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No al reddito di cittadinanza per chi ha un familiare condannato con l’aggravante mafiosa

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E non importa se la modulistica INPS non fa riferimento a questo caso. Questa la conclusione della terza sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza n° 34121 del 15 settembre 2021. La Corte ha così confermato la legittimità della misura cautelare del sequestro preventivo della carta prepagata di Poste Italiane , di somme di denaro e libretti postali riconducibili a una donna che, da aprile a ottobre 2020, aveva ottenuto il reddito di cittadinanza incassando circa 8.000 euro, pure avendo omesso di segnalare che il coniuge era stato condannato per reati ai quali era stata ascritta l’aggravante mafiosa, sulla base dell’art. 416 bis 1 del codice penale. La difesa, aveva fatto osservare, come nel testo della domanda tipo, predisposto dall’INPS, il riferimento all’aggravante per criminalità non è contenuto, e sono invece richiamati gli artt. 270 bis, 280, 289 bis, 416 bis, 416 ter 422 e 640 bis del codice penale, senza alcun riferimento alla circostanza, assenza che avrebbe doVuto fa concludere per l’assoluta scusabilità dell’errore. Tesi respinta dalla Cassazione che invece sottolinea come gli elementi per l’adozione della misura cautelare ci sono tutti. L’assenza del riferimento alla circostanza aggravante non è determinante perchè quella indicazione di reati nella modulistica INPS ha una funzione solo esemplificativa e non può certo superare o limitare il tenore delle previsioni normative che disciplinano i presupposti per il riconoscimento del reddito di cittadinanza. E allora gli oneri dichiarativi, a prescindere da quanto esposto dal modulo, erano sempre quelli indicati dal decreto legge n° 4 del 2019.

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