Penale
Reati stradali
Positivo alla cannabis dopo l’incidente, ma non c’è prova che abbia guidato “drogato”: annullata la condanna
martedì 27 febbraio 2024
a cura della Redazione Wolters Kluwer
Pronunciandosi su un ricorso proposto avverso la sentenza con cui la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado ad un uomo, per aver guidato la propria autovettura in stato di alterazione da sostanze stupefacenti in tempo di notte e provocando un incidente stradale, la Corte di Cassazione penale, Sez. IV, con la sentenza 19 febbraio 2024, n. 7199 – nell’accogliere la tesi difensiva secondo cui non è sufficiente la mera assunzione di dette sostanze, ponendosi il ritenuto stato di alterazione in contrasto con quanto rilevato dai sanitari del Pronto Soccorso – ha riaffermato che perché possa affermarsi la responsabilità dell’agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato di alterazione causato da tale assunzione.
Cassazione penale, Sez. IV, sentenza 19 febbraio 2024, n. 7199
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI | |
Conformi | Cass. pen., Sez. IV, 18/7/2018, n. 41376 |
Difformi | Non si rinvengono precedenti |
Prima di soffermarci sulla pronuncia resa dalla Suprema Corte, deve essere ricordato che l’art. 187, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sotto la rubrica «Guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti» punisce con l’ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000 e con l’arresto da sei mesi ad un anno, la condotta di chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope. All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni. Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente è raddoppiata. Per i conducenti di cui al comma 1 dell’articolo 186-bis, le sanzioni di cui al primo e al secondo periodo del presente comma sono aumentate da un terzo alla metà. Si applicano le disposizioni del comma 4 dell’articolo 186-bis codice della strada. La patente di guida è sempre revocata, ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI, quando il reato è commesso da uno dei conducenti di cui alla lettera d) del citato comma 1 dell’articolo 186-bis, ovvero in caso di recidiva nel triennio. Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato. Ai fini del sequestro si applicano le disposizioni di cui all’articolo 224-ter.
Il comma 1-bis aggiunge che se il conducente in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope provoca un incidente stradale, le pene di cui al comma 1 sono raddoppiate e, fatto salvo quanto previsto dal settimo e dall’ottavo periodo del comma 1, la patente di guida è sempre revocata ai sensi del capo II, sezione II, del titolo VI. È fatta salva in ogni caso l’applicazione dell’articolo 222.
Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte d’appello aveva confermato la sentenza con cui il GIP del Tribunale, all’esito di giudizio abbreviato, aveva dichiarato un uomo responsabile del reato di cui all’art. 187, commi 1, 1-bis e quater, D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285, per aver guidato la propria autovettura in stato di alterazione da sostanze stupefacenti in tempo di notte e provocando un incidente stradale.
Dalla ricostruzione offerta dalle sentenze di merito emerge che in orario notturno, personale della Polizia municipale si era portata sul posto dove l’autovettura condotta dall’imputato era uscita di strada finendo contro l’ala di un ponte ivi collocato. L’uomo veniva quindi portato presso il Pronto Soccorso dove acconsentiva al prelievo dei campioni ematici da cui risultava positivo alla cannabis e rendeva spontanee dichiarazioni affermando di essersi addormentato alla guida. Sulla base delle risultanze istruttorie acquisite il giudice di primo grado riteneva integrata la fattispecie di reato contestata. Tale giudizio veniva confermato dal giudice d’appello.
Ricorrendo in cassazione, la difesa ne sosteneva l’erroneità, in particolare osservando che la sentenza d’appello, come quella di primo grado, non si erano confrontate con lo specifico tema dello stato di alterazione psico-fisica derivante dall’assunzione di sostanze stupefacenti in capo all’imputato, non essendo sufficiente la mera assunzione di dette sostanze e ponendosi il ritenuto stato di alterazione in contrasto con quanto rilevato dai sanitari del Pronto Soccorso. Entrambe le sentenze di merito facevano riferimento solo ad un “accertato stato di positività alla cannabis”.
La Cassazione, nell’accogliere la tesi difensiva, ha affermato il principio di cui sopra. In particolare, ha ricordato la S.C., è pacifico il principio secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 187C.d.S., non è sufficiente che l’agente si sia posto alla guida del veicolo subito dopo aver assunto droghe, ma è necessario che egli abbia guidato in stato di alterazione causato da tale assunzione (Cass. pen., Sez. IV, n. 41376 del 18/7/2018, B., CED Cass. 274712-01; Cass. pen., n. 15078 del 17/1/2020, G., CED Cass. 279140, in cui, in motivazione la Corte ha chiarito che, diversamente dall’ ipotesi di guida sotto l’effetto di alcool, la mera alterazione non è punibile, se non derivante dall’uso di sostanza, né è punibile il semplice uso non accompagnato da alterazione).
In altri termini, ha chiarito la Cassazione, la condotta tipica della contravvenzione di cui all’art. 187D.Lgs. n. 285/1992 non è quella di chi guida dopo avere assunto sostanze stupefacenti, bensì quella di colui che guida “in stato di alterazione psicofisica” determinato da tale assunzione e, pertanto, perché possa affermarsi la responsabilità dell’agente non è sufficiente provare che, precedentemente al momento in cui lo stesso si è posto alla guida, egli abbia assunto stupefacenti, ma altresì che egli guidava in stato di alterazione causato da tale assunzione. Ciò richiede, quindi, non soltanto l’accertamento del dato storico dell’avvenuto uso di sostanze stupefacenti, ma anche quello dell’influenza sulle condizioni psicofisiche dell’assuntore durante il tempo della guida del veicolo.
Tale ultimo accertamento può essere dimostrato attraverso gli esami biologici dimostrativi della avvenuta precedente assunzione dello stupefacente in associazione ai dati sintomatici rilevati al momento del fatto (con la valorizzazione delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificato), senza che sia però necessario espletare una specifica analisi medica (nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna, sul rilievo che il giudice di merito non aveva spiegato specifica motivazione a supporto della necessaria alterazione attraverso puntuale valorizzazione del contesto: Cass. pen., Sez. IV, n. 12409 dei 6/3/2019, inedita).
Nel caso in esame, il giudice di merito aveva totalmente omesso di argomentare a riguardo di questo essenziale elemento della fattispecie illecita, avendo in realtà omesso in radice di rendere motivazione circa la relazione ravvisata tra i dati di fatto così come esposti e la previsione legale. Del tutto assente, quindi, l’esplicitazione del percorso logico-giuridico che è a monte della pronuncia di condanna. E se la presentazione delle circostanze rilevanti (presenza di cannabinoidi nel sangue, coinvolgimento in un incidente stradale senza interessamento di altri veicoli, condizione di conducente di tale veicolo) può valere, per significatività di esse, quale implicita esplicazione del giudizio di ricorrenza di alcuni elementi di fattispecie, altrettanto non può dirsi per l’esistenza di alterazione psico-fisica durante le fasi della guida del veicolo.
Da qui, pertanto, l’accoglimento del ricorso.
Riferimenti normativi: