di costituzionalità mal posta: la facoltà di astensione dal dovere testimoniale del convivente di fatto e l’art. 29 Cost., in GiC, 1996, 98. V., inoltre, sulla sentenza Corte cost. n. 237/1986 la nota critica di Luccioli, La famiglia di fatto dinanzi alla Corte Costituzionale: ancora un rifiuto di tutela, in CP, 1987, 681. Più in generale, Bartoli, Unioni di fatto e diritto penale, in RIDPP, 2010, 1599, nonché Pestelli, L’art. 384 c.p. ed il convivente more uxorio: i termini di un rapporto negato, in DPP, 2010, 486. Sulla sentenza Corte cost. n. 140/2009, Pastorelli, La convivenza more uxorio non esclude la punibilità del favoreggiamento personale, in GiC, 2009, 1525.

A fronte del contrasto giurisprudenziale sopra prospettato, Cass. pen., Sez. VI, 17/1/2020, n. 1825, ha rimesso alle Sezioni unite la seguente questione: «se l’ipotesi di cui all’art. 384, comma 1, sia applicabile al convivente more uxorio». Sull’ordinanza di rimessione cfr.: Di Biase, Analogia in bonam partem e cause di esclusione della colpevolezza: sull’applicabilità dell’art. 384, comma 1, c.p. ai conviventi more uxorio. Riflessioni a margine di una recente ordinanza di rimessione alle Sezioni unite della Corte di cassazione, in CP, 2020, 2830; Mezza, ‘Soccorso di necessità giudiziaria’ e convivente more uxorio. Rimessa alle Sezioni Unite la questione dell’ambito applicativo dell’art. 384, comma 1, c.p., in Sistema penale, 22.4.2020.

Dopo avere rinviato inizialmente la decisione della questione in attesa della decisione della Corte costituzionale in ordine alla disciplina della prescrizione nel periodo di emergenza sanitaria tenuto conto della possibile rilevanza nel caso in esame (Corte cost. 23/12/2020, n. 278), le Sezioni Unite hanno dato soluzione affermativa (Cass. pen., Sez. Un., 17/3/2021, n. 10381). Al riguardo, Schirò , Brevi note a partire dall’informazione provvisoria delle Sezioni unite sull’applicabilità dell’art. 384, comma primo, c.p. al convivente more uxorio, in FI, 14.12.2020; Id., Per le Sezioni Unite, l’art. 384, 1° comma, c.p., in quanto causa di esclusione della colpevolezza, è applicabile anche al convivente more uxorio, in FI, 23.3.2021; Id., Le Sezioni Unite sul 1° comma dell’art. 384 c.p.: il «sentimento affettivo» può escludere esigibilità e colpevolezza, in FI, 2021, II, 389; Aceto, Le SS. UU. estendono l’esimente di cui all’art. 384 c.p. ai conviventi ‘more uxorio’, in Quot. giur., 19.3.2021; Gallucci, Le Sezioni unite risolvono la questione dell’applicabilità dell’articolo 384, comma 1, c.p. ai conviventi more uxorio, in CP, 2021, 1929; Palazzo, Conviventi more uxorio e analogia in bonam partem: prima lettura di una sentenza “giusta” più che ardita, in Sistema penale, 22.3.2021; Macchia, Il fine giustifica i mezzi? Le Sezioni Unite e la difficile estensione ai conviventi della causa di non punibilità dell’art. 384, comma 1, cod. pen., in Sistema penale, 22.6.2021.

Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte di appello aveva confermato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale, con cui una donna era stata condannata alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 372 c.p. Secondo entrambe le sentenze di merito, l’imputata aveva reso falsa testimonianza nel procedimento per maltrattamenti in famiglia a carico del compagno, in cui ella era persona offesa.

Avverso la sentenza di appello proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, dolendosi per non essere stata riconosciuta la causa di non punibilità di cui all’art. 384 c.p., stante il rapporto di convivenza more uxorio instaurato tra la ricorrente e il compagno.

La Cassazione, nell’accogliere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, richiamando quanto affermato dalle Sezioni Unite penali (Cass. pen., Sez. Un., n. 10381 del 26/11/2020, F., CED Cass. 280574 – 01), ha quindi censurato la motivazione della sentenza d’appello che aveva escluso l’applicabilità al convivente more uxorio della predetta esimente, osservando come la Corte d’appello aveva apoditticamente affermato che la donna non aveva offerto elementi atti a far ritenere integrata l’esimente in parola, avendo trascurato di considerare che tali elementi emergevano già dagli atti. Difatti, come si trae dalla sentenza di primo grado, l’imputata nel giudizio per i maltrattamenti subiti aveva dichiarato che ella, unitamente a suo figlio minorenne, conviveva con il compagno da subito dopo la loro conoscenza. Gli altri testi di quel procedimento avevano fatto riferimento alla casa ove conviveva la donna ed il compagno. D’altra parte, la stessa imputazione formulata nel procedimento per maltrattamenti a carico del compagno nonché la relazione redatta dagli assistenti sociali che avevano in cura l’imputata, avevano dato atto del rapporto di convivenza.

Quanto all’altro requisito richiesto per l’integrazione dell’esimente di cui all’art. 384 c.p., la Cassazione evidenzia che la denuncia per maltrattamenti nei confronti del compagno era stata presentata dalla madre della donna e non da quest’ultima, la quale, in occasione della notifica del provvedimento di allontanamento del compagno, aveva reagito censurando tale provvedimento. La donna, inoltre, sentita come teste nel procedimento per maltrattamenti, aveva dichiarato di essere ancora innamorata del compagno. Tali circostanze, adeguatamente e logicamente considerate, avrebbero dovuto condurre la Corte di appello ad affermare che l’imputata, allorquando rese la testimonianza nel procedimento a carico del compagno, temeva per la libertà di quest’ultimo, che avrebbe subito un inevitabile pregiudizio, se ella avesse raccontato i maltrattamenti subiti.

Da qui, dunque, l’accoglimento del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. art. 384 c.p.

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