Premessa
Uno degli istituti cardine del nostro ordinamento penale è sicuramente quello previsto dall’art. 643 c.p., che disciplina il reato di circonvenzione di incapace.
Il reato si colloca difatti in quella zona d’ombra nella quale vi è un atto apparentemente esente da vizi ma in cui si ritiene che la volontà espressa (resa deficitaria dall’esistenza di infermità) sia stata in qualche modo influenzata, diversamente indirizzata da qualcuno che, resosi conto (cioè determina l’abuso) della particolare vulnerabilità della vittima, ne abbia abusato attraverso un’attività induttiva esterna. La volontà del soggetto passivo, dunque, deve comunque essere presente dal momento che la circonvenzione si concreta nell’incontro di due volontà, anche se una di esse è viziata per infermità o deficienza psichica.
Infermità o deficienza psichica?
Condizioni necessarie per la sussistenza del reato sono rappresentate dunque dall’esistenza di una “infermità” o “deficienza psichica”, la cui conoscenza da parte dell’autore costituisce premessa indispensabile, ed un abuso di queste condizioni di vulnerabilità attraverso attività di induzione a compiere atti con effetti giuridici dannosi.
L’infermità è un concetto generico, esteso: non coincide con quello di malattia mentale, ma naturalmente ne comprende ogni forma. Vi include tutte quelle condizioni cliniche (malattie mentali), di qualsiasi origine e natura esse siano che abbiano un riflesso sullo stato di mente di un individuo, pregiudicandone più o meno intensamente il funzionamento e le capacità di assicurare performance adeguate.
Per quanto riguarda il concetto di deficienza psichica, in questo il legislatore fa rientrare non solo condizioni psicopatologiche sfumate o meno gravi rispetto a quelle che caratterizzano l’infermità, ma anche situazioni cliniche al di fuori della psicopatologia vera e propria (debolezza di carattere, fragilità, particolare suggestionabilità) [1].
La norma di legge
Ai sensi dell’art. 643 c.p., commette tale delitto chiunque, per procurare a sé o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato di infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso.
Scopo della norma è quello di proteggere, da ogni forma di sfruttamento subdolo, la persona in stato di minorità mentale.
Inquadrato dal codice penale tra i reati contro il patrimonio, il delitto è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 206 a 2.065 euro.
Il delitto di circonvenzione di persone incapaci è una figura di reato procedibile d’ufficio, salvo quanto descritto ai sensi del secondo comma dell’articolo 649 del c.p., il quale dispone che l‘autore del reato ricopra il grado di parentela, nei confronti del quale si procede quindi per querela di parte. I soggetti passivi rientranti ai sensi dell”articolo 643 del c.p. possono ricomprendersi nella persona minore, coloro che sono infermi di mente e persone con una deficienza psichica, anche se non interdetti ovvero inabilitati. Infatti, come sopra precisato, affinché si realizzi la condotta penalmente rilevate è necessario, così come affermato dal Spremo Collegio[2], che il soggetto agente deve essere a conoscenza con certezza dello stato della persona offesa.
La disposizione del codice penale non tutela un unico bene giuridico, ma due: il reato di circonvenzione di incapace è un reato plurioffensivo. Con il reato in questione, quindi, non viene protetto solo il patrimonio della vittima, che ben può essere soggetto ad un rilevante impoverimento. Ad essere tutelato, infatti, è anche la cosiddetta “libertà di autodeterminazione” del soggetto più debole.
Il soggetto passivo
Il soggetto passivo rappresenta il fulcro su cui ruota tale figura di reato, punto di riferimento da cui i giudici di legittimità sono partiti per definire nel dettaglio l’intera fattispecie.
In proposito, la Corte di Cassazione[3] ha osservato che, nelle ipotesi in cui la parte offesa del delitto sia affetta da una grave forma di deficienza psichica, qualsiasi essa sia e in qualsiasi forma essa si presenti (ad esempio a causa dell’età avanzata), che la privi gravemente della capacità di discernimento e di autodeterminazione, e il soggetto attivo non abbia nei suoi confronti alcun particolare legame, come può essere quello parentale, affettivo o amicale che possa far presumere l’assenza di alcun tipo di interesse negativo nei confronti della vittima, l’induzione può essere desunta in via presuntiva, potendo consistere anche in un qualsiasi comportamento o attività da parte dell’agente.
Altresì, il delitto di circonvenzione di incapace non esige, a norma di quanto disposto dal Supremo Collegio[4], che il soggetto passivo versi in stato di incapacità di intendere e di volere, essendo sufficiente anche una minorata psichica, con compromissione del potere di critica ed indebolimento di quello volitivo, tale da rendere possibile l’altrui opera di suggestione e pressione.
