Contrasti giurisprudenziali
SSUU: inapplicabile l’art. 578-bis c.p.p. ai reati commessi prima della sua entrata in vigore
lunedì 06 febbraio 2023
di Aceto Aldo Consigliere della Corte di Cassazione
Le Sezioni Unite penali della Corte di cassazione con la sentenza 31 gennaio 2023, n. 4145 hanno dato risposta al seguente quesito: «se la disposizione dell’articolo 578-bis c.p.p. sia applicabile, in ipotesi di confisca per equivalente, ai fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore dell’articolo 1, comma 4, lettera f), legge 9 gennaio 2019, n. 3, che ha inserito nella stessa le parole “o la confisca prevista dall’articolo 322-ter c.p.”»
Cassazione penale, Sez. Un., sentenza 31 gennaio 2023, n. 4145
La soluzione |
La disposizione dell’art. 578-bis c.p.p. ha, con riguardo alla confisca per equivalente e alle forme di confisca che presentino comunque una componente sanzionatoria, natura anche sostanziale ed è, pertanto, inapplicabile in relazione ai fatti posti in essere anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 6, comma 4, D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21, che ha introdotto la suddetta disposizione. |
I precedenti | |
Cass. pen., Sez. II, 18/5/2021, n. 19645 | La disposizione di cui all’art. 578-bis c.p.p., introdotta dal D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21, che ha disciplinato la possibilità di applicare, con una sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione, la confisca cd. allargata prevista dall’art. 240-bis c.p., estesa, dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, a tutte le ipotesi di confisca di cui all’art. 322-ter c.p., costituisce una norma di natura processuale, come tale soggetta al principio “tempus regit actum”, non introducendo nuovi casi di confisca, ma limitandosi a definire la cornice procedimentale entro cui può essere disposta la cd. ablazione senza condanna. |
Cass. pen., Sez. III, 4/3/2020, n. 8785 | La disposizione di cui all’art. 578-bis c.p.p., introdotta dal D.Lgs. 1° marzo 2018, n. 21, che ha disciplinato la possibilità di applicare, con una sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione, la confisca cd. allargata prevista dall’art. 240-bis c.p. e che poi è stata estesa, dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3, a tutte le ipotesi di confisca di cui all’art. 322-ter c.p., costituisce una norma di natura processuale, come tale soggetta al principio “tempus regit actum”. |
Cass. pen., Sez. III, 4/3/2022, n. 7882 | La disposizione dell’art. 578-bis c.p.p., che ha disciplinato la possibilità di mantenere la confisca con la sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione del reato nel caso in cui sia accertata la responsabilità dell’imputato, è applicabile anche alla confisca tributaria ex art. 12-bis D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che, tuttavia, ove disposta per equivalente, non può essere mantenuta in relazione a fatti anteriori all’entrata in vigore del citato art. 578-bis c.p.p., atteso il suo carattere afflittivo. |
Cass. pen., Sez. III, 22/4/2022, n. 15655 | La disposizione dell’art. 578-bis c.p.p., che prevede la possibilità di mantenere la confisca con la sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione del reato nel caso in cui sia accertata la responsabilità dell’imputato, è applicabile anche alla confisca tributaria ex art. 12-bis D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che, tuttavia, ove disposta per equivalente, non può essere mantenuta in relazione a fatti anteriori all’entrata in vigore del citato art. 578-bis c.p.p., atteso il suo carattere afflittivo. |
Il caso e la questione di diritto
Con sentenza del 12/03/2021, la Corte di appello di Torino, pronunciando sul gravame dell’imputato avverso la sentenza che lo aveva condannato alla pena di un anno e otto mesi di reclusione per il reato di cui agli artt. 81, cpv., c.p., 2, D.Lgs. n. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta continuata mediante uso di fatture per operazioni inesistenti), aveva confermato la sentenza impugnata e la disposta confisca di beni mobili, immobili e denaro nella disponibilità dell’imputato fino alla concorrenza del profitto quantificato nella misura di euro 174.467,12.
Nel proporre ricorso per cassazione, l’imputato aveva dedotto quattro motivi il primo dei quali era relativo alla prescrizione maturata prima della sentenza impugnata, con conseguente inapplicabilità della confisca.
Investita del ricorso, la Terza sezione penale, ritenuta la fondatezza del primo motivo, aveva rilevato un contrasto interpretativo in ordine alla applicabilità dell’art. 578-bis c.p.p. ai reati commessi anteriormente alla sua entrata in vigore, e con ordinanza n. 15229 del 16/03/2022 aveva rimesso la questione alle Sezioni Unite.
