Procedura penale
Processo penale
Solo il PG della Cassazione è “parte” del giudizio in sede di legittimità
giovedì 15 febbraio 2024
a cura della Redazione Wolters Kluwer
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso l’ordinanza con cui il Tribunale del riesame aveva ravvisato a carico di un indagato un quadro di gravità indiziaria per i reati contro la P.A. addebitatigli, ritenendo tale decisione affetta da violazioni di legge e vizi della motivazione, la Corte di Cassazione penale, Sez. VI, con la sentenza 5 febbraio 2024, n. 5096 – pur accogliendo le censure difensive riguardanti il merito delle imputazioni ascritte all’indagato – si è posta d’ufficio la questione della ricevibilità di una memoria prodotta dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale che aveva emesso il provvedimento impugnato, affermando il principio, contrastante con un precedente giurisprudenziale della stessa Corte, secondo cui la facoltà di presentare memorie al giudice ex art. 121 c.p.p. non spetta, nel procedimento incidentale di riesame, anche al PM che ha richiesto l’applicazione della misura cautelare, rivestendo la qualità di “parte” nel giudizio dinanzi alla Cassazione, solo il Procuratore Generale presso la stessa Corte.
Cassazione penale, Sez. VI, sentenza 5 febbraio 2024, n. 5096
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Non si rinvengono precedenti |
Difformi | Cass. pen., Sez. II, 21/9/2012, n. 42408 |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 121, c.p.p., sotto la rubrica «Memorie e richieste delle parti», stabilisce che “1. In ogni stato e grado del procedimento le parti e i difensori possono presentare al giudice memorie o richieste scritte, mediante deposito nella cancelleria.
- Sulle richieste ritualmente formulate il giudice provvede senza ritardo e comunque, salve specifiche disposizioni di legge, entro quindici giorni”.
In merito, per quanto qui di interesse, all’individuazione dei soggetti legittimati a presentare le memorie, si osserva come sebbene l’art. 121 identifichi i soggetti legittimati all’esercizio dello jus postulandi con le parti e i difensori, la lettura in chiave sistematica della norma, specie ove la si correli agli artt. 61, 90, evidenzia che nel novero di tali soggetti debbono includersi tanto la persona sottoposta alle indagini quanto – con riferimento alle sole memorie – la persona offesa (Lupo, sub art. 121, in Comm. Chiavario, II, Torino, 1990, 78; Quaglierini, Le parti private diverse dall’imputato e l’offeso dal reato, Milano, 2003, 13; Ubertis, sub art. 121, 59; Voena, 188).
Ad esempio, nel prendere in esame il tema della legittimazione del PM, il Supremo Collegio ha avuto modo di osservare che, in materia di impugnazioni, l’esercizio dello jus postulandi da parte del PM presso il giudice a quo appare del tutto “coerente” con il sistema processuale, in quanto espressione del potere di contraddire, oltre che di impugnare, concesso all’organo dell’accusa presso il giudice che ha emesso il provvedimento, potere col quale viene ribadita la parità della posizione delle parti (pubblica e privata) (Cass. pen., Sez. V, 9/6/1995, C., in CP, 1996, 2239, 1267).
Non si è mancato di precisare, tuttavia, che nei procedimenti di riesame ed appello, legittimato a partecipare all’udienza camerale ed a presentare memorie è solo il PM istituito presso il tribunale competente per la decisione (Cass. pen., Sez. VI, 2/2/1996, V., in Mass. Uff., 204251).
Più recentemente, con riferimento al procedimento di rimessione, si è affermato che la pubblica accusa presso il giudice avanti il quale si celebra il processo di merito ha facoltà di interloquire, presentando memorie e istanze scritte finalizzate a contrastare le deduzioni avanzate dalla difesa dell’imputato a sostegno della richiesta avanzata a norma dell’art. 45 ss. (Cass. pen., Sez. Un., 27/1/2003, B., in CP, 2003, 2163, con nota di Gargiulo, Nota a C SU, 27.1.2003, B., in CP, 2003, 2219). Sul punto, v., inoltre, Grevi, Gravità delle “situazioni locali” perturbatrici del processo e “legittimo sospetto”: le Sezioni Unite si orientano per una “stretta interpretazione” dei nuovi presupposti della rimessione, in CP, 2003, 2237 e Mazza, L’intenzione del legislatore e le contraddizioni delle Sezioni Unite (a proposito dell’immediata applicabilità della nuova disciplina in tema di rimessione), in CP, 2003, 2257.
Nella vigenza dell’abrogato art. 38 disp. att., era stato ipotizzato che la facoltà del difensore della persona offesa, nonché del difensore della persona sottoposta alle indagini, di sottoporre al giudice elementi rilevanti ai fini della decisione da adottare – espressamente accordata dall’art. 38, comma 2-bis, disp. att. – costituisse una specificazione del generale potere riconosciuto dalla norma che si commenta (Tonini, Commento all’art. 22, l. 8 agosto 1995, n. 322, in AA.VV., Modifiche al codice di procedura penale, Padova, 1995, 306). L’assunto, tuttavia, era criticato da quanti ritenevano che occorresse distinguere gli atti ed i documenti probatori dalle memorie e richieste, in ragione del rilievo secondo cui «altrimenti [si poteva pervenire] alla assurda conseguenza che, ai sensi dell’art. 121, il PM poteva produrre al giudice del dibattimento gli atti delle indagini preliminari» (Nappi, Guida al codice di procedura penale, 5, Milano, 1996, 256).
La memoria è espressamente indicata dall’art. 233, comma 1, come mezzo per esporre al giudice i pareri del consulente tecnico ritualmente nominato dalla parte. A tale proposito, si è precisato che la relazione del consulente tecnico deve contenere solo «pareri fondati su conoscenze generali», e non anche «descrizioni riguardanti attività di accertamento destinate all’acquisizione di conoscenze particolari attinenti all’oggetto del procedimento» (Nappi, 263).
Con particolare riferimento, infine, alla questione esaminata nella presente sentenza, la Cassazione, in un unico precedente aveva ritenuto che la facoltà di presentare memorie al giudice ex art. 121 c.p.p. spetta, nel procedimento incidentale di riesame, anche al PM che ha richiesto l’applicazione della misura cautelare (Cass. pen., Sez. II, n. 42408 del 21/9/2012, CED Cass. 254036 – 01).
Tanto premesso, nel caso in esame, in un procedimento pendente davanti alla Corte di cassazione avviato a seguito del ricorso proposto da un indagato contro l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva respinto la sua istanza di remissione in libertà in relazione ad alcuni reati contro la P.A. per i quali era indagato, aveva depositato memoria scritta il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale – nella sua veste di Pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato – con la quale argomentava l’applicabilità della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 353-bis, c.p., anche alle ipotesi – come quella in esame – di affidamenti di commesse al di fuori di una procedura competitiva, rilevando, in particolare, che la scelta della pubblica amministrazione di procedere ad affidamento diretto soggiace pur sempre a vincoli legali di discrezionalità, nei presupposti, nelle forme e nelle determinazioni, a tutela dei princìpi di concorrenza e di buon andamento ed imparzialità dell’attività amministrativa: con la conseguenza che la relativa delibera rientra nella nozione di “atto equipollente” al bando di gara, prevista dal citato art. 353-bis.
La Cassazione, nell’accogliere la versione difensiva, si è posta d’ufficio, come anticipato, il problema della legittimazione del PM presso il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato ad interloquire nel giudizio di cassazione. Preliminare si presentava infatti una considerazione in rito, relativa alla memoria scritta trasmessa dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, nella sua qualità di pubblico ministero che ha chiesto l’applicazione della misura. Tale atto, per la S.C. è irricevibile in sede di legittimità. Il precedente di diverso segno (Cass. pen., Sez. II, n. 42408 del 21/9/2012, C.B., CED Cass. 2540:36), citato dal Procuratore, non è stato condiviso.
La legittimazione a proporre ricorso per cassazione, riconosciuta dall’art. 311, comma 1, c.p.p., a quell’ufficio del pubblico ministero non vale infatti secondo la Cassazione a fargli acquisire la qualità di “parte” del giudizio di cassazione, da cui discende la facoltà di presentare memorie, riconosciuta dall’art. 121 , stesso codice. Semmai così fosse, invero, non troverebbe giustificazione razionale una sua legitimatio ad processum limitata, diversamente che per le altre parti, alla presentazione di memorie e non anche alla partecipazione all’udienza.
In realtà, hanno soggiunto i Supremi Giudici, la “parte” del procedimento di cassazione, anche quando ricorrente sia una Procura della Repubblica territoriale, non è quest’ultima, bensì l’ufficio del Pubblico ministero: il quale — secondo la regola generale dell’art. 51 cpp, comma 1, lett. b), c.p.p. — è costituito dalla Procura generale presso la Corte di cassazione. È quest’ultima, dunque, secondo la Cassazione, l’esclusiva interlocutrice degli uffici territoriali del Pubblico ministero, alla quale questi debbono perciò indirizzare le loro eventuali memorie ed attraverso la quale le stesse possono poi essere sottoposte alla Corte di cassazione. Diversamente, qualora le argomentazioni e le deduzioni con esse proposte non fossero condivise dalla Procura generale, si potrebbe dar luogo all’assurda situazione di uffici del Pubblico ministero che, nello stesso grado di giudizio, finirebbero per rassegnare conclusioni tra loro contrastanti.
Da qui, pertanto, l’irricevibilità della memoria del PM territoriale.
Riferimenti normativi:
Art. 131 c.p.p.