Procedura penale
Processo penale
No all’aumento di 15 gg. per ricorrere in cassazione nel giudizio cartolare di appello cui l’imputato non aveva chiesto di partecipare
lunedì 18 dicembre 2023
a cura della Redazione Wolters Kluwer
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte di appello aveva confermato la condanna di un imputato per i reati di cui maltrattamenti in famiglia e lesioni personali volontarie, la Corte di Cassazione penale, Sez. VI, con la sentenza 12 dicembre 2023, n. 49315 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui mancava la motivazione circa la sussistenza dell’elemento psicologico del reato di maltrattamenti – ha esaminato d’ufficio la questione relativa alla tempestività del ricorso, risolvendola negativamente con l’affermare che, nel caso in cui il giudizio di appello sia stato trattato con procedimento camerale non partecipato e non sia stata avanzata tempestiva istanza di partecipazione ex art. 598-bis, comma 2, c.p.p., l’imputato appellante non può considerarsi “giudicato in assenza”, in quanto, in tal caso, il processo è celebrato senza la fissazione di un’udienza alla quale abbia diritto di partecipare, sicché, ai fini della presentazione del ricorso per cassazione, lo stesso non potrà beneficiare dell’aumento di quindici giorni del termine per l’impugnazione previsto dall’art. 585, comma 1-bis, c.p.p.
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 12 dicembre 2023, n. 49315
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Non si rinvengono precedenti |
Difformi | Non si rinvengono precedenti |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 585, c.p.p., sotto la rubrica «Termini per l’impugnazione», dopo aver affermato al comma 1 che “1. Il termine per proporre impugnazione, per ciascuna delle parti, è: a) di quindici giorni, per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e nel caso previsto dall’articolo 544 comma 1; b) di trenta giorni, nel caso previsto dall’articolo 544 comma 2; c) di quarantacinque giorni, nel caso previsto dall’articolo 544 comma 3”, per quanto qui di interesse specifica nel nuovo comma 1-bis che “I termini previsti dal comma 1 sono aumentati di quindici giorni per l’impugnazione del difensore dell’imputato giudicato in assenza”. In base alla disciplina transitoria contenuta al D.Lgs. n. 150/2022, art. 89, comma 3, tale norma si applica, infatti, alle sole impugnazioni che investono sentenze pronunciate in data successiva a quella della sua entrata in vigore (30 dicembre 2022).
Tanto premesso, nel caso in esame, la sentenza esaminata dalla Cassazione era stata emessa all’udienza celebrata in forma “non partecipata”, ed era stata redatta con motivazione contestuale. Nella fattispecie in esame, dunque, il termine per l’impugnazione era quello di quindici giorni previsto dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a), in quanto l’udienza si era tenuta dopo il 30 dicembre 2022. Trattandosi, dunque, di una sentenza emessa successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2022, occorreva chiarire se fosse o meno applicabile l’aumento di quindici giorni previsto dall’art. 585 c.p.p., comma 1-bis introdotto dal citato D.Lgs. n. 150/2022, “per l’ impugnazione del difensore dell’imputato giudicato in assenza“.
Orbene, la S.C., con la sentenza qui commentata su cui non si registrano precedenti, ha ritenuto di dover esaminare la questione alla luce della nuova disciplina dell’assenza dell’imputato nel giudizio di appello. La riforma del 2022 ha, infatti, introdotto all’art. 598-ter c.p.p. una peculiare disciplina in cui le disposizioni generali in tema di assenza, contenute all’art. 420-bis c.p.p., vengono ad integrarsi con le diverse forme di trattazione del giudizio di appello, ovvero in camera di consiglio con la partecipazione delle parti (art. 599), in pubblica udienza (art. 602) o in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti (art. 598-bis).
