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Sicurezza sul lavoro, per la posizione datoriale servono i pieni poteri

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Ai fini della sicurezza sul lavoro, la posizione del datore di lavoro non può essere attribuita a soggetti privi dei poteri decisionali e di spesa necessari per gestire in maniera completamente autonoma la rispettiva unità organizzativa. Sulla base di tale principio la Cassazione penale, con la sentenza n° 9028/2022, pubblicata ieri, ha annullato la sentenza di assoluzione del consigliere delegato di un gruppo bancario. Tale manager era stato inizialmente condannato dal Tribunale di Savona per alcune inadempienze riferite alla valutazione del rischio di diffusione del Covid ed alla designazione del responsabile per la sicurezza; il manager aveva ottenuto poi una sentenza di assoluzione, per insussistenza del fatto, in quanto aveva dimostrato di avere attribuito la qualifica di datore di lavoro ad altro dirigente aziendale. La Procura della Repubblica ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che la “qualifica di datore di lavoro rilevante ai fini delle violazioni contestate avrebbe dovuto essere riferita al consigliere delegato in quanto l’art. 2 del decreto legislativo 81/2008 definisce il datore come soggetto titolare del rapporto di lavoro e che ha la responsabilità dell’organizzazione in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.

La Cassazione ha accolto tale lettura (annullando con rinvio la sentenza di assoluzione) partendo dalla considerazione che il soggetto in capo al quale era stata trasferita la posizione di datore di lavoro aveva dichiarato di essere titolare del rapporto di lavoro “in senso prevenzionale…. ma non anche in senso giuslavoristico”.

Sulla base di tale dichiarazione la Corte esclude che la posizione giuridica del dirigente delegato potesse essere assimilata a quella del datore nei limiti previsti dal Testo Unico di sicurezza sul Lavoro. La normativa vigente infatti individua il datore nella persona che risulta a tutti gli effetti titolare del rapporto di lavoro o che comunque ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa.

Secondo la Corte, tale figura, non può essere sotto articolata a seconda delle funzioni svolte o dei settori produttivi a meno che non ricorrano alcuni elementi specifici fissati da alcune sentenze precedenti in base ai quali la possibilità di avere in una medesima impresa una pluralità di datori presuppone che ciascuno di questi soggetti sia dotato di tutti i poteri decisionali e di spesa necessari per la rispettiva unità organizzativa. Solo se ricorrono tali elementi è possibile ammettere la presenza di un datore “apicale” al vertice dell’intera organizzazione con uno o più datori di lavoro “sotto ordinati” che mantengono poteri di decisione e di spesa per l’autonoma gestione dell’unità produttiva.

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