Lo stato di deficienza psichica
Per quanto concerne in particolare lo stato di deficienza psichica i giudici di legittimità hanno offerto ricostruzioni sempre più dettagliate e circoscritte, provando col tempo a restringere il campo a tutti quegli stati psichici che in qualche modo possono affliggere le vittime: situazioni di particolare vulnerabilità che rendono i soggetti passivi “prede” appetibili.
Infatti, il delitto in commento viene a configurarsi ogni qualvolta la persona offesa sia da anni affetta da morbo di Alzheimer, trattandosi di una patologia ingravescente che determina la sussistenza di uno stato di infermità e deficienza psichica tale da rendere non indispensabile verificare la condizione della vittima al momento dell’atto dispositivo[5].
Inoltre, i giudici di legittimità[6] hanno osservato che, lo stato di incapacità o di deficienza psichica della persona, pur non dovendo necessariamente consistere in una vera e propria malattia mentale, deve comunque provocare una incisiva menomazione delle facoltà intellettive e volitive della stessa vittima, tale da rendere possibile la suggestione della stessa da parte di altri, in quanto l’incapacità del soggetto passivo costituisce un presupposto del reato della cui sussistenza vi deve essere assoluta certezza.
I giudici di legittimità[7] hanno stabilito che per la configurazione del reato di circonvenzione di incapace non necessariamente il soggetto passivo debba trovarsi in uno stato di perdita assoluta della capacità di intendere e volere. La Suprema Corte infatti ha stabilito che il reato previsto e punito dall’art. 643 c.p. va configurato tutte le volte in cui si risconta nel soggetto passivo una minorata capacità psichica, uno stato di deficienza del potere di critica e di indebolimento di quello volitivo tale da rendere possibile l’altrui opera di suggestione, o tale da agevolare l’attività di induzione svolta dal soggetto attivo per raggiungere il suo fine illecito.
L’elemento soggettivo
Secondo l’interpretazione giurisprudenziale[8] integra il delitto previsto dall’art. 643 c.p. la condotta consistita nell’indurre un soggetto che versa in stato di minorata condizione di autodeterminazione al compimento di atti patrimoniali per sé pregiudizievoli, eseguendo nei suoi confronti un’apprezzabile attività di pressione morale. In proposito, analizzando le condotte di abuso e di induzione queste consistono rispettivamente in una qualsiasi pressione morale idonea al risultato avuto di mira dal soggetto agente ed in tutte le attività di sollecitazione e suggestione capaci di far sì che il soggetto passivo presti il suo consenso al compimento dell’atto per lui dannoso[9].
Aspetti procedurali e prescrizione del reato
Il reato è procedibile d’ufficio ed è di competenza del tribunale monocratico. Sono consentiti l’arresto facoltativo in flagranza (art. 381 c.p.p.) e l’applicazione delle misure cautelari personali (280, 287 c.p.p.).
I prossimi congiunti (coniuge, fratelli, sorelle conviventi, ecc.) non sono punibili ex art. 649, co. 1, c.p., salvo le ipotesi previste al secondo comma dello stesso articolo, procedibili però soltanto a querela della persona offesa, quale portatrice dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice e non anche del terzo che abbia subito pregiudizi in ragione degli atti dispositivi posti in essere dall’incapace. Il terzo riveste, infatti, per la più recente giurisprudenza, soltanto la qualità di persona danneggiata dal reato, come tale legittimata ad esercitare l’azione civile ex art. 2043 c.c. e non già a presentare querela[10].
La prescrizione del reato, quando questo assuma in concreto le caratteristiche di un reato a condotta frazionata o multipla, decorre dall’ultimo degli episodi che abbiano comportato effettivo conseguimento dell’ingiusto profitto, con correlativo danno della persona offesa[11].
Note
[1] Riv. giur. online “Medicina per tutti”, – Medicina legale –, Circonvenzione di persona incapace, https://www.medicinapertutti.it/argomento/circonvenzione-di-persona-incapace/
[2] Cfr. Cass. Pen., Sez. II, n. 2532/1998.
[3] Cfr. Cass. Pen., n. 28907/2014.
[4] Cfr. Cass. Pen., nn. 3209/2013; 6971/2011.
[5] Cfr. Cass. Pen., n. 9734/2017.
[6] Cfr. Cass. Pen., n. 5791/2017.
[7] Cfr. Cass. Pen., Sez. II, n. 35446/2018.
[8] Cfr. Cass. Pen., n. 19739/2018.
[9] Cfr. Cass. Pen., n. 13968/2018.
[10] Cfr. Cass. Pen., nn. 19180/2013; 8034/1997.
[11] Cfr. Cass. Pen., n. 45786/2012.