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Trattazione delle notizie di reato ed esercizio di azione penale: i criteri di priorità

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Procedura penale

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Trattazione delle notizie di reato ed esercizio di azione penale: i criteri di priorità

mercoledì 21 febbraio 2024

di Spangher Giorgio Professore emerito di Procedura penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma

Il DDL S-933 intitolato “Disposizioni di attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134 in materia di criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale” intende ovviare al colpevole ritardo nella predisposizione dei criteri di priorità previsti dalla riforma Cartabia per l’avvio delle indagini e per l’esercizio dell’azione penale da inserire nei modelli organizzativi dell’ufficio di procura.

DDL S.933

Al Senato in Commissione Giustizia è in corso la discussione sul DDL d’iniziativa dei senatori Zanettin e Stefani intitolato “Disposizioni di attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134 in materia di criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale”.

Negli intenti dei proponenti si vuole dare attuazione a quanto previsto dalla direttiva di cui all’art. 1 comma 9 lett. i della L. n. 134/2021 ove si dispone che al fine di garantire l’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, nell’ambito dei criteri generali indicati dal Parlamento con legge, si individuino criteri di priorità trasparenti e predeterminati, da indicare nei progetti organizzativi delle procure della Repubblica, al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre, tenendo conto anche del numero degli affari da trattare e dell’utilizzo efficiente delle risorse disponibili; e che la procedura di approvazione dei progetti organizzativi delle procure della Repubblica sia allineata a quella delle tabelle degli uffici giudicanti.

Invero, la Commissione Lattanzi, incaricata dal Governo, di formulare la proposta di legge delega si è espressa diversamente prevedendo che il Parlamento determini periodicamente, anche sulla base di una relazione presentata dal Consiglio Superiore della Magistratura, i criteri generali necessari a garantire efficacia e uniformità nell’esercizio dell’azione penale e nella trattazione dei processi; prevedendo che, nell’ambito dei criteri generali adottati dal Parlamento, gli uffici giudiziari, previa interlocuzione tra uffici requirenti e giudicanti, predispongano i criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale e nella trattazione dei processi, tenuto conto della specifica realtà criminale e territoriale, nonché del numero degli affari e delle risorse disponibili.

Spettava, in altre parole, al Parlamento determinare – attraverso atti di indirizzo politico parlamentare – i “criteri generali” necessari a garantire efficacia e uniformità nell’esercizio dell’azione penale e nella trattazione dei processi. Nella cornice tracciata dal Parlamento gli uffici giudiziari avrebbero dovuto successivamente determinare i “criteri di priorità” nell’esercizio dell’azione penale e nella trattazione dei processi.

Sono facilmente individuabili le differenze delle due formulazioni soprattutto con riferimento al ruolo dei criteri di cui alla “legge del Parlamento”.

La ferma opposizione della magistratura evidenziata dal parere del CSM ad una formulazione che prevedesse un ruolo propositivo del Parlamento, ha condotto alla “riferita riformulazione” della legge delega.

Sino ad ora a queste indicazioni il legislatore ha dato parziale attuazione con l’art. 3-bis disp. att. c.p.p., ove si prevede che nella trattazione delle notizie di reato e nell’esercizio dell’azione penale il pubblico ministero si conforma ai criteri di priorità contenuti nel progetto organizzativo dell’ufficio e con la previsione delle leggi di ordinamento giudiziario (art. 1, comma 5, D.Lgs. n. 106/2006 e L. n. 71/2022) ove si dispone che il procuratore della repubblica predispone, in conformità ai principi generali definiti dal Consiglio superiore della magistratura, il progetto organizzativo dell’ufficio, con il quale determina:

  1. a) le misure organizzative finalizzate a garantire l’efficace e uniforme esercizio dell’azione penale, tenendo conto dei criteri di priorità di cui alla lett. b);
  2. b) i criteri di priorità finalizzati a selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre e definiti, nell’ambito dei criteri generali indicati dal Parlamento con legge, tenendo conto del numero degli affari da trattare, della specifica realtà criminale e territoriale e dell’utilizzo efficiente delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili”.

In altri termini, i “criteri generali di priorità” costituiscono un elemento che il procuratore deve considerare nel definire il modello organizzativo dell’ufficio di procura.

La riforma coglie anche l’occasione per inserire nei ruoli di udienza e di trattazione con urgenza i reati di cui agli artt. 558-bis, 583-quater e 612-ter c.p. (art. 132-bis disp. att. c.p.p.) e prevedere altresì che i risultati di queste previsioni siano inseriti nella Relazione al Parlamento di cui all’art. 86 del decreto 5 gennaio 1941 n. 12 e in quella di cui al D.Lgs. n. 106/2006.

Se va riconosciuto all’iniziativa parlamentare di aver colmato un vuoto del tutto ingiustificato, deve riconoscersi, pure, che le questioni di cui alla citata previsione della delega, pur nel suo inserimento nel contesto del modello organizzativo della procura appare piuttosto carente sotto vari profili richiedendo non poche integrazioni.

Con il nuovo art. 3-ter disp. att. c.p.p. si pensa di prevedere, interpolando il testo dell’art. 3-bis disp. att. c.p.p., che “nella trattazione delle notizie di reato e nell’esercizio dell’azione penale il pubblico ministero deve tenere conto dei seguenti criteri di priorità:

  1. a) gravità dei fatti, anche in relazione alla specifica realtà criminale del territorio e alle esigenze di protezione della popolazione;
  2. b) tutela della persona offesa in situazioni di violenza domestica, o di genere e di minorata difesa;
  3. c) offensività in concreto del reato, da valutare anche in relazione alla condotta della persona offesa e al danno patrimoniale e/o non patrimoniale ad essa arrecato, nonché alla mancata partecipazione da parte dell’autorità a percorsi di giustizia riparatoria nelle indagini preliminari”.

Il primo elemento di criticità è costituito dal riferimento alla “legge del Parlamento”.

Se il dato chiarisce che deve ritenersi estranea una iniziativa del Governo, cioè, del potere esecutivo, non può negarsi che tuttavia il Ministro dovrebbe essere almeno sentito, trattandosi di questioni che riguardano il funzionamento e l’efficienza della giurisdizione, ancorché legato al ruolo ed all’espletamento delle attività delle procure della repubblica.

Nulla si dice in ordine alla periodicità della legge, a differenza di quanto previsto per i programmi organizzativi, di durata quadriennale (rinnovabile), non potendosi ammettere che essa, pur nei limiti della loro incidenza, possa essere oggetto di ripetute modifiche al variare delle maggioranze parlamentari.

La questione sottende quindi anche l’eventuale maggioranza con cui la legge che definisce i criteri di priorità deve essere approvata.

Quanto all’indicazione dei criteri di priorità, esclusa una indicazione di un catalogo di reati sul modello di cui all’art. 132-bis disp. att. c.p.p., quella contenuta nella proposta, appare eccessivamente indeterminata.

In primo luogo, è possibile affermare che alcuni criteri di priorità sono già presenti nel processo penale. Il riferimento va sia all’art. 275 c.p.p., in relazione all’obbligatoria presunzione di pericolosità delle esigenze cautelari; sia in relazione alla durata delle indagini preliminari di cui all’art. 407 c.p.p.; sia, da ultimo, in relazione a quanto disposto di recente in relazione al fenomeno del femminicidio (L. n. 168/2023).

Non dovrebbero tuttavia escludersi in ogni caso scelte valoriali da parte del Parlamento come quelle in tema di tutela della salute (inquinamento) e di sicurezza (intesa in senso ampio e sicuramente riferita alla sicurezza nei luoghi di lavoro, considerato l’elevato numero di morti e infortuni).

Si potrebbero prospettare altresì altre situazioni destinate ad affrontare gravi emergenze improvvise e non del tutto preventivabili, ancorché ben circostanziate (Ponte Morandi; Rigopiano; incidente ferroviario di Viareggio; ferrovia del Mottarone) nonché le gravi implicazioni dei fenomeni climatici.

Inoltre, essendo i fenomeni criminali non equamente distribuiti sul territorio andrebbero considerate anche le situazioni diverse da quelle indicate e residuali rispetto a quelle “assolutamente prioritarie”.

Non sarebbe da escludere l’opportunità di inserire una norma di chiusura, aperta, che faccia riferimento alle prospettazioni sovrannazionali ovvero a riforme di sistema.

Non essendo comunque la finalità dei criteri quella di escludere indagini per alcuni reati, la loro previsione è quella di rendere funzionale il sistema anche perché si opera all’interno del modello organizzativo che comunque deve tenere conto della struttura dell’ufficio di Procura, dei carichi sostenibili e delle risorse disponibili.

Sotto questo profilo il vero problema è costituito dalla possibilità di indicare anche profili processuali, quali la durata più o meno complessa o lunga delle indagini ovvero di accertamenti di estensione minima, di offese alla collettività o a singole vittime.

Nodo centrale è la prognosi di prescrizione, così da legare la ragionevole previsione di condanna di cui alla Riforma Cartabia al concreto esercizio dell’azione penale e rafforzare il tema delle scelte di fondo della Riforma.

Se può escludersi che la riforma confligga con l’obbligatorietà dell’azione penale in considerazione della natura orientata in massima parte a profili organizzativi dell’ufficio di Procura, suscitano invece perplessità quelle ipotesi riformatrici dove, con riferimento all’art. 112 Cost., si prevede che il Pubblico Ministero eserciti l’azione penale “nei casi e nei modi previsti dalla legge”.

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