La giurisprudenza precedente
Secondo un primo orientamento, l’art. 578-bis c.p.p. consente la confisca per equivalente anche in caso di sentenza dichiarativa della prescrizione di un reato commesso anteriormente alla sua entrata in vigore. In base a tale orientamento, la nuova disposizione, secondo quanto emerge dai lavori preparatori, è finalizzata a sottrarre i patrimoni illecitamente accumulati anche in caso di estinzione del reato e si presenta in continuità con l’elaborazione della giurisprudenza di legittimità, costituzionale e della Corte EDU, sulla «possibilità di disporre la confisca, anche di carattere sanzionatorio, allorché la declaratoria di prescrizione […] si accompagni ad un compiuto accertamento del fatto-reato e della responsabilità […] (Corte cost., sent. n. 49/2015; Cass. pen., Sez. Un., n. 31617/2015, L.; Corte EDU, 28/6/2018, G.I.E.M. s.r.l. ed altri c. Italia, che ha ritenuto pienamente compatibile con l’art. 7, Conv. EDU, le confische-sanzione fondate su accertamenti “sostanziali” di responsabilità.
Sotto altro profilo si sottolinea la natura processuale dell’art. 578-bis c.p.p. come tale soggetta al principio “tempus regit actum”, non introducendo nuovi casi di confisca, ma limitandosi a definire la cornice procedimentale entro cui può essere disposta la cd. ablazione senza condanna, agendo perciò su un profilo processuale e temporale, ma lasciando inalterati i presupposti sostanziali di applicazione del vincolo (legittimazione normativa e identificazione di beni di valore corrispondente al profitto). La natura (parzialmente) punitiva delle confische di valore impedisce l’applicazione retroattiva delle norme che le prevedono, ma non delle norme processuali che definiscono “quando” possono essere applicate.
Un secondo orientamento, ferma l’applicabilità dell’art. 578-bis c.p.p. anche alla confisca tributaria di cui all’art. 12-bis, D.Lgs. n. 74/2000, sostiene, invece, che quando la confisca sia disposta per equivalente non può essere mantenuta in relazione a fatti commessi prima dell’entrata in vigore del citato art. 578-bis c.p.p. in quanto, atteso il suo carattere afflittivo, produce effetti sostanziali e, pertanto, non può operare retroattivamente, sicché la soluzione accolta dall’opposto orientamento si porrebbe in contrasto con il combinato disposto degli artt. 25 Cost. e 7 CEDU, per l’inevitabile riflesso sostanziale caratteristico della confisca di valore.
La natura sanzionatoria costituisce un dato che caratterizza la confisca di valore, perché questa può attingere anche beni acquistati anteriormente o successivamente alla commissione del reato, ossia beni privi di connotati di pericolosità e di legami di pertinenzialità con l’illecito, per cui, anche a voler riconoscere alla confisca di valore una natura solo “parzialmente” sanzionatoria, resta ferma la sua natura afflittiva, in quanto l’oggetto dell’ablazione è rappresentato da una porzione di patrimonio che, in sé, non presenta alcun elemento di collegamento con il reato, con la conseguenza che, in relazione a tale forma di ablazione, si pone la necessità di garantire al destinatario una ragionevole prevedibilità delle conseguenze cui si esporrà trasgredendo il precetto penale. In questo senso, l’applicazione retroattiva dell’art. 578-bis c.p.p. a fatti antecedenti alla sua entrata in vigore determina l’adozione di una pronuncia (in appello o in cassazione) impositiva di un sacrificio patrimoniale “a sorpresa” non prevedibile per il ricorrente, all’atto della commissione del reato.
Il Presidente Aggiunto, con decreto del 28 aprile 2022, aveva assegnato il ricorso alle Sezioni Unite penali fissando per la trattazione l’udienza pubblica del 29/09/2022.
La decisione delle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite aderiscono al secondo orientamento.
In primo luogo, la sentenza ribadisce che, a seguito dell’introduzione dell’art. 578-bis c.p.p., la confisca per equivalente può oggi essere disposta anche in caso di sentenza del giudice dell’impugnazione che dichiara l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione (deve dunque escludersi che il giudice di primo grado possa disporre la confisca per equivalente in caso di sentenza di proscioglimento per prescrizione).
