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Politici, la carica sospesa non riduce non riduce l’interdizione

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Tra le misure previste dal decreto legislativo Severino (235/2012) e la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici prevista dal codice penale non vi è coincidenza, nè sovrapponibilità di natura, funzionale e di contenuti. Quindi il periodo di sospensione da una carica pubblica subito in applicazione del decreto Severino non può essere computato come come “presofferto” per ridurre la durata dai pubblici uffici.

Lo ha stabilito la Cassazione che, con la sentenza n. 14025 del 12 aprile 2022, è tornata a precisare che non hanno natura di pena le misure dell’incandidabilità, della decadenza e della sospensione dagli incarichi elettivi per chi viene colpito da una sentenza penale di condanna, previste dal decreto Severino, che ha dato attuazione alla delega contenuta nella legge 190/2012 in materia di lotta alla corruzione e all’illegalità nell’azione amministrativa.

È stato cosi promulgato un testo che ha raccolto la precedente normativa sull’incandidabilità, agli organi regionali e locali, derivante da sentenze penali di condanna, e l’ha estesa alle cariche di Governo, alle elezioni politiche e a quelle del Parlamento Europeo. Uno dei quesiti referendari al voto il prossimo 12 giugno chiede l’abrogazione dell’intero testo.

Le misure oggi previste sono l’incandidabilità, nonché – per gli eletti- la decadenza e la sospensione dagli incarichi rivestiti. Per la giurisprudenza sono misure cautelari, che intendono proteggere la PA presso cui la persona colpita da provvedimento del giudice presta servizio: politici e amministratori vengono allontanati per salvaguardare il prestigio e non pregiudicare il buon andamento della PA.

I presupposti applicativi variano in relazione alla tipologia di carica amministrativa ambita o ricoperta: l’elenco dei reati ostativi alle cariche elettive locali è più ampio di quello che riguarda i mandati parlamentari, nazionali ed europei, e gli incarichi di Governo. In tutti i casi, oltre ai reati in materia di criminalità organizzata e ad altri gravi delitti non colposi, rilevano quelli contro la P.A. anche tentati (Cassazione, ordinanza 2158/2020); inoltre, la sentenza di patteggiamento produce gli stessi effetti di quella di condanna, e non è previsto un controllo giurisdizionale dei presupposti applicativi delle misure.

Tra le cause ostative alle cariche elettive locali ci sono anche le misure di prevenzione contro gli indiziati di appartenere alla criminalità organizzata. Ma la misura più invasiva, che colpisce gli incaricati regionali e locali, è la sospensione automatica in presenza di una condanna o di una misura di prevenzione non definitive: in ciò si distingue dall’incandidabilità e dalla decadenza che riguardano le cariche di parlamentare, nazionale ed europeo, e gli incarichi di Governo, visto che queste ultime scattano solo in presenza di sentenze irrevocabili.

Questo panorama legislativo ha dato origine a diversi interventi della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. A partire dalla sentenza 236/2015, la Consulta ha sancito che le misure del decreto Severino non hanno natura di pena, ma di regole di accesso alla vita pubblica individuate dal legislatore, nell’ambito della propria discrezionalità, a tutela del prestigio della P.A.: dunque possono discendere anche da reati commessi in epoca antecedente alla sua entrata in vigore.

In adesione alla giurisprudenza costituzionale, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), nella sentenza del 17 giugno 2021 (causa M. c. Italia), ha spiegato che il divieto non ha valenza punitiva perché comporta solamente la perdita dell’elettorato passivo, cioè la possibilità di poter essere eletto, senza compromettere in alcun modo il diritto id elettorato attivo dell’interessato ovvero il diritto di voto.

Per quanto riguarda la misura della sospensione dalle cariche elettive regionali e locali, la Corte Costituzionale, da ultimo, con sentenza del 32/2021, ne ha sancito la legittimità per molteplici ragioni, tra le quali, in particolare, la sua natura provvisoria, oltre che predeterminata dalla legge in limiti temporali ragionevoli, e il maggiore legame che esiste tra queste cariche e la comunità territoriale.

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