Sulle indagini conferenze stampa ammesse, ma solo se il procuratore motiva per iscritto il pubblico interesse. Questo il punto di caduta che ha permesso alla maggioranza di ricompattarsi e approvare il parere sul decreto legislativo che recepisce la direttiva sulla presunzione di innocenza. Nel parere formulato da Enrico Costa (Azione) e votato dopo forti tensioni, si stabilisce che le comunicazioni con la stampa facciano capo al Procuratore della Repubblica che ricorre “esclusivamente a comunicati ufficiali oppure, come nel casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti, tramite conferenza stampa”. Tuttavia la decisione del procuratore “deve essere assunta con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che lo giustificano”.
Il decreto approvato in estate dal consiglio dei ministri introduce il divieto alle autorità pubbliche di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta ad indagini o l’imputato, fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili. In caso di violazione l’indagato ha diritto alla rettifica delle dichiarazioni. Per evitare il processo mediatico, favorito anche dalla denominazione suggestiva data alle inchieste, è anche “fatto divieto di assegnare ai procedimenti pendenti denominazioni lesive della presunzione di innocenza”. Tra le altre misure la previsione che l’imputato debba assistere all’udienza libero nella persona, anche se detenuto, salvo che in questo caso siano necessarie misure di natura cautelare, come le manette, per prevenire il pericolo di fuga o violenza.