Fatta questa premessa, le Sezioni Unite partono dal dato incontestato della natura “eminentemente sanzionatoria” della confisca per equivalente (o di valore) desumibile dal fatto che tale misura colpisce beni privi di alcun rapporto di pertinenzialità con il reato, caratteristica che, pur in costanza dei medesimi effetti (l’espropriazione di beni a favore dello Stato) ne svilisce la natura di misura di sicurezza patrimoniale rendendo inapplicabile la regola stabilita, per le misure di sicurezza, dall’art. 200 c.p. (e dall’art. 236, c. 2, c.p., che consente la confisca anche in caso di estinzione del reato). Mentre la confisca diretta, reagendo alla pericolosità indotta nel reo dalla disponibilità di determinati beni, assolve a una funzione essenzialmente preventiva, la confisca per equivalente, che raggiunge beni che non hanno alcun rapporto con il reato, palesa una connotazione prevalentemente afflittiva. La funzione punitiva assolta dalla confisca per equivalente proietta quest’ultima nell’alveo tracciato dal primo comma dell’art. 25 Cost., non essendovi ragioni per escluderne la natura di sanzione penale anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 7, Conv. EDU.
Del resto, ricordano le Sezioni Unite, si tratta di un approdo al quale la Corte di cassazione era già pervenuta da tempo (Cass. pen., Sez. Un., 23/4/2013, n. 18374, A.; Cass. pen., Sez. Un., 21/7/2015, n. 31617, L.), sicché il fatto che la confisca di valore risulti parametrata al profitto od al prezzo dell’illecito solo da un punto di vista “quantitativo” e che dunque possa assolvere anche una funzione ripristinatoria della situazione economica, modificata in favore del reo dalla commissione del fatto illecito, nulla toglie al suo carattere marcatamente afflittivo/sanzionatorio, poiché l’oggetto dell’ablazione finisce per essere rappresentato direttamente da una porzione del patrimonio, il quale, in sé, non presenta alcun elemento di collegamento col reato. L’entità del profitto costituisce solo l’unità di misura del quantum, non un predicato della misura stessa che resta fondamentalmente sanzionatoria risolvendosi in una forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti.
Anche la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ha, in più occasioni, riconosciuto alla confisca natura di pena ai sensi dell’art. 7, Conv. EDU, rilevando che tale misura non tende alla riparazione pecuniaria di un danno, ma si pone obiettivi preventivi e repressivi, funzioni queste che appartengono alle sanzioni penali.
Dunque, concludono sul punto le Sezioni Unite, è la funzione sanzionatoria della confisca per equivalente che assorbe quella ripristinatoria e/o le eventuali altre concorrenti funzioni non penali, cui la confisca di valore si atteggi, e non viceversa.
Per queste ragioni, del resto, prima dell’introduzione dell’art. 578-bisc.p.p., la giurisprudenza di legittimità non dubitava dell’assoluta impossibilità di disporre la confisca in assenza di condanna, costituendo la condanna stessa presupposto essenziale della sua applicazione, con conseguente impossibilità della confisca per equivalente in caso di prescrizione del reato.
Assodata la natura sanzionatoria della confisca di valore, le Sezioni Unite hanno affrontato la questione relativa all’ambito applicativo dell’art. 578-bis c.p.p.
Ricordano che il primo orientamento, facendo maggiormente leva sulla funzione ripristinatoria della confisca per equivalente, attribuisce natura esclusivamente processuale alla disposizione, affermando perciò che la sua applicazione sarebbe retta dal principio “tempus regit actum”.
Il secondo indirizzo, invece, valorizzando la natura sanzionatoria della confisca per equivalente ed attribuendo all’art. 578-bis c.p.p. natura mista (sostanziale e processuale insieme), esclude l’applicabilità della disposizione ai fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore della norma stessa, sulla base del divieto di retroattività connaturato alla natura penale dell’istituto (ex art. 25, c. 2, Cost.) e alle garanzie convenzionali (art. 7 CEDU) applicabili nella materia penale.
Orbene, affermano le Sezioni Unite, il fatto che una norma, collocata topograficamente nel codice di rito, non disciplini i requisiti tipici di una incriminazione non vale ad escludere per ciò solo la natura sostanziale di essa e la sua sussunzione nell’area regolata dal principio di legalità in materia penale e di tutti i suoi corollari esplicitamente o implicitamente enunciati da norme costituzionali poste a presidio dei diritti fondamentali della persona (principalmente gli artt. 2, 3, 13, 25, 27, 101, 111 Cost.), tra cui il divieto di retroattività in peius delle norme penali.
Il divieto di retroattività delle leggi penali sfavorevoli ricomprende nel concetto di “punizione” e di “legge penale” tutte le norme che incidano negativamente sull’an, sul quantum e sul quomodo della punibilità.
La chiave di lettura sta nel principio di prevedibilità delle conseguenze dell’azione che è codificato (o comunque ricavabile) dall’art. 25, c. 2, Cost., e dall’art. 7, Conv. EDU: siccome una delle ragioni poste a fondamento del divieto di retroattività della norma penale in peius risiede nell’esigenza di garantire al destinatario della norma una ragionevole prevedibilità circa le conseguenze cui si esporrà trasgredendo il precetto penale (le cosiddette libere scelte d’azione), il tempo in cui è realizzata la condotta vietata è centrale rispetto alle modifiche temporali del quadro esistente al momento del compimento delle scelte individuali. Lo impongono il principio di legalità di cui all’art. 25, c. 2, Cost., il quale esige che, al momento del fatto commesso, il soggetto abbia non soltanto la necessaria conoscibilità del precetto, ma anche la conoscibilità e prevedibilità della sanzione penale prevista per la relativa violazione, e quello del “nulla poena sine lege” di cui all’art. 7, Conv. EDU, il quale non consente nemmeno l’applicazione retroattiva dell’interpretazione giurisprudenziale di una norma penale (il cd. “diritto vivente”), allorquando il risultato interpretativo non era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui la violazione era stata commessa.
Nel “fuoco della prevedibilità” devono farsi rientrare, sottolineano le Sezioni Unite, tutte le conseguenze sanzionatorie della condotta, in modo da garantire l’effettiva prevedibilità anche di esse al momento della commissione del fatto, senza che il legislatore, modificando la normativa, possa realizzare nei confronti del destinatario un effetto “a sorpresa” e, dunque, imprevedibile, in quanto ciò si porrebbe in contrasto con l’art. 7 CEDU e, quindi, con l’art. 117 Cost.
La prima garanzia per l’individuo, nell’ottica della Convenzione europea, consiste nell’esclusione della “sorpresa” e richiede invece la “prevedibilità” del limite posto dallo Stato al godimento di un diritto o all’esercizio di una libertà dell’individuo, sicché, in tale ottica, la “sorpresa” è essa stessa costitutiva di abuso.
Da ciò si ricava, da un lato, un obbligo per lo Stato di una preventiva e adeguata informazione sui precetti da osservare nonché su tutte le conseguenze sanzionatorie che derivano dalla loro violazione e, dall’altro, il diritto dei cittadini di accedere e calcolare in un preciso arco temporale, ossia al momento in cui è posta messere la condotta, se e quale comportamento tenere, avendo essi il diritto a non essere sorpresi ex post da estensioni interpretative o da mutamenti dello stato di fatto non conoscibili e, dunque, non prevedibili ex ante.
Quando una disposizione che il diritto interno definisce processuale influisce sulla severità della pena da infliggere, per la Corte EDU tale disposizione deve essere qualificata come «diritto penale materiale», a cui è applicabile l’ultimo capoverso dell’art. 7, § 1, Conv. EDU. Occorre pertanto avere riguardo all’intera disciplina «in forza» della quale si è o non si è «puniti». Il che porta a superare una visione tutta incentrata sul momento statico, pure importante, dell’incriminazione, incapace tuttavia di “leggere” le nuove forme di penalità e le questioni, che si agitano nel diritto vivente, sulla modifica della natura della pena, tradizionalmente intesa, e sul conseguente “ampliamento” del concetto di sanzione.
Dunque, concludono le Sezioni Unite, l’art. 578-bis c.p.p. ha natura mista, sostanziale e processuale, trattandosi di norma non meramente ricognitiva di un principio esistente nell’ordinamento, sebbene non codificato, ma che ha natura costitutiva “in parte qua”, perché attributiva del potere, in precedenza precluso al giudice, di mantenere in vita una pena (la confisca per equivalente) che, anteriormente all’introduzione dell’articolo 578-bis c.p.p., non poteva, secondo il diritto vivente, in alcun modo essere applicata nel caso di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. Il che esclude che la confisca di valore possa essere retroattivamente applicata a fatti-reato commessi quando tale misura non era in alcun modo adottabile (come in caso di sentenza di proscioglimento per prescrizione ancorché pronunciata a seguito di pieno accertamento della responsabilità penale dell’imputato).
Nel caso di specie, le Sezioni Unite hanno riconosciuto che, nel momento in cui il ricorrente aveva posto in essere le condotte contestate, non era ragionevolmente prevedibile l’applicazione di una sanzione penale, come la confisca per equivalente, in assenza di una pronuncia di condanna in senso formale a seguito della realizzazione di un’infrazione penalmente rilevante (e il diritto vivente – sottolineano – si è poi assolutamente consolidato in tale senso con le Sezioni Unite Lucci, cit.).
Di qui l’affermazione del principio di diritto sopraindicato, in applicazione del quale il ricorso è stato accolto e la sentenza impugnata è stata annullata senza rinvio per prescrizione dei reati (e conseguente revoca della confisca).
Riferimenti normativi: