Premessa
In un contesto di profonda modificazione dei mercati e delle economie mondiali la liberalizzazione dei mercati ha senz’altro giocato un ruolo chiave nella definizione di nuovi scenari economici e nel cambiamento delle politiche economiche.
Come detto, la liberalizzazione ha sicuramente garantito le condizioni necessarie per una maggiore concorrenza, attraverso la riduzione delle barriere tariffarie e l’estinzione di eventuali monopoli[1].
Di conseguenza, tali profondi mutamenti hanno fatto sì che venissero abolite (o ridotte in maniera massiccia) restrizioni agli scambi tra diversi Paesi, permettendo quindi la crescita di un commercio, non solo transnazionale, ma mondiale, all’interno del quale, ruolo sempre più di maggiore spessore e sempre più pericoloso per molte economie (tra le quali quella italiana e più in generale Europea), si sono inseriti prepotentemente nuovi Paesi, le cosiddette economie emergenti (tra i quali Cina e India), che hanno radicalmente ridefinito gli equilibri mondiali, costringendo molte economia a ridisegnare le proprie legislazioni per tutelarsi da ingerenze sempre più incisive.
Un’economia globalizzata come quella che conosciamo oggi, impone al contempo che vi sia un’appropriata regolamentazione a livello giuridico del libero mercato, così da garantire che tutti i soggetti possano godere dei benefici apportati da quest’ultimo e, in particolar modo, per veder assicurata una concorrenza libera e leale.
Il ruolo dell’Unione Europea
Al fine di incoraggiare lo sviluppo del commercio internazionale, anche al fine di incentivare e sviluppare una migliore connessione e leale collaborazione tra Stati, l’Unione europea e i suoi membri hanno delineato una propria politica commerciale comune dotata di meccanismi giuridici volti ad assicurare un concorrenza leale tra le imprese operanti nel commercio mondiale[2], politica di competenza esclusiva dell’Unione[3].
Pertanto, proprio per assicurare e garantire tale concorrenza sono stati predisposti degli strumenti di difesa commerciale (cd. Trade Defence Instruments) attivabili, nel rispetto di regole rigorose e per fronteggiare circostanze specifiche[4], da parte dei Paesi dell’Unione nei confronti delle imprese dei Paesi terzi, qualora queste si rendano colpevoli di pratiche commerciali sleali e dannose per l’industria europea[5].
Con particolare riferimento ai possibili rimedi esperibili a livello comunitario, vengono distinti tre differenti tipi di strumenti di difesa commerciale: misure antidumping, misure antisovvenzione e misure di salvaguardia.
Misure “antidumping”
Per fare fronte al dumping vengono spesso messe in atto delle misure antidumping. Il problema è complesso perché a volte sono le misure antidumping stesse possono essere considerate come una forma di protezionismo.
Le norme antidumping sono state pensate come strumento difensivo, ma possono essere usate dalle imprese del paese che le impone come strumento offensivo.
Si definisce come dumping il caso in cui un’impresa vende il proprio prodotto a prezzo più basso sul mercato estero rispetto al prezzo di vendita sul mercato nazionale. Il dumping è quindi una discriminazione internazionale dei prezzi che si verifica quando un produttore esporta beni ad un prezzo minore del prezzo vigente nel suo mercato interno.
Nella normativa europea, e in particolare secondo quanto è specificato nel Regolamento (CE) 1225/2009, “(…) un prodotto è considerato oggetto di dumping quando il suo prezzo all’esportazione nella Comunità [ora Unione europea] è inferiore ad un prezzo comparabile del prodotto simile, applicato nel paese esportatore nell’ambito di normali operazioni commerciali”[6].
Le misure antidumping, spesso sotto forma di dazi all’importazione tesi ad accrescere il prezzo finale del bene importato fino a raggiungere il livello dei prezzi vigente nel mercato originario delle merci[7], sono dei leciti strumenti di reazione di uno Stato importatore volti a proteggere l’industria nazionale colpita da comportamenti dannosi e scorretti, ristabilendo così una leale concorrenza ed evitando distorsioni ai normali equilibri di mercato[8].
Gli strumenti dell’Unione Europea per combattere la concorrenza sleale
La legislazione antidumping, come detto, rientra negli strumenti di difesa commerciale a disposizione dell’UE per contrastare le pratiche commerciali sleali.
L’Unione Europea crede nel libero commercio che crea occupazione e benessere. Il comportamento sleale di alcuni paesi può alterare le dinamiche del libero mercato attraverso la sovrapproduzione o l’introduzione di prodotti sovvenzionati che vengono poi venduti a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato. A queste condizioni le altre aziende non riescono ad essere competitive e si trovano in seria difficoltà, vedendosi costrette a chiudere e licenziare i dipendenti.
Perché l’U.E. possa avviare un’inchiesta è necessario che i produttori europei presentino un ricorso. Ai sensi delle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio, l’U.E. deve dimostrare l’esistenza di un danno nei confronti delle industrie europee causato dall’introduzione nel mercato di prodotti oggetto di dumping o sovvenzionati.
In che modo l’Unione Europea sta migliorando le regole?
A novembre del 2017 gli eurodeputati hanno adottato delle regole più severe per contrastare la concorrenza sleale, tra cui: considerare l’impatto del dumping sociale e ambientale al momento di elaborare misure antidumping e monitorare le situazioni nei vari paesi esportatori. Quest’ultimo compito è affidato alla Commissione europea che stila delle relazioni a riguardo, utilizzabili dalle imprese europee in caso vogliano presentare ricorso.
I membri del Parlamento europeo hanno approvato a maggio 2018 delle norme supplementari per permettere all’U.E. di imporre delle tariffe più alte sulle importazioni oggetto di dumping o di sovvenzioni.
Queste regole consentiranno di accorciare i tempi delle inchieste anti-dumping, istituire uno sportello per le piccole e medie imprese per gestire i ricorsi e le procedure d’inchiesta e coinvolgere i sindacati nelle indagini e nella valutazione degli eventuali dazi.
Le nuove norme prevedono anche che tutti i prodotti in arrivo sul mercato comunitario vengano severamente controllati e registrati dal momento in cui viene notificata un’indagine, per evitare stoccaggi eseguiti per aggirare le norme.
Le regole verranno estese alle zone economiche esclusive, cioè le zone marittime su cui uno stato esercita diritti d’uso, utilizzate principalmente per la produzione di energia.
La difesa commerciale dell’UE: entrano in vigore norme più severe ed efficaci [9]
Le modifiche, entrate in vigore l’8 giugno 2018, volte a modernizzare gli strumenti di difesa commerciale dell’U.E., consentono all’Unione di imporre dazi più elevati in alcuni casi, modificando la “regola del dazio inferiore”; riducono il periodo di inchiesta in modo da accelerare la procedura; aumentano la trasparenza e la prevedibilità del sistema per le imprese dell’U.E.; e riflettono le norme ambientali e sociali elevate applicate nello spazio comunitario.
Si conclude così una profonda revisione degli strumenti di difesa commerciale dell’U.E., compresa una nuova metodologia antidumping messa a punto nel dicembre del 2017[10].
Per essere libero, il commercio deve essere equo. La difesa commerciale dell’U.E. è la pietra angolare dell’azione dell’Unione per salvaguardare condizioni commerciali eque. Allo stesso tempo, i moderni strumenti di difesa commerciale dovrebbero essere adattati alle realtà economiche e il loro uso dovrebbe essere limitato a quanto necessario per eliminare gli effetti delle importazioni pregiudizievoli e sleali.
Note
[1] I. TINAGLI, La liberalizzazione del mercato, www.economia.rai.it.
[2] P.D. FARAH, Le misure antidumping dell’Unione europea alla luce del regolamento n. 182/2011, in Il diritto del commercio internazionale, Milano, 2013, p. 865 ss.
[3] Cfr. Art. 3, paragrafo 1, lettera e, del TFUE e articoli 206 e 207 dello stesso.
[4] Vedasi Commissione Europea, Introduzione a Guida per gli esportatori dell’UE – Strumenti di difesa commerciale, 2010, trade.ec.europa.eu, p. 4 ss.
[5] Si definisce “industria comunitaria” il complesso di produttori dell’U.E. che producono prodotti simili o quei produttori le cui produzioni sommate costituiscono una porzione maggioritaria della produzione europea di tali prodotti.
[6] Regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea, art. 1, par. 2.
[7] ANTIDUMPING.IT, Gli strumenti Antidumping.
[8] G. SACERDOTI, Prefazione a DUMPING E ANTIDUMPING – Una guida per le imprese di fronte alle sfide della globalizzazione, ed. I, Milano, 2009, p. IX ss.
[9] RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO E AL CONSIGLIO, COM(2019) 158 final (https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2019/IT/COM-2019-158-F1-IT-MAIN-PART-1.PDF).
[10] REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) 2019/297 DELLA COMMISSIONE del 20 febbraio 2019, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di cuoi e pelli scamosciati originari della Repubblica popolare cinese a seguito di un riesame in previsione della scadenza a norma dell’articolo 11, paragrafo 2, del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio (https://www.adm.gov.it/portale/documents/20182/4752846/Regolamento+UE+2019_297.pdf/7544b95c-7da2-4192-a2aa-bf636e3ba9e7).