Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado al conducente di un’autovettura per il reato di guida in stato di ebbrezza, la Corte di Cassazione penale, Sez. IV, con la sentenza 5 dicembre 2022, n. 45909, nel disattendere la tesi difensiva secondo cui doveva considerarsi irrituale l’avviso di voler essere assistito da un difensore dato verbalmente dall’agente operante, ha affermato il principio secondo cui è sufficiente che il predetto avviso venga dato in qualunque forma idonea al raggiungimento dello scopo e cioè a consentire al destinatario di comprendere appieno il significato del predetto avviso e quindi l’esatta portata della facoltà difensiva ad esso correlata, sì da consentirne l’eventuale esercizio.
Cassazione penale, Sez. IV, sentenza 5 dicembre 2022, n. 45909
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen. sez. IV, 04/02/2021, n. 14621 |
Difformi | Non si rinvengono precedenti in termini |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 114, disp. att., c.p.p., sotto la rubrica «Avvertimento del diritto all’assistenza del difensore», prevede che “1. Nel procedere al compimento degli atti indicati nell’articolo 356 del codice, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia”.
L’art. 356, c.p.p., a sua volta, sotto la rubrica «Assistenza del difensore», prevede che “1. Il difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ha facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente avvisato, agli atti previsti dagli articoli 352 e 354 oltre che all’immediata apertura del plico autorizzata dal pubblico ministero a norma dell’articolo 353 comma 2”.
L’art. 114 disp. att. prevede che, nel procedere al compimento di uno degli atti suindicati, la polizia giudiziaria avverte la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, senza che però sia necessaria a tal fine la pronunzia di alcuna formula sacramentale, purché le parole usate siano idonee allo scopo (principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità in un caso in cui la polizia giudiziaria aveva domandato all’indagato “se voleva l’avvocato”, formula ritenuta idonea a soddisfare l’obbligo di legge: Cass. pen. sez. VI, 23/10/1992, Torcaso, in CP, 1994, 676, con nota di Cenci, Sui controlli di polizia giudiziaria in materia di stupefacenti).
La documentazione dell’avviso non è fungibile e, dunque, non può essere validamente sostituita dall’avvertimento dato alla persona sottoposta alle indagini, al momento del successivo arresto, della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia (Cass. pen. sez. VI, 09/12/1993, Severini, in GP, 1995, III, 159). Il difensore, però, non ha diritto ad alcun preventivo avviso, il che è coerente con la natura di atti “a sorpresa” delle operazioni previste, poiché avvisi anticipati potrebbero condurre alla perdita di effetti delle stesse (Cass. pen., Sez. I, 9/6/1995, Bonaccorsi, in CP, 1997, 1078; Cass. pen., Sez. IV, 2/4/1992, Pieroni, in CP, 1993, 2303), né il PM o la polizia giudiziaria devono procedere a nominare un difensore di ufficio (Cass. pen. sez. IV, 07/02/2006, in RP, 2007, 5, 561; Cass. pen. sez. I, 30/06/1992, Ritrecina, in CED Cassazione, n. 191920). L’esercizio della facoltà in parola da parte dell’indagato non deve ritardare né intralciare le operazioni di polizia, con la conseguenza che un’attesa temporalmente definita entro i limiti della normalità al fine di consentire all’avvocato di raggiungere il luogo ove si procede all’atto ben può considerarsi ammissibile, mentre tale non è un ritardo prolungato e neppure, nonostante la manifestata intenzione del difensore di assistere, il decorso di un lasso di tempo che comunque di fatto comprometterebbe l’assoluta urgenza che caratterizza l’atto (Cass. pen. sez. VI, 23/10/1992, Torcaso, in CP, 1994, 676).
