Legge elettorale:
Viene introdotto un sistema misto, binominale con quota proporzionale. I collegi saranno determinati dal ministero della Giustizia e non dal sorteggio. Le candidature saranno individuali, anche nel distretto di appartenenza. In ogni collegio almeno 6 candidature e parità di genere.
Incarichi:
Alt alle nomine a pacchetto, accorpando una pluralità di incarichi direttivi o semi direttivi, ma favorendo l’influenza dei gruppi organizzati; si procederà in ordine cronologico anche attraverso l’audizione dei candidati.
Toghe e politica:
La riforma introduce il divieto per i Magistrati di svolgere contemporaneamente funzioni giurisdizionali e carica elettiva. Prevista anche l’impossibilità del rientro in Magistratura per chi è stato eletto e vincoli al rientro per chi si è candidato.
Funzioni:
Ammesso un unico passaggio di funzioni da Giudice a PM e viceversa da esercitare, nel penale, entro 10 anni dall’assunzione della prima sede. Nei consigli giudiziari ammesso il voto anche degli avvocati nelle valutazioni dei magistrati.
E’ approdata ieri sera al voto finale della Camera quella riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario che per la Ministra della Giustizia Marta Cartabia “è la riforma migliore possibile, anche se perfettibile”.
Nel merito, la riforma interviene su una serie di punti che vanno dalla legge elettorale, ai criteri per individuare i vertici degli uffici giudiziari, dalla disciplina dell’ingresso in politica dei magistrati (e del relativo rientro), alla separazione delle funzioni, passando per fuori ruolo e criteri di valutazione di professionalità.
Su uno dei temi toccati dal referendum, quello della separazione delle funzioni, la riforma ammette un solo passaggio entro 10 anni dall’assegnazione della prima sede.
Istituito il diverto di esercitare contemporaneamente funzioni giurisdizionali e ricoprire incarichi elettivi e governativi, come invece possibile oggi. Un divieto che vale sia per le cariche elettive nazionali e locali sia per gli incarichi di governo nazionali/regionali e locali. I magistrati, inoltre, non saranno eleggibili nella regione in cui è compreso in tutto o in parte l’ufficio giudiziario in cui hanno prestato servizio negli ultimi tre anni.
Quanto al rientro la disciplina è articolata: si prevede innanzitutto che i Magistrati che hanno ricoperto cariche elettive di qualunque tipo al termine del mandato non potranno più tornare a svolgere funzioni giurisdizionali; i magistrati candidati, ma non eletti, per tre anni non potranno tornare a lavorare nella regione che comprende la circoscrizione elettorale in cui si sono candidati e neppure in quella in cui si trova il distretto dove lavoravano, in più, non potranno assumere incarichi direttivi e svolgere le funzioni penali più delicate (PM e GIP/GUP); infine i magistrati che hanno svolto incarichi apicali nelle pubbliche amministrazioni dopo un mandato di almeno un anno resteranno ancora un anno fuori ruolo.
Infine, tra i criteri di delega sui fuori ruolo, è prevista la riduzione dai 200 attuali, una diversa durata massima del periodo esterno alla giurisdizione che, di norma non potrà essere superiore a 7 anni.