Penale
Reati tributari
Quando la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è “particolarmente tenue”?
mercoledì 14 dicembre 2022
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta ad un uomo per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, la Corte di Cassazione penale, sez. III, con la sentenza 5 dicembre 2022, n. 45897 – nell’accogliere la tesi difensiva, in particolare con riferimento alla mancata applicazione della speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis, c.p. – ha annullato la sentenza ritenendo che l’ottica ricostruttiva accolta dalla Corte d’appello che aveva ritenuto ultroneo l’approfondimento peritale sollecitato dalla difesa in ordine al valore degli immobili, avrebbe dovuto implicare la necessità di un adeguato confronto con la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p.
Cassazione penale, Sez. III, sentenza 5 dicembre 2022, n. 45897
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen. sez. III, 29/12/2015, n. 51020 |
Difformi | Cass. pen. sez. III, 03/06/2020, n. 16599 |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 131-bis, c.p. sotto la rubrica «Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto», prevede che “Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.
L’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. L’offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero nei casi di cui agli articoli 336, 337 e 341-bis, quando il reato è commesso nei confronti di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni, e nell’ipotesi di cui all’articolo 343.
Il comportamento è abituale nel caso in cui l’autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest’ultimo caso ai fini dell’applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all’articolo 69.
La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante”.
Con particolare riferimento alla materia dei reati tributari, la giurisprudenza si è pronunciata per l’esclusione della tenuità del fatto, con riferimento al reato di omesso versamento dell’Iva (Cass. pen. sez. III, 30/03/2018, n. 14595; Cass. pen. sez. III, 11/05/2016, n. 30397; Cass. pen. sez. III, 01/04/2016, n. 13218; Cass. pen. sez. III, 11/11/2015, n. 51020; Cass. pen. sez. III, 09/09/2015, n. 43599, secondo cui per il riconoscimento della causa di non punibilità occorre fare riferimento all’entità delle somme non versate all’Erario).
Diversamente, si è pronunciata per il riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità del fatto, in relazione ai reati tributari, quando l’ammontare dell’imposta evasa sia di poco o di pochissimo superiore a quello fissato dalla soglia di punibilità (Cass. pen. sez. III, 21/10/2022, n. 39835; Cass. pen. sez. III, 01/06/2022, n. 21258; Cass. pen. sez. III, 19/05/2022, n. 19647; Cass. pen. sez. III, 2/9/2021, n. 32652; Cass. pen. sez. III, 03/06/2020, n. 16599; Cass. pen. sez. III, 17/04/2020, n. 12384; Cass. pen. sez. III, 11/06/2019, n. 25734; Cass. pen. sez. III, 10/06/2019, n. 25537; Cass. pen. sez. III, 05/04/2019, n. 15020; Cass. pen. sez. III, 25/03/2019, n. 12906; Cass. pen. sez. III, 01/03/2019, n. 8960; Cass. pen. sez. III, 07/01/2019, n. 346; Cass. pen. sez. III, 26/11/2018, n. 52974; Cass. pen. sez. III, 03/10/2018, n. 43654; Cass. pen. sez. III, 13/11/2017, n. 51597; Cass. pen. sez. III, 09/11/2017, n. 51075; Cass. pen. sez. III, 01/02/2017, n. 15234; Cass. pen. sez. III, 05/05/2015, n. 40774).
Nelle fattispecie in cui è stabilita una soglia di rilevanza penale, l’eventuale particolare tenuità dell’offesa non deve essere valutata con riferimento alla sola eccedenza rispetto alla soglia di punibilità prevista dal legislatore, bensì in rapporto alla condotta nella sua interezza e della consistenza del superamento della soglia di punibilità (Cass. pen. sez. IV, 06/05/2019, n. 18804; Cass. pen. sez. III, 07/02/2017, n. 5603, con riferimento al reato di cui all’art. 2, D.L. 12/9/1983, n. 463); per l’affermazione, invece, della necessità di considerare il solo quantum di scostamento rispetto alla soglia (Cass. pen. sez. III, 26/08/2019, n. 36401; Cass. pen. sez. III, 01/03/2019, n. 8960; Cass. pen. sez. III, 28/12/2018, n. 58442).
Con riferimento al reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e dei contributi: Cass. pen. sez. III, 21/10/2020, n. 29086; Cass. pen. sez. III, 28/4/2020, n. 13107; Cass. pen. sez. III, 3/9/2018, n. 39413; Cass. pen. sez. III, 05/07/2018, n. 30179; Cass. pen. sez. III, 05/05/2016, n. 18680; Cass. pen. sez. III, 10/07/2015, n. 40350.
Quanto, poi, alle conseguenze derivanti dal mancato esame del motivo afferente al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, la giurisprudenza della Cassazione oscilla tra posizioni che ritengono che in tema di “particolare tenuità del fatto”, la motivazione può risultare anche implicitamente dall’argomentazione con la quale il giudice d’appello, per valutare la congruità del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice di primo grado, abbia considerato gli indici di gravità oggettiva del reato e il grado di colpevolezza dell’imputato, alla stregua dell’art. 133 c.p. (da ultimo: Cass. pen. sez. IV, sentenza n. 27595 del 15/7/2022, CED Cass. 283420 – 01), e posizioni che invece ritengono che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., può essere ritenuta nel giudizio di legittimità, senza rinvio del processo alla sede di merito, quando risulti dedotta nei motivi di appello e sempre che i presupposti per la sua applicazione siano immediatamente rilevabili dagli atti e non siano necessari ulteriori accertamenti fattuali (Cass. pen. sez. VI, sentenza n. 36518 del 18/12/2020, CED Cass. 280118 – 02).
Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza emessa dal Tribunale con la quale un imputato era stato condannato alla pena di giustizia in relazione al delitto di cui all’art. 11 D.Lgs. n. 74/2000, a lui ascritto in concorso, con riferimento alle cessioni di due terreni alla moglie e della quota indivisa di altri beni, onde rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva comunicata dall’Agenzia delle Entrate per le imposte, interessi e sanzioni per complessivi Euro 387,801,74. Ricorrendo in Cassazione, l’imputato si era doluto, per quanto qui di interesse, per il mancato riconoscimento della speciale causa di non punibilità del fatto di particolare tenuità, prevista dall’art. 131-bis, c.p., non avendo la Corte d’appello affrontato espressamente la relativa questione posta con i motivi di appello.
La Cassazione, nell’accogliere la tesi difensiva, ha rilevato come la Corte d’Appello aveva inteso sottolineare che “può anche essere” che il valore degli immobili indicato nell’atto di vendita fosse “non di molto” superiore a quello indicato nell’atto di vendita (euro 8.500), attribuendo peraltro rilievo al fatto che si trattasse comunque di un valore “non irrisorio“, e che la vendita degli immobili avrebbe potuto “coprire sia pure in minima parte il debito tributario”. Tuttavia, ha aggiunto la Cassazione, l’ottica ricostruttiva accolta dalla Corte d’appello – che aveva tra l’altro ritenuto ultroneo l’approfondimento peritale sollecitato dalla difesa in ordine al valore degli immobili – avrebbe dovuto implicare la necessità di un adeguato confronto con la richiesta di applicazione dell’art. 131-bisc.p., formulata con i motivi di appello.
Sul punto, la sentenza era rimasta invece del tutto silente.
Da qui, pertanto, l’accoglimento del ricorso.
Riferimenti normativi: