Penale
Reati stradali
Omicidio stradale: per l’aggravante dell’uso di stupefacenti non è sufficiente il test delle urine
mercoledì 11 gennaio 2023
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna, per quanto qui rileva, per il reato di omicidio stradale commesso dal conducente di un’autovettura, che si era ritenuto versasse in condizione di alterazione da sostanze stupefacenti essendo risultato positivo il test delle urine ai cannabinoidi e alla cocaina, la Corte di Cassazione penale, Sez. IV, con la sentenza 22 dicembre 2022, n. 48632 – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui erroneo era stato l’accertamento dell’assunzione di sostanze stupefacenti da parte dell’ imputato e della attualità al momento del sinistro della condizione di alterazione – ha affermato che non può ritenersi configurabile l’aggravante di cui all’art. 589-bis, comma 2, c.p. in base al risultato positivo del test alle sostanze stupefacenti, atteso che il dato della presenza di tracce di stupefacente nelle urine deve necessariamente essere attualizzato al momento della condotta, mediante la valorizzazione di eventuali indici sintomatici, ove si consideri che l’esame ematico, a differenza di quello delle urine, ha una valenza probatoria prossima alla certezza quanto all’attualità degli effetti di alterazione dati dal principio attivo assunto.
Cassazione penale, Sez. IV, sentenza 22 dicembre 2022, n. 48632
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen. sez. IV, 04/11/2014, n. 49717 |
Difformi | Non si rinvengono precedenti in termini |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 589-bis, c.p., sotto la rubrica «Omicidio stradale», punisce, per quanto qui di interesse, al comma 2, con la reclusione da otto a dodici anni la condotta di chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lett. c), e 187, D.Lgs. 30/04/1992, n. 285, cagioni per colpa la morte di una persona.
Con L. 23/03/2016, n. 41, pubblicata nella G.U. 24/3/2016, n. 70 ed in vigore dal 25 marzo 2016, sono state introdotte nel Codice penale le autonome fattispecie di omicidio stradale e di lesioni personali stradali.
Attraverso tale riforma, il legislatore prosegue negli interventi normativi, avviati con la L. 21/02/2006, n. 102 e il D.L. 23/05/2008, n. 92, convertito, con modificazioni, in L. 24/07/2008, n. 125, volti a irrigidire il trattamento sanzionatorio dell’omicidio colposo e delle lesioni personali colpose commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, nonché da parte di persona che si sia posta alla guida in stato di alterazione dovuta all’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti. La scelta legislativa realizzata con la L. 23/03/2016, n. 41 è nel senso di rendere autonome le fattispecie di reato di omicidio e lesioni personali colpose commesse con violazione delle norme sulla circolazione stradale, prima rispettivamente previste ai commi 2 e 3 dell’art. 589 e al comma 3 dell’art. 590.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno statuito che, in caso di sinistro stradale verificatosi nella vigenza della disciplina di cui al comma 3 dell’art. 589 e di decesso della vittima dopo l’entrata in vigore della L. 23/3/2016, n. 41 deve trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta (Cass. pen. sez. Unite, 24/09/2018, n. 40986; per la remissione della questione: Cass. pen. sez. IV, 14/05/2018, n. 21286).
Per quanto qui di interesse, il comma 2 della norma punisce con la reclusione da otto a dodici anni l’omicidio colposo commesso da chi si sia posto alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza con tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro (art. 186, comma 2, lett. c, cod. str.) ovvero in stato di alterazione psicofisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 187, cod. str.). Trattasi della medesima situazione già prevista al comma 3 dell’art. 589, che però fissava la sanzione nell’intervallo edittale compreso tra i tre e i dieci anni di reclusione.
Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte di Appello, in parziale riforma della decisione di primo grado, ritenuta assorbita la contravvenzione di cui all’art. 187, comma 1 e comma 1-bis cod. str. nel delitto di cui all’art. 589-bis comma 1 e 2 c.p., rideterminava la pena nei confronti del conducente dell’autovettura. Ricorrendo in Cassazione, la difesa dell’imputato sosteneva l’erroneità della sentenza in punto di accertamento dell’assunzione di sostanze stupefacenti da parte dell’ imputato e della attualità al momento del sinistro della condizione di alterazione, tenuto conto del fatto che la positività era stata riscontrata sulla base del solo esame delle urine (mentre quello del sangue era inutilizzabile in ragione della confusione con altro campione) e che non era stato acquisito alcun elemento di riscontro, neppure di carattere sintomatico, della persistenza della condizione di alterazione al momento della condotta di guida, tenuto conto del fatto che metaboliti dello stupefacente potevano permanere nei liquidi biologici per qualche giorno.
La Cassazione, nell’accogliere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, la S.C. ha osservato come il giudice di appello aveva fondato il riconoscimento della circostanza aggravante della guida in condizione di alterazione a seguito dell’assunzione di sostanza stupefacente sulla base dell’accertata positività ai cannabinoidi del campione di urina esaminato, nonché sul riscontro fondato sulla condotta di guida dell’imputato, caratterizzata da profili di spericolatezza.
Trattasi di motivazione che non ha però convinto i Supremi Giudici.
In particolare, osserva la Cassazione, sotto un primo profilo risulta pacifico nella giurisprudenza del S.C. che lo stato di alterazione del conducente dell’auto non deve essere necessariamente accertato attraverso l’espletamento di una specifica analisi medica, ben potendo il giudice desumerla dagli accertamenti biologici dimostrativi della precedente assunzione. Di talché è stato riconosciuto sufficiente, a tale fine, il riscontro dell’analisi compiuto sulle urine in associazione ai dati sintomatici rilevati al momento del fatto sul conducente, costituiti da “pupille dilatate, stato di ansia ed irrequietezza, difetto di attenzione, ripetuti conati di vomito, detenzione di involucri contenenti hashish” (Cass. pen. sez. IV, n. 43486 del 13/6/2017, G., CED Cass. 270929; Cass. pen. sez. IV, n. 6995 del 9/1/2013, N., CED Cass. 254402), ma è stato escluso che lo stato di alterazione possa essere dimostrato solo attraverso l’esame delle urine, giacche dalla quantità di etanolo in esse presenti non è possibile inferire né la quantità di alcol ematico – dato giuridicamente rilevante – nè l’epoca di assunzione della sostanza alcolica (Cass. pen. sez. IV, n. 49717 del 04/11/2014, M., CED Cass. 261179), valutazione che può essere estesa alle sostanze stupefacenti laddove secondo i principi sopra evidenziati, il dato della presenza di tracce di stupefacente nelle urine deve necessariamente essere attualizzato al momento della condotta, mediante la valorizzazione di eventuali indici sintomatici, “ove si consideri che l’esame ematico, a differenza di quello delle urine, ha una valenza probatoria prossima alla certezza quanto all’attualità degli effetti di alterazione dati dal principio attivo assunto”.
Orbene, ha proseguito la S.C., premesso il condivisibile e costante insegnamento del S.C. secondo il quale il mero dato delle urine non consente, da solo, di esprimere un giudizio di attualità della condizione di alterazione per l’assunzione pregressa di sostanze stupefacenti, proprio per l’impossibilità di misurarne la quantità e l’epoca di assunzione della sostanza drogante, il giudice di appello si era posto ad evidenziare quali fossero gli elementi sintomatici a riscontro dell’ indizio fornito dalla presenza di tracce di cannabinoidi nelle urine (si indicano infatti “stato di euforia, di forte eccitazione, depressione delirio, eccessiva loquacità, pupille dilatate, anomala sudorazione, occhi lucidi”), ma aveva del tutto omesso di indicare se tali elementi sintomatici fossero stati accertanti sulla persona del conducente, sia in sede di verbalizzazione degli accertamenti urgenti sulla persona, sia nel corso della istruttoria dibattimentale, a sostegno della prospettazione accusatoria che assumeva la ricorrenza dello stato di alterazione da cannabinoidi (rilevante ai fini della ipotesi aggravata di cui all’art. 589-bis comma 2 c.p.).
La sentenza è apparsa pertanto censurabile alla Cassazione laddove, dopo avere passato in rassegna i possibili indici sintomatici di una condizione di alterazione da stupefacenti, aveva omesso qualsiasi riferimento specifico alla fattispecie in esame, per concludere che in definitiva l’esame delle urine dovesse ritenersi sufficiente (circostanza questa esclusa dalla giurisprudenza di legittimità atteso che anche il precedente richiamato nella sentenza richiede in aggiunta la presenza di indici sintomatici dello stato di alterazione), laddove tale dato era confortato da una condotta di guida spericolata.
L’argomento introdotto dal giudice è apparso alla Cassazione motivato in termini talmente minimali da non consentire il superamento del vaglio di logicità, atteso che, in assenza della valorizzazione degli elementi sintomatici inerenti alla persona del conducente, direttamente percepiti dal personale di PG ed eventualmente indicati nel verbale di accertamento, la mera condotta di guida del reo, improntata ad una velocità particolarmente elevata, ma priva di profili di abnormità, costituiva un dato del tutto neutro, in quanto equivoco e dal significato non concludente ai fini dell’accertamento dello stato di alterazione del conducente.
Da qui, pertanto, l’accoglimento del ricorso.
Riferimenti normativi: