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Inammissibilità dell’impugnazione: equiparazione tra certificato elettronico scaduto e mancata sottoscrizione digitale

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Procedura penale

Impugnazioni

Inammissibilità dell’impugnazione: equiparazione tra certificato elettronico scaduto e mancata sottoscrizione digitale

lunedì 20 novembre 2023

di Di Muzio Francesca Avvocato

La Corte di Cassazione penale si pronuncia sull’inammissibilità dell’impugnazione per equiparazione fra certificato elettronico scaduto e mancata sottoscrizione dello stesso e con la sentenza 10 novembre 2023, n. 45316 in commento, ribadisce che deve trovare applicazione la generale disciplina del CAD, che sancisce all’art.24, comma 4-bis che: “l’apposizione a un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma elettronica qualificata, basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso, equivale a mancata sottoscrizione, salvo che lo stato di sospensione sia stato annullato”.

Cassazione penale, Sez. F., sentenza 10 novembre 2023, n. 45316

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Non si rinvengono precedenti
Difformi Cass. pen., Sez. VI, 3/7/2023, n. 34099

Cass. pen., Sez. V, 10/5/2021, n.24953

La Corte di Appello di Milano, con sentenza emessa il 10 novembre 2022, confermava quella del Tribunale milanese, che aveva accertato la responsabilità penale di B.D.R. in ordine al delitto di false comunicazioni sociali previste dall’art. 2621 c.c. All’imputato veniva contestato, nella qualità di amministratore unico della I.D. s.r.l., di avere consapevolmente e al fine di conseguire un ingiusto profitto, consistito nella mancata dichiarazione di fallimento della società, rappresentato nei bilanci degli anni 2010-2014 fatti materiali rilevanti non corrispondenti al vero, in quanto:

– le immobilizzazioni immateriali, che nel bilancio 2009 erano pari ad euro 216.309,00, subirono una graduale riduzione fino ad azzerarsi nel bilancio 2021;

– i debiti, che nel bilancio 2009 risultavano pari ad euro 478.708, 00, nel 2010 ammontavano a euro 21.010,00 e nel bilancio 2012 risultavano essere pari ad euro 70.629,00

– le riserve, che nel 2002 erano nulle, nel 2010 ammontavano ad euro 354.873,00, aumentando fino ad euro 398.870/00 nel bilancio 2012;

la nota integrativa al bilancio, inoltre, non accennava a nulla in merito a una operazione che avrebbe consentito di ridurre notevolmente i debiti e aumentare le riserve.

Avverso tale condanna proponeva ricorso per Cassazione l’imputato, articolando quattro motivi di doglianza.

Con il primo motivo deduceva violazione di legge di cui all’art. 2621 c.c.

Con il secondo motivo deduceva violazione di legge di cui all’art. 2621 c.c. e vizio di motivazione in ordine alla falsità relativa al trasferimento dei debiti per finanziamenti infruttiferi ai soci.

Con il terzo motivo l’imputato deduceva violazione dell’art. 2621 c.c. e vizio di motivazione in quanto la Corte D’Appello non ebbe a riqualificare la condotta ai sensi dell’art.2621 -bis comma 1 cod.civ.

Con il quarto motivo l’imputato deduceva violazione dell’art. 2621-ter c.c. e vizio di motivazione in quanto la Corte D’Appello avrebbe escluso la non punibilità senza fare riferimento all’entità del danno cagionato alla società.

Il ricorso veniva dichiarato dalla Corte di Cassazione inammissibile ai sensi dell’art. 24, comma 6-sexies, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n.176.

La cancellaria della Corte di Cassazione, difatti inviando gli atti alla stessa aveva annotato che l’impugnazione era stata firmata digitalmente dal difensore ma il certificato era scaduto e non ancora valido.

La Corte di Cassazione facendo applicazione dei principi generali del CAD, da applicarsi anche al processo penale telematico, richiamando l’art.24, comma 4-bis ha affermato: “l’apposizione a un documento informatico di una firma digitale o di un altro tipo di firma elettronica qualificata, basata su un certificato elettronico revocato, scaduto o sospeso, equivale a mancata sottoscrizione, salvo che lo stato di sospensione sia stato annullato”.

La Corte prosegue sostenendo che nel caso in esame deve trovare applicazione l’art.24. comma 4-bis CAD, che opera l’equiparazione fra certificato elettronico scaduto e mancata sottoscrizione digitale, venendo così ad essere integrata la causa di inammissibilità dell’impugnazione prevista dall’art. 24, comma 6-sexies, lett. a), del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n.176.

Il difetto e l’irregolarità della certificazione informatica della riferibilità dell’atto al suo autore (firma digitale), della provenienza dell’atto da detto soggetto (intestazione della casella Pec), della abilitazione del difensore (presenza nel REG.IND:E.-registro informatico degli indirizzi elettronici), della riferibilità all’ufficio giudiziario della casella di destinazione(provvedimento dirigenziale contenente l’elenco degli indirizzi elettronici degli uffici giudiziari abilitati), della completezza e integrità degli atti inviati (firma digitale degli allegati), non pongono soltanto in dubbio l’idoneità  dell’atto al raggiungimento dello scopo processuale che la legge gli affida, ma ne determinano l’inesistenza giuridica.

Come osserva Cass. pen., Sez. I, 15 ottobre 2021, n. 41098 P., i requisiti tecnici enumerati all’art. 24, comma 6-sexies, D.L. n. 137/2020, sono posti a presidio del rispetto delle garanzie sostanziali che la normativa processuale deve assicurare alla valenza processuale dell’atto informatico di parte. Prosegue la sentenza: “Tali carenze o vizi vulnerano, infatti, la stessa esistenza dell’atto creato e spedito in forme diverse da quelle stabilite dalla normativa emergenziale che introduce una deroga, da interpretarsi quindi in senso restrittivo rispetto alle ordinarie regole processuali in ragione dell’eccezionalità delle condizioni che ne hanno giustificato l’adozione, ai normali schemi formali di proposizione  dell’impugnazione, sicché può affermarsi che l’impugnazione che difetti di detti specifici requisiti non viene di fatto ad esistenza.

Pertanto, alla luce del principio applicato la Corte di Cassazione dichiara inammissibile ai sensi dell’art. 24, comma 6-sexies, lett. a), D.L. n. 137/2020, il ricorso per cassazione sottoscritto con firma digitale corredata da un certificato elettronico scaduto, per quanto previsto dall’art. 24 comma 4-bis, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 – CAD, in quanto l’apposizione a un documento informatico di una firma digitale o di altro tipo di firma elettronica qualificata, basata su un certificato elettronico scaduto, equivale a mancata sottoscrizione.

Riferimenti normativi:

Art. 24, comma 6-sexies, lett. a), D.L. n. 137/2020

Art. 24 comma 4-bis, D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82

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