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Esito positivo della messa alla prova: niente sequestro a garanzia della parte civile

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Misure cautelari

Misure cautelari

Esito positivo della messa alla prova: niente sequestro a garanzia della parte civile

venerdì 17 marzo 2023

a cura della Redazione Wolters Kluwer

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui il GIP del Tribunale aveva dichiarato ai sensi dell’art. 464-septies c.p.p. non doversi procedere nei confronti di un imputato per esito positivo della messa alla prova, disponendo il mantenimento del sequestro di un immobile a garanzia del residuo credito vantato dalla parte civile INPS, la Corte di Cassazione penale, Sez. VI, con la sentenza 8 marzo 2023, n. 9850 – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui la disposizione di cui all’art. 323 c.p.p., comma 4 sarebbe applicabile solo nel caso di sentenza di condanna e non anche quando il giudice prosciolga l’imputato – ha affermato il principio secondo cui il sequestro preventivo disposto sui beni dell’imputato ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 1, può essere convertito in sequestro conservativo su richiesta del pubblico ministero o della parte civile, esclusivamente nel caso in cui sia intervenuta sentenza di condanna e non quando sia intervenuta sentenza di non doversi procedere per esito positivo della messa alla prova.

Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 8 marzo 2023, n. 9850

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Non si rinvengono precedenti in termini
Difformi Non si rinvengono precedenti in termini

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 323, c.p.p., sotto la rubrica «Perdita di efficacia del sequestro preventivo», prevede che “1. Con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, ancorché soggetta a impugnazione, il giudice ordina che le cose sequestrate siano restituite a chi ne abbia diritto, quando non deve disporre la confisca a norma dell’articolo 240 del Codice penale. Il provvedimento è immediatamente esecutivo.

  1. Quando esistono più esemplari identici della cosa sequestrata e questa presenta interesse a fini di prova, il giudice, anche dopo la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere impugnata dal pubblico ministero, ordina che sia mantenuto il sequestro di un solo esemplare e dispone la restituzione degli altri esemplari.
  2. Se è pronunciata sentenza di condanna, gli effetti del sequestro permangono quando è stata disposta la confisca delle cose sequestrate.
  3. La restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all’imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell’articolo 316”.

Per quanto qui rileva, il sequestro preventivo può essere convertito in sequestro probatorio o in sequestro conservativo. La prima ipotesi si verifica nel caso in cui si tratti dei c.d. “sequestri di massa”, quelli, cioè, in cui oggetto di cautela reale preventiva siano stati più esemplari identici della stessa cosa (prodotti alimentari, videocassette, pellicole cinematografiche, pubblicazioni, ecc.). In siffatta ipotesi, se sussistono delle ragioni di accertamento probatorio, anche dopo la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere impugnata dal PM, il giudice ordina il mantenimento del sequestro su un solo esemplare e dispone la restituzione degli altri. In questo modo, il legislatore ha risolto molti dei problemi applicativi sorti in passato in riferimento all’art. 622 c.p.p.

Invero, la previsione di tre distinti tipi di sequestro (probatorio, preventivo e conservativo) all’interno dell’attuale sistema codicistico ha consentito un’impostazione più razionale della disciplina sulla restituzione della res attraverso la previsione della possibilità di transitare dall’uno all’altro tipo di sequestro. In particolare, tra i presupposti contemplati dall’art. 321, comma 2, rilevante è il fatto che l’impugnazione da parte del pubblico ministero della sentenza di proscioglimento non costituisca un limite alla restituzione della res, così come invece, secondo una costante interpretazione giurisprudenziale, accadeva in passato.

A fronte dell’odierno dettato legislativo, si tratta di comprendere se l’organo giurisdizionale possa procedere ex officio al mantenimento del sequestro su un solo esemplare. Un quesito, quest’ultimo, cui alcuni autori hanno dato risposta affermativa, ritenendo, peraltro, che la norma comprenda non solo le sentenze di proscioglimento, ma qualsiasi decisione, anche quelle di condanna. D’altro canto, va evidenziato come l’art. 323, comma 2, si riferisca ad un mantenimento del sequestro, piuttosto che ad una conversione. Ciò nonostante, in dottrina, si è evidenziato come il passaggio da un tipo di sequestro ad un altro non debba considerarsi automatico, essendo, invece, necessaria, un’apposita ordinanza da parte del giudice che espressamente motivi le ragioni per le quali si è ritenuto di non restituire in toto le cose oggetto di sequestro, specificando le esigenze probatorie che giustificano il mantenimento della misura.

Ulteriore ipotesi di conversione vede il sequestro preventivo tramutarsi in sequestro conservativo. Anche in tal caso perché possa essere disposto il sequestro a fini conservativi è necessario che sussistano tutti i relativi presupposti. È da escludere un’iniziativa ex officio del giudice, la cui decisione, invece, presuppone una richiesta del pubblico ministero o della parte civile, cioè gli stessi soggetti legittimati ad attivarsi nella richiesta del sequestro ex art. 316. Si ritiene che il riferimento espresso alla parte civile impedisca alla persona offesa, anche se danneggiata, ma non costituita parte civile, di richiedere la conversione del vincolo cautelare. Peraltro, perché possa procedersi a tale conversione è necessario che le cose da sequestrare appartengano all’imputato o al responsabile civile. Non è escluso che a fronte dell’eventualità di una conversione in sequestro a fini conservativi, l’imputato o il responsabile civile prestino idonea cauzione per impedire siffatta trasformazione.