Con riferimento alle prime due forme di trattazione del giudizio di appello, l’art. 598-ter disciplina diversamente l’assenza dell’imputato a seconda che questi rivesta o meno la posizione di appellante. Per l’imputato appellante il comma 1 prevede, infatti, che qualora egli non sia presente all’udienza di cui agli artt. 599 e 602, “è sempre giudicato in assenza anche fuori dai casi di cui all’art. 420-bis“.
La ratio di tale disposizione può essere individuata analizzando congiuntamente la nuova disciplina della forma dell’impugnazione introdotta dal D.Lgs. n. 150/2022 ai commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581. In particolare, al comma 1-quater si prevede che per l’imputato giudicato in assenza è necessario che all’atto di impugnazione sia allegato, a pena di inammissibilità dell’impugnazione, specifico mandato ad impugnare che deve essere rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenere la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. Dal combinato disposto di tale disposizione con l’art. 598-ter c.p.p. emerge, dunque, che attraverso tale disciplina il legislatore ha inteso correlare l’ammissibilità dell’impugnazione proposta dall’imputato giudicato in assenza ad elementi sintomatici della conoscenza con certezza della pendenza del processo a suo carico e della sentenza che definisce il grado di giudizio, cosicché, una volta verificata la sussistenza dello specifico requisito di forma dell’impugnazione correlato alla data del mandato difensivo ed al suo contenuto, il giudice di appello potrà procedere in assenza anche nel caso in cui manchino le condizioni previste dall’art. 420-bis c.p.p., commi 1, 2 e 3. In tal caso, infatti, l’assenza in udienza dell’imputato può con certezza ascriversi ad una sua scelta difensiva volontaria e consapevole, riconducibile ad una tacita rinuncia al diritto di presenziare al processo.
Tale conclusione trova riscontro anche nel considerando n. 35 della direttiva UE 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali, in cui si chiarisce che il diritto degli indagati e imputati di presenziare al processo non è assoluto, ma, a determinate condizioni, questi possono rinunciarvi, esplicitamente o tacitamente, purché in modo inequivocabile.
Una diversa disciplina è, invece, prevista in caso di mancata partecipazione dell’imputato non appellante all’udienza camerale “partecipata” o a quella pubblica. In tal caso, infatti, mancano gli indici sintomatici di conoscenza certa della pendenza del processo e della sentenza correlati alla presentazione dell’impugnazione, cosicchè l’assenza all’udienza assume un valore equivoco. Per tale ragione, l’art. 598-ter, comma 2, prevede che, una volta verificata la regolarità della notificazione, il giudice di appello è tenuto a valutare se sussistono le condizioni per procedere in sua assenza ai sensi dell’art. 420-bis, commi 1, 2 e 3. Ove tale accertamento abbia un esito negativo, il legislatore della riforma ha previsto una peculiare disciplina rispetto a quella prevista per il giudizio di primo grado. Mentre, infatti, in tale ultimo caso il giudice emette sentenza di non doversi procedere per mancata conoscenza della pendenza del processo (art. 420-quater c.p.p.), nel caso del giudizio di appello la corte dispone, invece, con ordinanza, la sospensione del processo e l’esecuzione delle ricerche dell’imputato non appellante ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.
In tal caso, inoltre, ai sensi dell’art. 344-bis c.p.p., comma 6, terzo periodo, i termini di durata massima del giudizio di impugnazione, previsti dai primi due commi della norma, sono sospesi, con effetto per tutti gli imputati. Nel caso, infine, in cui il giudizio di appello sia trattato in forma non partecipata, l’art. 598-ter, comma 4 disciplina esclusivamente l’assenza dell’imputato non appellante prevedendo che la corte di appello, qualora non sussistano le condizioni per procedere in sua assenza ai sensi dell’art. 420-bis c.p.p., commi 1, 2 e 3, disponga la sospensione del processo e le nuove ricerche dell’imputato. Le ragioni di tale disciplina sono identiche a quelle già esaminate supra con riferimento alla mancata partecipazione dell’imputato non appellante alle udienze “partecipate”. La disposizione in esame non contiene, invece, alcuna previsione per l’imputato appellante. Nè, tantomeno, si richiama la disposizione del comma 1 che consente di procedere in assenza dell’imputato appellante anche fuori dai casi previsti dall’art. 420-bis.
Orbene, ritiene la S.C. che tale silenzio normativo non sia frutto di alcuna dimenticanza da parte del legislatore, ma sia, piuttosto, pienamente coerente con la nuova disciplina della forma dell’impugnazione e, soprattutto, con la diversa logica sottesa alla diversificazione del rito nel giudizio di appello. Va, infatti, considerato, da un lato, che affinchè l’impugnazione sia ammissibile, ove l’ imputato sia stato giudicato in assenza in primo grado, è necessario che a questa sia allegato il mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla pronuncia della sentenza, elemento, questo, sintomatico di conoscenza certa della pendenza del processo e della sentenza stessa; dall’altro lato, va, inoltre, tenuto conto del fatto che, in caso di rito camerale non partecipato, il contraddittorio tra le parti è solo cartolare, ai sensi dell’art. 598-bis, comma 1, e, in assenza di una tempestiva richiesta di partecipazione all’udienza, all’imputato è preclusa la possibilità di presenziare a detta udienza. Ritiene, pertanto, la Cassazione che nel caso in cui il giudizio di appello sia trattato con procedimento camerale non partecipato e non sia stata avanzata tempestiva istanza di partecipazione, ai sensi dell’art. 598-bis c.p.p., comma 2, l’imputato appellante non può considerarsi “giudicato in assenza” atteso che, in tal caso, il processo viene celebrato senza alcuna udienza alla quale questi abbia il diritto di presenziare. Conseguentemente, ai fini della presentazione del ricorso per cassazione il medesimo imputato appellante non potrà beneficiare dell’aumento di quindici giorni del termine per l’impugnazione previsto dall’art. 585 c.p.p., comma 1-bis.
Tale soluzione appare coerente con la citata direttiva UE 2016/343 che, all’art. 8, nel dettare le “regole minime” che consentono la celebrazione del processo in assenza negli Stati membri lascia, comunque, impregiudicata la possibilità di una disciplina nazionale che preveda che il procedimento o talune sue fasi si svolgano per iscritto, a condizione, però, che ciò avvenga in conformità con il diritto a un equo processo (art. 8, par. 6). Invero, come emerge dal considerando n. 41 della direttiva, il “diritto di presenziare al processo può essere esercitato solo se vengono svolte una o più udienze. Ciò significa che il diritto di presenziare al processo non si applica se le norme procedurali nazionali applicabili non prevedono alcuna udienza. Dette norme nazionali dovrebbero rispettare la Carta e la CEDU, come interpretate dalla Corte di giustizia e dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, in particolare relativamente al diritto a un equo processo. Tale situazione si verifica, ad esempio, quando il procedimento si svolge in maniera semplificata ricorrendo, in tutto o in parte, a una procedura scritta o a una procedura in cui non è prevista alcuna udienza.
Applicando le coordinate ermeneutiche sopra esposte alla fattispecie, la Cassazione ha ritenuto il ricorso intempestivo: l’imputato era stato presente nel corso del processo di primo grado e, una volta proposto l’appello avverso la sentenza di condanna, non aveva avanzato istanza di partecipazione all’udienza camerale, cosicchè la sentenza impugnata era stata emessa con motivazione contestuale all’esito dell’udienza camerale non partecipata. Il ricorso per cassazione, tuttavia, non era stato proposto entro i successivi quindici giorni poichè dall’annotazione in calce alla sentenza impugnata risultava presentato quando ormai detto termine era scaduto.
Da qui, pertanto, l’inammissibilità del ricorso.
Riferimenti normativi:
Art. 585, comma 1-bis c.p.p.