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Necessità di nuovo “mandato” ad impugnare post Cartabia in Cassazione inapplicabile alle ordinanze

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Procedura penale

Processo penale

Necessità di nuovo “mandato” ad impugnare post Cartabia in Cassazione inapplicabile alle ordinanze

lunedì 15 gennaio 2024

a cura della Redazione Wolters Kluwer

Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui la Corte d’appello aveva dichiarato inammissibile l’appello proposto da un imputato contro una sentenza di condanna inflittagli in primo grado perché presentato in assenza dell’elezione o dichiarazione di domicilio e in assenza di specifico mandato rilasciato dopo la sentenza agli effetti dell’art. 581, comma 1-ter e 1-quater c.p.p., la Corte di Cassazione penale, Sez. VI, con la sentenza 3 gennaio 2024, n. 223 – nel disattendere la tesi difensiva secondo cui erroneamente era stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello e che, in ogni caso, l’interpretazione della normativa come operata dai giudici d’appello, era da ritenersi incostituzionale – ha, da un lato, affermato che l’art. 581, comma 1-quater, c.p.p. faccia riferimento al rilascio di mandato dopo la pronuncia della sentenza e non ad un’ordinanza, e, dall’altro, che la norma transitoria (art. 89, D.Lgs. n. 150/2022) non si espone ad alcun profilo di illegittimità costituzionale, in quanto la “ratio” della disposizione non è correlata al canone applicabile per la dichiarazione di assenza ma alla circostanza che a fronte dell’assenza non debbano celebrarsi processi destinati ad essere posti nel nulla dai rimedi restitutori, di cui l’imputato ampiamente può avvalersi (rescissione o restituzione in termini).

Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 3 gennaio 2024, n. 223

ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi Cass. pen., Sez. I, 28/6/2023, n. 43523

Cass. pen., Sez. IV, 11/10/2023, n. 43718

Cass. pen., Sez. V, 12/7/2023, n. 41763

Cass. pen., Sez. V, 4/7/2023, n. 39166

Difformi Non si rinvengono precedenti

Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 581, c.p.p., sotto la rubrica «Forma dell’impugnazione» prevede, per quanto qui di interesse, al comma 1-ter, che “Con l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”, aggiungendo al comma 1-quater che “Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”.

Si tratta di commi aggiunti dall’art. 33, comma 1, lett. d), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi di quanto disposto dall’art. 99-bis, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 150/2022, aggiunto dall’art. 6, comma 1, D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199.

L’art. 89, comma 3, del medesimo D.Lgs. n. 150/2022, nel dettare la disciplina transitoria, ha così disposto: «3. Le disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto. Negli stessi casi si applicano anche le disposizioni dell’articolo 175 del codice di procedura penale, come modificato dal presente decreto».

Deve preliminarmente rilevarsi che le disposizioni previste dall’art. 581, comma 1-ter e comma 1-quater, c.p.p. si applicano, proprio ai sensi della norma transitoria prevista dall’art. 89, nel caso di sentenze pronunciate dopo l’entrata in vigore della riforma. Deve aggiungersi che, sulla base di un orientamento che si va consolidando, gli oneri contemplati, cioè l’elezione o la dichiarazione di domicilio e, nel caso di giudizio in assenza, il conferimento di espresso mandato, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza, assumono rilievo anche ai fini del ricorso per cassazione, in tal senso deponendo la valenza di carattere generale delle norme sull’impugnazione, salvo limiti da esse stesse specificamente desumibili, nonché l’interpretazione del testo delle due norme alla luce della legge delega n. 134/2021 e dei lavori preparatori, da cui può desumersi l’intendimento di impedire lo svolgimento di giudizi, di merito o di legittimità, destinati ad essere travolti da rimedi restitutori, in particolare la rescissione, nonché l’esigenza di conferire maggiore celerità e certezza al processo penale (si rinvia per tali considerazioni a Cass. pen., Sez. VI, n. 41309 del 20/9/2023, S., CED Cass. 285353, ma anche a Cass. pen., Sez. III, n. 43690 del 9/11/2023, B.; Cass. pen., Sez. IV, n. 43718 del 11/10/2023, B.K.M., CED Cass. 285324): in particolare, con riferimento all’elezione o dichiarazione di domicilio, si segnala come in caso di ricorso per cassazione la notifica debba essere effettuata anche all’imputato, ove difeso d’ufficio.

Se ciò vale in generale, deve tuttavia rimarcarsi, sulla base di quanto già anticipato, che l’analisi del testo delle due norme può condurre a conclusioni diverse con riguardo a talune ipotesi. È di tutta evidenza, in tale prospettiva, come l’art. 581, comma 1-quater, c.p.p., faccia riferimento al rilascio di mandato dopo la pronuncia della sentenza: ciò implica che il ricorso debba essere riferibile ad una sentenza e non ad un’ordinanza, secondo quanto già affermato dalla Cassazione con riguardo alle ordinanze pronunciate dal giudice dell’esecuzione (Cass. pen., Sez. I, n. 43523 del 28/6/2023, C.V., CED Cass. 285396).

Altrettanto, dunque, deve ritenersi nel caso di specie, in cui il ricorso per cassazione ha ad oggetto un’ordinanza con la quale è stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello, presentato avverso sentenza pronunciata dopo l’entrata in vigore della riforma. Con riguardo all’ipotesi prevista dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., riguardo alla quale la citata pronuncia della Suprema Corte (Cass. pen., Sez. I, n. 43523/2023, cit.) ne ha parimenti escluso l’applicabilità alle ordinanze del giudice dell’esecuzione, va rimarcato come tale conclusione sia estensibile anche ai casi in cui venga in rilievo una pronuncia che non costituisca lo sviluppo di un giudizio, che aspiri alla definizione della regiudicanda sostanziale, ma abbia invece natura strumentale, in funzione della irrevocabilità della decisione pronunciata nel grado precedente, com’è il caso di un’ordinanza con cui sia dichiarata l’inammissibilità di un appello. Ciò discende dalla valorizzazione del riferimento al decreto di citazione a giudizio, che compare nell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p., non decisivo al fine di escludere l’applicabilità della norma al ricorso per cassazione, ma rilevante per dare un contenuto più specifico alla disposizione.

Deve inoltre rimarcarsi che tale interpretazione, coerente con il riferimento alla sentenza, contenuto nel comma 1-quater, è volta ad assicurare un concreto controllo dell’ordinanza di inammissibilità, in ragione della peculiare funzione della stessa, che paralizza l’ulteriore corso del giudizio, quand’anche adottata al di fuori del contraddittorio, e necessita dunque di una rigorosa verifica della ricorrenza dei relativi presupposti.

Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte di appello aveva dichiarato inammissibile l’appello presentato dal difensore dell’imputato avverso la sentenza del Tribunale, con cui questi era stato riconosciuto colpevole dei delitti di resistenza e lesioni aggravate. Ha rilevato la Corte che l’appello era stato presentato in assenza dell’elezione o dichiarazione di domicilio e in assenza di specifico mandato rilasciato dopo la sentenza agli effetti dell’art. 581, comma 1-ter e 1-quater, c.p.p.

Ricorrendo in Cassazione, la difesa ne denunciava l’erroneità, per essere stata ritenuta la necessità di procura speciale non essendo mai stato dichiarato assente l’imputato, e comunque per sospetta incostituzionalità della normativa transitoria per contrasto con gli artt. 24, 111, 3, 27, 2 Cost., 6C.E.D.U. e 2 Protocollo 7 C.E.D.U.

La S.C., pur ritenendo che il ricorso, pur non accompagnato da elezione o dichiarazione di domicilio o dal conferimento di specifico mandato al difensore, fosse di per sé ammissibile secondo quanto già affermato dalla stessa Cassazione con riguardo alle ordinanze pronunciate dal giudice dell’esecuzione (Cass. pen., Sez. 1, n. 43523 del 28/06/2023, C.V., CED Cass. 285396), ha tuttavia ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalità delle predette disposizioni (in ciò richiamandosi ad alcuni precedenti, anche inediti: Cass. pen., Sez. IV, n. 43718 del 11/10/2023, B.K.M., CED Cass. 285324; Cass. pen., Sez. V, n. 41763 del 12/7/2023, S., inedita; Cass. pen., Sez. V, n. 39166 del 4/7/2023, N., CED Cass. 285305), osservando come la norma transitoria non si espone ad alcun profilo di illegittimità costituzionale, in quanto la ratio della disposizione non è correlata al canone applicabile per la dichiarazione di assenza ma alla circostanza che a fronte dell’assenza non debbano celebrarsi processi destinati ad essere posti nel nulla dai rimedi restitutori, di cui l’imputato ampiamente può avvalersi, quali la rescissione o la restituzione in termini.

Da qui, pertanto, il rigetto del ricorso.

Riferimenti normativi:

Art. 581, comma 1-ter c.p.p.

Art. 581, comma 1-quarter c.p.p.

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