In giurisprudenza si è peraltro chiarito che il sequestro preventivo disposto sui beni dell’imputato ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 1, può essere convertito in sequestro conservativo su richiesta del pubblico ministero o della parte civile, ma ciò esclusivamente nel caso in cui sia intervenuta sentenza di condanna (Cass. pen. sez. II, n. 16608 dell’8/4/2011, Q., CED Cass. 250111, relativa a declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione; in senso conforme – sempre in relazione al proscioglimento per prescrizione – Cass. pen. sez. IV, n. 15154 del 1/2/2017, E.I., inedita, che sul punto ha così motivato: “l’istituto del sequestro conservativo di cui agli artt. 316 e ss. c.p.p. è strumentale al mantenimento delle garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese processuali ovvero al soddisfacimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, sicché la sua conferma presuppone una sentenza di condanna, la cui irrevocabilità determina la conversione del sequestro in pignoramento, secondo quanto previsto dall’art. 320 c.p.p. È dunque evidente che in assenza di una pronuncia di condanna, gli effetti del sequestro conservativo cessano, come espressamente previsto dall’art. 317 c.p.p., comma 4, secondo cui ciò avviene quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione”.

Tanto premesso, nel caso in esame, il GIP del Tribunale aveva dichiarato ai sensi dell’art. 464-septies c.p.p. non doversi procedere nei confronti di A.A. per esito positivo della messa alla prova – adottata in relazione alla contestazione di due distinti fatti di reato exart. 316-ter c.p. disponendo ai sensi dell’art. 323 c.p.p., comma 4 il mantenimento del sequestro di un immobile a garanzia del residuo credito vantato dalla parte civile INPS, pari ad euro 85.506,14. Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’interessato, sostenendone l’erroneità dal momento che la disposizione di cui all’art. 323 c.p.p., comma 4 sarebbe applicabile solo nel caso di sentenza di condanna e non anche quando, come nel caso di specie, il giudice prosciolga l’imputato.

La Cassazione, nell’accogliere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, la S.C. ha ritenuto che il principio già affermato in caso di prescrizione, vada confermato anche in riferimento al proscioglimento dell’imputato per esito positivo della messa alla prova. Invero, non ha ritenuto condivisibile la tesi, sostenuta dalla parte civile INPS, secondo la quale la decisione che dichiara estinto il reato per esito positivo della messa alla prova non potrebbe essere assimilata ad una ordinaria sentenza di proscioglimento in quanto “la probation… ha di certo una componente afflittiva che garantisce comunque una funzione social preventiva e di risocializzazione e persegue, tra l’altro, finalità riparatorie comprese quelle del risarcimento del danno all’offeso”.

La Cassazione, invero, ha già affrontato il tema relativo alla natura della sentenza di estinzione del reato a seguito del procedimento di messa alla prova, escludendo che essa sia idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e sulla responsabilità (sul punto: Cass. pen. sez. II, n. 53648 del 05/10/2016, M., CED Cass. 268635, che ha precisato come tale sentenza non possa essere posta alla base di un contrasto di giudicati tra coimputati per il medesimo reato che abbiano diversamente definito la loro posizione processuale; Cass. pen. sez. III, n. 53640 del 18/07/2018, D., CED Cass. 275183; Cass. pen. sez. III, n. 39455 del 10/05/2017, L.B., CED Cass. 271642, che hanno escluso che l’ordine di demolizione dell’opera edilizia abusiva da parte del giudice penale, prevista dal D.P.R. n. 380/2001, art. 31, comma 9, possa essere adottato in sede di declaratoria di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-ter c.p., in quanto il relativo provvedimento non può essere equiparato ad una sentenza di condanna in quanto prescinde da un accertamento di penale responsabilità; da ultimo, Cass. pen. sez. V, n. 49478 del 13/11/2019, A., CED Cass. 277519, che ha escluso che la confisca prevista dall’art. 474-bis c.p., comma 4, possa essere disposta con sentenza ex art. 464-septies c.p., non avendo questa natura di condanna).

In riferimento, poi, allo specifico tema dell’azione civile, si è già ritenuto che sia illegittimo il capo della sentenza che, dichiarando l’estinzione del reato ai sensi dell’art. 464-septies c.p.p., condanni l’imputato al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla parte civile, atteso che il risarcimento della vittima, unitamente alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, costituisce un presupposto imprescindibile dell’istituto; ne consegue che, qualora le prescrizioni imposte dal giudice ai sensi dell’art. 464-quinquies c.p.p. non rispondano alle pretese della parte civile, quest’ultima potrà tutelarsi nell’ambito di un autonomo giudizio civile, senza subire alcun effetto pregiudizievole dalla sentenza di proscioglimento che, non essendo fondata su elementi di prova, non è idonea ad esprimere un compiuto accertamento sul merito dell’accusa e sulla responsabilità (Cass. pen. sez. V, n. 33277 del 28/03/2017, Z., CED Cass. 270533).

Da qui, pertanto, l’accoglimento del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. 323 c.p.p.

Art. 464-septies c.p.p.

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