Procedura penale
Processo penale
Valida l’istanza telematica solo se inviata alla PEC indicata da DGSIA
giovedì 16 novembre 2023
a cura della Redazione Wolters Kluwer
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il magistrato di sorveglianza aveva dichiarato inammissibile l’istanza di ammissione di un detenuto al patrocinio a spese dello Stato perché indirizzata ad una PEC diversa da quella risultante dal provvedimento DGSIA 9/11/2020, la Corte di Cassazione penale, Sez. IV, con la sentenza 6 novembre 2023, n. 44368 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui l’errore andava considerato una mera irregolarità, non potendo determinare conseguenze processuali irreversibili in violazione della garanzia costituzionale di tutela giurisdizionale dei diritti – ha invece riaffermato che è inammissibile l’istanza inoltrata telematicamente ad uno degli indirizzi PEC dell’ufficio giudiziario destinatario risultanti dalla pagina WEB, in quanto ai fini della validità dell’istanza deve tenersi conto esclusivamente del provvedimento del Direttore DGSIA 9 novembre 2020, il quale costituisce l’unico ed inderogabile punto di riferimento per il difensore, che non può affidarsi alle indicazioni non ufficiali contenute nella pagina web dell’ufficio giudiziario destinatario dell’istanza medesima.
Cassazione penale, Sez. IV, sentenza 6 novembre 2023, n. 44368
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen., Sez. VI, 8/6/2023, n. 33045 |
Difformi | Non si rinvengono precedenti |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 94, D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sotto la rubrica «Disposizioni transitorie in materia di videoregistrazioni e di giudizi di impugnazione», attuativo della c.d. riforma “Cartabia” stabilisce che “1. Le disposizioni di cui all’articolo 30, comma 1, lettera i), si applicano decorsi sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
- Per le impugnazioni proposte sino al quindicesimo giorno successivo alla scadenza del termine del 31 dicembre 2023, di cui ai commi 1 e 3 dell’articolo 87, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui agli articoli 23, commi 8, primo, secondo, terzo, quarto e quinto periodo, e 9, e 23-bis, commi 1, 2, 3, 4 e 7, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176. Se sono proposte ulteriori impugnazioni avverso il medesimo provvedimento dopo la scadenza dei termini indicati al primo periodo, si fa riferimento all’atto di impugnazione proposto per primo”.
In ordine alle modalità di deposito dell’impugnazione, e alle conseguenze della sua inosservanza, deve aversi riguardo a quanto disposto dal D.Lgs. n. 150/2022, art. 87-bis, introdotto dal D.L. n. 162 cit. Al comma 1 si prevede tra l’altro che – fino all’entrata a regime del nuovo processo telematico – il deposito dell’atto sia effettuato presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari, indicati con provvedimento della DGSIA, pubblicato nel portale dei servizi telematici.
Con specifico riferimento alle impugnazioni, si prevede – come regola generale – che l’atto sia trasmesso tramite PEC dall’indirizzo PEC del difensore a quello dell’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato ai sensi del comma 1. L’elenco degli indirizzi PEC “legittimati” a ricevere le predette impugnazioni è stato adottato con provvedimento 9 novembre 2020, recante “Individuazione degli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari dei depositi di cui all’art. 24, comma 4, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, e le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio”.
In particolare, è lo stesso art. 2 di tale provvedimento a stabilire espressamente che “gli indirizzi di posta elettronica certificata degli uffici giudiziari destinatari utilizzabili per il deposito con valore legale degli atti, documenti e istanze comunque denominati di cui all’art. 24, comma 4, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, sono riportati nell’elenco di cui all’allegato n. 1 al presente provvedimento”.
Tanto premesso, nel caso in esame, il difensore aveva inviato al magistrato di sorveglianza l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio proposta dal proprio cliente detenuto. Il Magistrato di sorveglianza aveva rilevato che il reclamo era stato trasmesso all’indirizzo e-mail dell’Ufficio di sorveglianza anziché all’indirizzo e-mail “dedicato” dello stesso Ufficio di sorveglianza, risultante dal predetto provvedimento 9/11/2020, in base a quanto previsto dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, art. 87-bis, commi 3, 4 e 6, introdotto dalla L. 30 dicembre 2022 di conversione del D.L. n. 162/2022. Pertanto, ai sensi dell’art. 87-bis, comma 8, D.Lgs. cit., il Magistrato di sorveglianza aveva dichiarato d’ufficio, con ordinanza, l’inammissibilità dell’impugnazione.
Ricorrendo in Cassazione, la difesa dell’istante ne riteneva l’erroneità, sostenendo che l’atto in questione era stato spedito mediante e-mail ad indirizzo PEC del medesimo Ufficio di sorveglianza, risultante dalla pagina web di tale Ufficio. Non si poteva onerare il difensore ad utilizzare un indirizzo e-mail di posta ordinaria PEO, privo di valore legale, per il deposito di un’impugnazione. L’indirizzo PEC individuato dal Magistrato di sorveglianza non era previsto in nessun pubblico elenco né ricompreso nell’elenco ufficiale del registro generale degli indirizzi elettronici. Nella fattispecie in esame, si era raggiunta la finalità dell’invio, per cui non sussistevano ragioni per negare la validità e l’efficacia del deposito. Era applicabile il principio affermato in materia civile, in base al quale, quando l’iscrizione a ruolo ha raggiunto lo scopo di pervenire a conoscenza dell’Ufficio di Cancelleria, l’errore va considerato una mera irregolarità, non potendo determinare conseguenze processuali irreversibili in violazione della garanzia costituzionale di tutela giurisdizionale dei diritti.
La Cassazione, nel disattendere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. Premessa, in particolare, la richiamata disciplina transitoria dettata dalla c.d. riforma Cartabia, la Cassazione ha ritenuto che le valutazioni del Magistrato di sorveglianza in ordine all’erroneità dell’indirizzo del destinatario utilizzato dalla difesa per la proposizione dell’opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di gratuito patrocinio andavano ritenute corrette.
Per la S.C. deve evidentemente aversi riguardo all’individuazione degli indirizzi PEC operata con provvedimento del 9 novembre 2020 dal Direttore Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati del Ministero della Giustizia, contenuta nell’allegato al predetto provvedimento. In tale allegato, compare l’indirizzo richiamato nell’ordinanza in questione, e non anche l’indirizzo utilizzato dal difensore. Del resto, prosegue la S.C., la corrispondenza di tale indirizzo al Magistrato e al Tribunale di sorveglianza e la necessità di fare esclusivamente uso dell’indirizzo medesimo emergono con assoluta chiarezza dalla pagina dedicata a tale Ufficio nel sito del Ministero della giustizia, in cui si specifica che l’indirizzo per adire tale organo giudiziario è appunto l’indirizzo e-mail indicato dal magistrato di sorveglianza.
La S.C. prende sì atto che le plurime indicazioni di indirizzi e-mail evincibili dalla pagina web del Tribunale e dell’Ufficio di Sorveglianza potrebbero ingenerare equivoci. Come sopra evidenziato, tuttavia, la disciplina in materia è tassativa, per cui il predetto provvedimento del 9 novembre 2020 doveva costituire l’unico ed inderogabile punto di riferimento per il difensore, che non si sarebbe dovuto affidare alle indicazioni non ufficiali contenute nella pagina web suindicata.
Tali valutazioni si pongono in linea con il costante orientamento giurisprudenziale di legittimità, che hanno confermato la legittimità delle dichiarazioni di inammissibilità pronunciate alla stregua del quadro normativa sopra riportato, anche in relazione a richieste di riesame cautelare personale e ad istanze di rinvio per legittimo impedimento erroneamente indirizzate (Cass. pen., Sez. VI, n. 33045 dell’8/6/2023, N., inedita; Cass. pen., Sez. III, n. 32467 del 23/5/2023, A., inedita; Cass. pen., Sez. VI, n. 31802 del 4/5/2023, C., inedita; Cass. pen., Sez. I, n. 28757 del 28/4/2023, J., inedita).
Per i Supremi Giudici, la lettura sostanzialista e conservativa del mezzo di impugnazione prospettata dalla difesa concerne altri aspetti formali, quali, ad esempio, l’invio dell’atto da una PEC non intestata al difensore o la mancata sottoscrizione digitale delle copie informatiche degli allegati, in assenza di un dubbio sulla provenienza dell’atto, ipotesi comunque opportunamente espunte dalla norma vigente dall’elenco delle cause di inammissibilità (Cass. pen., Sez. VI, n. 33038 del 25/5/2023, E., inedita).
Da qui, pertanto, l’inammissibilità del ricorso.
Riferimenti normativi: