Che sia una novità storica, oppure esempio di logica aziendalistica impropriamente tradotta nel contesto della giurisdizione, il fascicolo del magistrato costituisce uno dei principali punti di tensione tra magistrati e politica. Ne rivendica la paternità Enrico Costa di Azione per il quale si tratta di “un documento che permetterà di monitorare finalmente le attività del singolo giudice o Pm, le loro performance e i loro meriti, ma anche gli errori, le inchieste flop, le sentenze ribaltate e gli arresti ingiusti. Nessuna schedatura, ma una vera e propria fotografia della carriera di ciascuno. Un’innovazione storica che consentirà a chi è più bravo, a chi lavora silenziosamente senza essere organico alle correnti, di potere fare carriera”.
Ma per l’ANM il fascicolo per la valutazione “travasa le logiche aziendalistiche all’interno dei palazzi di Giustizia, raccoglie a campione gli esiti dei successivi gradi di giudizio, affastella elementi inutili o al più neutri con l’intento di colorarli incongruamente come indice univoco di cadute di professionalità”. Ma così, nella lettura dell’associazione magistrati emerge un vizio di fondo, quello di pensare che “la riforma di una sentenza o il rigetto di un’ istanza cautelare del PM riveli l’errore commesso dal magistrato che è stato “sconfessato”. Una posizione culturale di retroguardia: così si dimentica che la verità processuale si costruisce in un percorso graduale, alimentato nella dialettica e nell’acquisizione della prova in ossequio alle regole del giusto processo e non è elemento già precostituito”.
Di certo, un bisogno di valutazioni di professionalità meno burocratiche e più aderenti alla realtà è testimoniato tuttavia dai dati, quelli forniti dalla Ministra della Giustizia, Marta Cartabia, in risposta a interrogazione parlamentare nell’autunno scorso sono eloquenti, con il 99% e oltre di giudizi positivi il periodico test sul lavoro svolto è anche al di sotto della semplice routine, piuttosto un passaggio dall’esito scontato. Dove può essere allora che il fascicolo del magistrato rappresenti una risposta sbagliata a una domanda corretta, sia pure nel campo assolutamente opinabile dei criteri di valutazione delle attività umane.
La riforma prevede testualmente l’istituzione del fascicolo per la valutazione del magistrato contenente per ogni anno di attività i dati statistici e la documentazione necessaria per valutare il complesso dell’attività svolta compresa quella cautelare sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, la tempestività nell’adozione dei provvedimenti, l’esistenza di caratteri di grave anomalia in rapporto all’esito degli atti e dei provvedimenti nelle successive fasi o nei gradi del procedimento e del giudizio e “ogni altro elemento richiesto ai fini della valutazione”.
Il ministero però, prova a ridimensionare l’impatto della novità sottolineando come il fascicolo esiste già adesso, con i provvedimenti a campione prodotti ogni 4 anni dal magistrato sull’attività svolta e con le statistiche della propria attività confrontata a quella dell’ufficio. La novità, ora, sarebbe soprattutto nell’alimentazione annuale del fascicolo con la storia complessiva delle attività svolte.