La messa alla prova per gli adulti, mutuata dall’esperienza minorile, ha avuto un successo non da poco dalla sua introduzione del 2014. Nell’ottica della delega di incentivare l’accesso ai riti alternativi con funzione deflattiva del processo, nonchè di promuovere la giustizia riparativa, il Parlamento ha previsto all’articolo 22 lettera b) della delega che l’accesso alla probation possa anche essere proposto dal PM. E’ una specificazione del principio della lettera c) dell’articolo 1 comma 18 della legge che richiede che l’accesso ai programmi di giustizia riparativa avvenga su iniziativa dell’autorità giudiziaria. Fin dalle indagini, il PM potrà, sia avvisare l’indagato della possibilità di accedere a tale rito speciale (art. 141 bis delle disposizioni di attuazione) sia promuoverne l’accesso, di fatto, prendendo l’iniziativa, formulando l’imputazione se non ancora definita (articolo 464 ter comma 3 Cpp). Quindi dando da subito il parere favorevole previsto oggi solo di “rimessa” durante le indagini. Data la natura personalissima dell’atto, come per l’applicazione della pena concordata, occorrerà il consenso personale dell’indagato/imputato. Occorrerà che il legislatore delegato preveda un termine dopo la proposta del PM per accettarla o no e predisporre il programma di trattamento di intesa con l’UEPE con le modalità previste oggi dall’art. 464 bis Cpp. Sempre per ampliare l’accesso il Parlamento delega il governo a estendere il catalogo dei reati che ammettono probation. Oltre a quelli già previsti dall’articolo 168 bis del Cp – pena edittale detentiva non superiore a 4 anni sola o congiunta a pena pecuniaria nonchè casi con citazione diretta a giudizio (art 550 comma 2 Cpp) – andranno individuati ulteriori reati con due requisiti concorrenti: siano puntiti con pena edittale non superiore a 6 anni e si prestino a percorsi risocializzanti riparatori da parte dell’autore, compatibili con l’istituto. Di fatto alle due categorie di reati di cui all’art. 168 bis andrà affiancata una terza. L’articolo 550 comma 2 ammette delitti con pena massima oltre i 6 anni ma occorrerà massima cautela nell’individuare fattispecie in cui si possa evitare il giudizio: il reato deve essere suscettibile di condotte effettivamente risocializzanti e riparatorie con seria funzione social preventiva, attribuita dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza 36272/2016).