Per quanto qui di interesse, in particolare, il c.d. alcooltest costituisce atto di polizia giudiziaria, sub specie di accertamento urgente sulle persone ex art. 354, comma 3, stante la naturale alterabilità, modificabilità e tendenza alla dispersione degli elementi di fatto che sono soggetti a tale analisi (in conseguenza il difensore può assistere a tale accertamento, senza avere diritto al preventivo avviso: Cass. pen. sez. VI, 08/05/2007, Nania, in RPo, 2008, 5-6, 364; Cass. pen. sez. VI, 06/05/2003, Casula, in ANPP, 2005, 100; Cass. pen. sez. V, 22/2/1996, Maccari, in CP, 1997, 1128). L’avviso della facoltà di nominare un difensore di fiducia deve essere dato dalla PG operante al soggetto che sta per essere sottoposto all’alcooltest nel momento in cui si procede all’atto, e non quando siano precedentemente svolte le attività ad esso propedeutiche (Cass. pen. sez. VI, 26/01/2011, in CED Cassazione, n. 250310), sempre che l’accertamento non sia espressione di attività di polizia amministrativa (Cass. pen. sez. IV, 12/02/2008, R.F., in RPo, 2008, 11-12, 776).
È controverso se l’omesso deposito del verbale contenente gli esiti del cosiddetto “alcoltest” integri una ipotesi di nullità (come ritenuto da Cass. pen. sez. IV, 16/09/2003, Della Luna, in ANPP, 2005, 90) o una mera irregolarità che non incide sulla validità e sulla utilizzabilità dell’atto (in tal senso Cass. pen., Sez. IV, 2/12/2010, in CED Cassazione, n. 249941; Cass. pen. sez. I, 10/04/2008, S.S., in CED Cassazione, n. 239989; Cass. pen. sez. IV, 08/04/2008, C.M., in RPo, 2009, 6, 400). La violazione dell’obbligo stabilito a carico della polizia giudiziaria integra una nullità non assoluta ma intermedia (artt. 178, lett. c, 180), trattandosi di previsione finalizzata ad una più efficace tutela dell’indagato e dell’imputato, e che si sana in base ai principi generali dopo la deliberazione della sentenza di primo grado (in tal senso, in dottrina, La Marca, 406). In giurisprudenza, in tal senso, Cass. pen. sez. IV, 2/12/2009, O.G., in CED Cassazione, n. 245799; Cass. pen. sez. V, 02/04/2003, Annibaldi, in CED Cassazione, n. 224775. Seguendo questo orientamento si ritiene tempestiva l’eccezione ove formulata per la prima volta in sede di riesame (Cass. pen. sez. II, 12/04/2011, in CED Cassazione, n. 250191; Cass. pen. sez. I, 04/02/2010, G.B., in CED Cassazione, n. 246382; Cass. pen. sez. IV, 04/11/2009, M.A., in CED Cassazione, n. 245462; Cass. pen. sez. IV, 04/11/2009, M.R., in CED Cassazione, n. 245797; Cass. pen. sez. IV, 14/03/2008, A.A., in CED Cassazione, n. 239737).
In senso contrario, si è affermato che per la tempestività deve aversi riguardo al termine di cinque giorni previsto dall’art. 366 (Cass. pen. sez. V, 09/10/2008, E.B., in CED Cassazione, n. 241904; Cass. pen. sez. III, 12/07/2007, Rubino S., in ANPP, 2007, 114; Cass. pen. sez. III, 25/10/2005, A.B.R.M., in RP, 2007, 327). Quest’ultimo orientamento, tuttavia, appare in contrasto con il diritto di difesa costituzionalmente garantito e con la ratio stessa dell’avviso, che sottintende la presa d’atto da parte del legislatore che il cittadino medio non è a conoscenza delle regole procedurali e che quindi è nel caso di specie necessario renderlo edotto dei suoi diritti, sicché la previsione di una causa di decadenza operante entro una scansione temporale così rigorosa appare ingiusta.
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno risolto il contrasto giurisprudenziale, affermando che la nullità conseguente al mancato avvertimento al conducente di un veicolo, da sottoporre all’esame alcolimetrico, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, in violazione dell’art. 114 disp. att. c.p.p., può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma 2, secondo periodo, c.p.p., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado (Cass. pen. sez. Unite, sentenza n. 5396 del 5/2/2015, PG in proc. Bianchi, CED Cass. 263023 – 01).
Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte d’appello aveva confermato la sentenza di condanna inflitta in primo grado al conducente di un’autovettura per il reato di guida in stato di ebbrezza. Ricorrendo in Cassazione, questi ne sosteneva l’erroneità in quanto l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. non risultava da alcun atto scritto redatto dalla polizia giudiziaria ma soltanto dalla deposizione dell’operante, il quale aveva riferito, in dibattimento, che il conducente aveva risposto negativamente alla domanda se volesse farsi assistere da un difensore in relazione all’effettuazione dell’accertamento alcolimetrico, poi espletato in ospedale. Ma la deposizione dell’operante sul punto era inutilizzabile, non potendo supplire alla mancanza di rituale verbalizzazione, onde l’accertamento alcolimetrico è nullo e l’imputato avrebbe dovuto essere assolto.
La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, la S.C. ha osservato come nessuna norma prevede infatti che l’avviso ex art. 114 disp. att. c.p.p. debba essere necessariamente dato per iscritto, quasi che la forma scritta costituisca requisito previsto dalla legge ad substantiam (Cass. pen. sez. IV, n. 14621 del 04/02/2021, CED Cass. 280833).
È dunque sufficiente per i Supremi Giudici che il predetto avviso venga dato in qualunque forma idonea al raggiungimento dello scopo e cioè a consentire al destinatario di comprendere appieno il significato del predetto avviso e quindi l’esatta portata della facoltà difensiva ad esso correlata, sì da consentirne l’eventuale esercizio (Cass. pen., sez. IV, n. 27110 del 15/09/2020, CED Cass. 279958). Dunque, un avviso dato verbalmente ma in termini chiari ed inequivocabili è assolutamente rituale. Quanto alla prova di aver dato tale avviso, per la S.C. non vi è alcuna preclusione alla testimonianza dell’operante di polizia giudiziaria, trattandosi di un dato di fatto di cui nessuna norma prevede la dimostrazione esclusivamente per via cartolare e non attraverso una prova dichiarativa.
Ne deriva che la prova dell’avvenuto adempimento dell’obbligo di dare avviso alla persona sottoposta ad esame alcolimetrico della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia, ove non risultante dal verbale, può legittimamente essere fornita mediante la deposizione dell’agente operante (Cass. pen. sez. IV, n. 3725 del 10/09/2019, CED Cass. 278027).
Si tratta dunque esclusivamente di valutare l’attendibilità della deposizione dell’operante, anche alla luce del tempo trascorso dall’accertamento, delle ragioni della mancata verbalizzazione, che vanno certamente chiarite in sede di esame dell’operante, e della ripetitività delle procedure di riscontro alcolimetrico abitualmente espletate dalla polizia giudiziaria: circostanze tutte che possono rendere difficile il ricordo di ogni singolo accertamento.
Nel caso in esame, il giudice aveva evidenziato che dalla testimonianza dell’agente operante era emerso che era stato chiesto all’imputato se necessitasse dell’assistenza del difensore e che l’imputato aveva più volte risposto negativamente. Il giudice di primo grado aveva specificato che l’operante era stato molto preciso nella sua deposizione, ricordando che, a seguito di queste circostanze, era stato chiesto all’imputato di seguire gli agenti presso il Comando di polizia locale e addirittura che era stata chiamata la sorella dell’imputato; che il macchinario presso il Comando di polizia locale non funzionava e che pertanto era stato necessario chiedere all’imputato di recarsi presso una struttura ospedaliera, ove poi effettivamente era stato effettuato il prelievo.
Motivazione ritenuta dalla S.C. ineccepibile.
Da qui, pertanto, l’inammissibilità del ricorso.
Riferimenti normativi: