Penale
Reati stradali
Niente aggravante dell’omicidio stradale se la velocità era poco superiore al limite consentito
venerdì 01 marzo 2024
a cura della Redazione Wolters Kluwer
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado ad un uomo per il reato di omicidio stradale, aggravato a norma dell’art. 589-bis, comma 5, n. 1, c.p., la Corte di Cassazione penale, Sez. IV, con la sentenza 20 febbraio 2024, n. 7410 – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui erroneamente era stata ritenuta configurabile la circostanza aggravante in ragione del semplice superamento dei 70 km/h da parte della vettura investitrice condotta dall’imputato in centro abitato, ancorché la velocità accertata (77 km/h) non fosse anche pari o superiore al doppio di quella consentita (50 km/h) – ha affermato che il riferimento ai 70 km/h opera alla stregua di una clausola non di “apertura” bensì di “chiusura” del precetto introducente la circostanza aggravante. Ne consegue che i due elementi condizionanti l’operatività dell’aggravante, entrambi legati alla velocità, devono essere intesi in termini cumulativi e non alternativi: la velocità, per poter ritenersi integrata l’aggravante, deve necessariamente essere sia pari o superiore al doppio di quella consentita sia non inferiore a 70 km/h.
Cassazione penale, Sez. IV, sentenza 20 febbraio 2024, n. 7410
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Non si rinvengono precedenti |
Difformi | Non si rinvengono precedenti |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 589-bis, c.p., sotto la rubrica «Omicidio stradale o nautico», per quanto qui rileva, prevede al comma 4 che “Salvo quanto previsto dal terzo comma, chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore o di una delle unità da diporto di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 18 luglio 2005, n. 171, in stato di ebbrezza alcolica ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e 53-bis, comma 2, lettera b), del D.Lgs. 18 luglio 2005, n. 171, cagioni per colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni”.
Il successivo comma 5 specifica poi che “La pena di cui al quarto comma si applica altresì: 1) al conducente di un veicolo a motore che, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita, cagioni per colpa la morte di una persona; (omissis)”.
Con L. 23/3/2016, n. 41, in vigore dal 25 marzo 2016, sono state introdotte nel codice penale le autonome fattispecie di omicidio stradale e di lesioni personali stradali. La riforma si colloca tra gli interventi normativi, avviati con la L. 21/2/2006, n. 102 e il D.L. 23/5/2008, n. 92, convertito, con modificazioni, in L. 24/7/2008, n. 125, volti a irrigidire il trattamento sanzionatorio dell’omicidio colposo e delle lesioni personali colpose commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, nonché da parte di persona che si sia posta alla guida in stato di alterazione dovuta all’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti.
La scelta legislativa realizzata con la L. 23/3/2016, n. 41 è stata nel senso di rendere autonome le fattispecie di reato di omicidio e lesioni personali colpose commesse con violazione delle norme sulla circolazione stradale, prima rispettivamente previste ai commi 2 e 3 dell’art. 589 e al comma 3 dell’art. 590 quali circostanze aggravanti ad effetto speciale. Le fattispecie di omicidio e lesioni personali stradali sono state estese dall’ art. 1, L. 26/9/2023, n. 138, in vigore dal 25 ottobre 2023, ai fatti commessi in violazione delle norme sulla disciplina della navigazione marittima o interna (per un commento alla riforma nel corso dei lavori preparatori all’approvazione della legge cfr. Demuro, Proporzionalità e ragionevolezza nel difficile percorso verso il c.d. omicidio nautico, in Rivista del Diritto della Navigazione, 2022, 29).
Ciò che rileva in questa sede è la previsione secondo cui l’omicidio stradale è aggravato, con applicazione della pena da cinque a dieci anni di reclusione, nei seguenti casi, connotati da particolare imprudenza del conducente di un veicolo a motore:
1) guida in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita;
2) attraversamento di un’intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolazione contromano;
3) manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi ovvero sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua.
Trattasi di situazioni che erano riconducibili, nella disciplina previgente all’introduzione dell’art. 589-bis, al comma 2 dell’art. 589, con trattamento sanzionatorio più mite di quello attualmente stabilito.
Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva confermato la responsabilità di un uomo in ordine al reato di omicidio stradale aggravato. Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione la difesa del conducente, in particolare sostenendone l’erroneità per aver la Corte d’appello ritenuto configurabile la relativa circostanza aggravante in ragione del semplice superamento dei 70 km/h da parte della vettura investitrice condotta dall’ imputato in centro abitato, ancorché la velocità accertata (77 km/h) non fosse anche pari o superiore al doppio di quella consentita (50 Km/h).
La Cassazione, nell’accogliere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, la questione verte sull’interpretazione della prima parte del disposto, introducente circostanza aggravante speciale del delitto di omicidio stradale, di cui all’art. 589-bis, comma 5, n. 1, c.p., secondo la quale: “… La pena di cui al comma precedente si applica altresì: … al conducente di un veicolo a motore che, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, … cagioni per colpa la morte di una persona …”.
Orbene, i giudici di merito, di primo e di secondo grado, in termini radicalmente opposti rispetto alla linea interpretativa sostenuta dalla difesa, hanno ritenuto la circostanza aggravante integrata in ragione dell’accertamento di una velocità pari o superiore a 70 km/h (precisamente 77 km/h) ancorché inferiore al doppio di quella consentita (pari a 50 km/h).
Il riferimento ai 70 km/h sostanzialmente opererebbe alla stregua di una “clausola di apertura” tale da consentire di ritenere i due elementi condizionanti l’operatività dell’aggravante, entrambi legati alla velocità, non cumulativi bensì alternativi tra loro. Diversamente opinando, si sostiene, l’aggravamento non opererebbe con riferimento a fattispecie oggettivamente gravi in quanto caratterizzate dal procedere in centro urbano a una velocita pari o superiore a 70 km/h, solo perché inferiore, la velocità in concreto riscontrata, al doppio di quella consentita (in sostanza, nei casi in cui la velocità consentita fosse determinata in entità inferiore a 35 km/h).
La Cassazione ha ritenuto tale esegesi errata, in ragione dell’univoca interpretazione letterale della norma in oggetto, non potendole attribuire un senso diverso da quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse. Significativa, ai presenti fini, è per la S.C. la funzione assunta dal termine “comunque” con il quale il Legislatore pone in relazione tra loro le due componenti dell’unico elemento circostanziale in esame, entrambe afferenti alla velocità (“…, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, …”). L’uso testuale del detto termine {“comunque”) per inserire l’elemento della velocità “non inferiore a 70 km/h” assume difatti, nella struttura della frase della quale si compone la norma in esame, un palese e univoco significato limitativo rispetto all’elemento precedente, anch’esso afferente alla velocità {“… pari o superiore al doppio di quella consentita …”).
Il Legislatore ha così inserito una condizione di operatività dell’aggravante che pur non entrando in contraddizione con la precedente ne limita la validità. L’utilizzo della particella congiuntiva “e” attribuisce difatti al termine che essa precede (“comunque”) un valore di aggiunta e non di correzione con la funzione di far progredire il testo indicando che ciò che segue (velocità “non inferiore a 70 km/h”) si aggiunge enunciativamente a ciò che precede (velocità “… pari o superiore al doppio di quella consentita …”).
In termini opposti rispetto a quanto sostanzialmente ritenuto dai giudici di merito, il riferimento ai 70 km/h opera quindi per la Cassazione alla stregua di una clausola non di “apertura” bensì di “chiusura” del precetto introducente la circostanza aggravante. Sicché, i due elementi condizionanti l’operatività dell’aggravante, entrambi legati alla velocità, devono essere intesi in termini cumulativi e non alternativi: la velocità, per poter ritenersi integrata l’aggravante, deve necessariamente essere sia pari o superiore al doppio di quella consentita sia non inferiore a 70 km/h.
Alle conclusioni ermeneutiche di cui innanzi, cui si è giunti in forza della univocità del dato letterale, deve altresì aggiungersi – conclude la Cassazione – che è proprio siffatto profilo di qualificata offensività, apprezzabile per la maggiore gravità della condotta in quanto integrante entrambi i suddetti elementi condizionanti l’operatività dell’aggravante, a giustificare l’inasprimento sanzionatorio, in linea con il principio di offensività quale criterio guida, prima, del legislatore in merito alla individuazione dei singoli tipi di reato e degli elementi circostanziali e, poi, dell’interprete (si vedano, per i riferimenti al principio di offensività quale criterio d’interpretazione conforme a Costituzione delle norme incriminatrici e di quelle che ne aggravano la dimensione sanzionatoria, come ricordato da Cass. pen., Sez. V, n. 4273 del 10/12/2021, dep. 2022, L., CED Cass. 282741, ex plurimis: Corte cost., n. 48/2015, Corte cost. n. 213/2013, Corte cost. n. 57/2013, Corte cost. n. 110/2012, Corte cost. n. 331/2011, Corte cost. n. 164/2011, Corte cost. n. 265/2010, Corte cost. n. 354/2002 e Corte cost. n. 370/1996; si vedano altresì, per il riferimento a una necessaria “apprezzabile offensività” del tipo di reato, Cass. pen., Sez. Un., n. 40354 del 18/7/2013, S., in motivazione, oltre che la citata sentenza “L.”, in motivazione, che ne estende il rilievo anche agli elementi circostanziali).
Da qui, pertanto, l’accoglimento del ricorso.
Riferimenti normativi:
Art. 589-bis, comma 5, n. 1 c.p.